Raybaboon era un artista giapponese estremamente elusivo. Per molto tempo è circolata in rete la falsa convinzione che non fosse altri che l’artista per metà giapponese e per metà australiano George Miller, aka Filthy Frank, aka Pink Guy, aka joji. Filthy Frank è una delle figure più trasgressive di Youtube, con una fanbase estremamente dedicata e diversi alias. Appena scoperto raybaboon, a molti sembrava lampante che egli non potesse essere che il suo ennesimo pseudonimo, un nuovo medium per rilasciare musica profondamente intima e vulnerabile tra uno sketch comico e una provocazione lanciata a qualcuno. E’ servito che il personaggio di raybaboon morisse e quello di joji fiorisse per diradare ogni dubbio sulla faccenda. I due sono amici, probabilmente d’infanzia, due artisti diversi ma estremamente legati. Il progetto di joji sta acquistando vita propria, grazie soprattutto alla parziale battuta di arresto di filthy frank tv e alla spinta di 88rising, un entourage che incentra la propria attività sulla diffusione di musica di artisti asiatici in america (e che per ora, ci sta riuscendo di brutto).
Rimossa l’ingombrante e sminuente presenza di joji, Raybaboon è rinato come rei brown, un artista meno sfuggente nella sua nuova versione (ora sappiamo che faccia abbia), non più confinato nell’ombra del suo collega, impegnato ad esplorare in modo estremamente eclettico ogni sfaccettatura della sua produzione artistica.
A nome raybaboon rilasciò un unico ep omonimo di 6 tracce che lo collocò sulla mappa del lo-fi hip hop, un genere prevalentemente underground che unisce sample jazz a beat a bassa fedeltà della vecchia scuola hip hop, di cui il giapponese nujabes (di cui già si è parlato qui e qui) era uno dei maggiori esponenti; negli ultimi anni su internet questo genere è stato comunemente accostato all’estetica della cultura pop giapponese, con immagini tratte da anime e manga che la fanno da padrona sulle thumbnails dell’infinità di video-compilation lo-fi hip hop per rilassarsi o per studiare. Una miriade di artisti occidentali validi è venuta fuori in questo ambiente, profondamente ispirati da quel tipo di immaginario giapponese, mentre Joji e rei brown, hafu cresciuti in giappone, ne hanno una esperienza ancor più diretta. Riguardo a questo, in una rara intervista a goldenboypress, rei brown spiega che crescere in Giappone, tra visioni iper romanzate dell’occidente e gli effetti della bolla economica ebbe su di lui un forte impatto personale ed artistico. Si può dire che joji attinga a piene mani ai suoni tipici del lo-fi hip hop congiunti a una distinta influenza trap (chi, al momento, non ne è influenzato?). rei brown, dal canto suo, mantiene la bassa qualità della produzione, ma spazia in molte direzione sonore, dai synth fino alle percussioni. La sua musica è quindi varia, cantata in inglese con un tono fragile sempre sul punto di incrinarsi che aggiunge alla consistenza sonora eterea una sfumatura decisamente malinconica. E’ nelle tracce acustiche ‘our love remains‘ e il doppio singolo ‘i feel so cold‘ che si ritrova l’esempio più lampante della emotiva vulnerabilità della sua voce.
Al momento, rei brown sta lavorando al suo album di debutto, che segueirà l’ep Lungs pubblicato a fine novembre 2016. In realtà ha appena pubblicato un altro ep, Vetiver, che lui stesso definisce però ‘solo una collezione di canzoni che non pensavo potessero essere adatte nel contesto dell’album’. Questo, insieme all’ep che pubblicò inizialmente sotto vecchio nome, è scaricabile gratuitamente sul suo bandcamp. Tutte le sue tracce possono essere ascoltate su youtube e soundcloud.
(Jacopo Corbelli)