Ciao a tutti e ben ritrovati per una nuova recensione! Conoscete i Lite? Se non ne avete mai sentito parlare è arrivato il momento di accendere il pc ed accedere a qualsiasi piattaforma musicale per dargli un ascolto! Non avevo idea di chi fossero finché non li ascoltai dal vivo su suggerimento di un amico. Suonarono al Freak Out club di Bologna (locale abbastanza conosciuto soprattutto nell’ambito della musica Underground) in occasione di una serata dedicata completamente al Math Rock. Non riesco a trovare un aggettivo per descriverli, seriamente, dovrei impegnarmi. Ma prima di raccontarvi della serata preferisco introdurvi al percorso musicale della band. Il gruppo nasce a Tokyo nel 2003, iniziano a farsi conoscere suonando un po’ in giro per la prefettura registrando due demo autoprodotte. Nel 2006, fu un anno particolarmente significativo perché rilasciarono un mini album, Lite, e uno più lungo, noto come Filmlets. Sono tanti i generi di cui si fanno uso, il più rilevante è sicuramente il Math Rock ma è anche molto forte la presenza del Progressive Rock e del Post- Emo Rock. Il 2006 è anche l’anno in cui i Lite si spostano dal Giappone ed iniziano a suonare in Europa, in particolare in Irlanda e nel Regno Unito fino ad arrivare negli USA nel 2009, riscuotendo molto successo. Nel 2008 esce Phantasia, il loro secondo album che precede l’uscita di altri due EP, Turns Red e Illuminate. Nonostante le loro grandi abilità e capacità  che si possono percepire già a partire dagli album precedenti, il loro lavoro più maturo risulta Cubic, del 2016. È probabilmente l’album in cui la matrice Math è più presente; batteria sincopata, giri di basso efficaci e tapping alla chitarra. I componenti: Nobuyuki Takeda( chitarra), Kozo Kusumoto ( Synth e chitarra), Jun Izawa ( Basso), Akinori Yamamoto (batteria) sono perfettamente in contatto fra loro, sono un vero gruppo. Per il genere che fanno è necessario che i musicisti siano tecnici e che siano strettamente legati dal tempo. Durante il live vi sono state tantissime interruzioni e riprese di batteria, ognuno di loro sapeva quando fermarsi e quando ricominciare, tutti sapevano che ad un tempo ne seguiva un altro e che il 4/4 era ormai scomparso da un bel po’. Basso e batteria sono sicuramente le linee guida, ma gli altri due chitarristi non sono da meno. Quando si parla di progressive, la prima cosa che ci viene in mente è la tecnica, nel caso dei Lite quest’ultima passa in secondo piano. Perché? Ascoltandoli dal vivo sono riuscito a percepire sensazioni che non avrei mai pensato di provare con questo genere! C’è poco da fare, i giapponesi hanno una melodia interiore che, se esternata, riesce a trascinarci  in un’altra dimensione. Direi che non ho altro aggiungere se non linkarvi qualche brano.

Divertitevi!

(Recensione di Luigi Lonetto)