Venerdì scorso il primo ministro Giapponese Abe Shinzō ha ottenuto l’approvazione del Parlamento per ratificare il Trans-Pacific Partnership, nonostante il neo-presidente degli Stati Uniti Donald Trump abbia intenzione di ritirarsi dall’accordo economico formato da 12 Paesi. La Camera Alta ha approvato il TPP venerdì, seguendo il consiglio di Abe di continuare a sostenerlo, nonostante il rifiuto da parte di Trump del trattato di libero scambio caldeggiato dal presidente Barack Obama. Il Partito Liberal Democratico, al governo e organizzazione di provenienza di Abe, ha un’ampia maggioranza in entrambe le camere del Parlamento. Le misure di apertura dei mercati richieste dal trattato economico sono viste come un mezzo affinchè Abe possa far passare le difficili riforme dell’agricoltura e della sanità. Fino ad oggi, Abe ha compiuto scarsi progressi su molti cambiamenti che aveva proposto per migliorare la produttività stagnante e la competitività del Giappone. Un ritiro degli Stati Uniti potrebbe porre fine all’accordo, a meno che i suoi termini non siano rivisti. L’accordo tra i 12 membri richiede la partecipazione sia degli Stati Uniti che del Giappone per raggiungere il requisito dell’ 85% del PIL totale del gruppo, visto che gli Stati Uniti provvedono per il 60 % del totale, e il Giappone per meno del 20%. Dopo aver speso la propria credibilità politica per combattere i gruppi di potere impauriti dall’apertura dei mercati e dalle riforme verosimilmente necessarie per l’accordo commerciale, Abe ed altri leader asiatici si sono lamentati dell’imminente perdita degli Stati Uniti come portabandiera del TTP. “Vogliamo portare a compimento l’accordo e ci aspettiamo che anche altri facciano la stessa cosa” ha recentemente detto Abe ad una seduta parlamentare. Un esponente dell’opposizione, Tokunaga Eri, ha deriso l’insistenza di Abe definendola “egocentrica”. “Praticamente non c’è nessuna possibilità di rendere effetivo l’accordo, perchè Trump pensa di non farne più parte” ha detto Tokunaga venerdì ai suoi colleghi. Uomini di potere della Nuova Zelanda e di altre nazioni hanno ancora la speranza di trovare un modo per salvare l’iniziativa. Il TTP aveva lo scopo di dare agli Stati Uniti un ruolo guida nella definizione di normative sul commercio che superino l’importanza dei dazi e di altre barriere commmerciali. La sua fine potrebbe potrebbe incentivare i progressi di un altro accordo commerciale molto meno criticato, chiamato RCEP, o Regional Comprehensive Economic Partnership. Il gruppo non includerebbe nessuna nazione dalle Americhe ma tutte le potenze economiche dell’ Asia: Cina, India, Giappone, Corea del Sud ma anche Australia, Nuova Zelanda e i 10 membri dell’ Associazione delle Nazioni del Sudest Asiatico o ASEAN.

Fonte: http://mainichi.jp/english/articles/20161209/p2g/00m/0dm/065000c

Traduzione e adattamento: Adriano Moro