Salve a tutti, e ben ritrovati nella NOSTRA rubrica musicale interamente dedicata al Giappone! Quest’oggi vogliamo introdurre un compositore molto interessante e proveniente dal contesto nipponico ma che, purtroppo, non è ancora molto conosciuto. Parliamo dunque di Susumu Yokota, e del suo album Sakura.

Andiamo innanzitutto a contestualizzare l’artista e ad inquadrare la sua opera

Susumu Yokota nasce nel 1960 a Toyama (富山市) e morirà nel 2015 all’età di 54 anni, dopo un lungo periodo di malattia. Comincia a far parlare di sé (almeno nell’ambiente giapponese) in quanto DJ House e produttore musicale, e questo background spiegherebbe il perché delle sue influenze elettroniche e tecno che rendono la sua opera musicale eclettica e, al tempo stesso, più articolata. Parlando della sua carriera internazionale, bisogna senz’altro citare la Germania e, in particolare, Berlino, città in cui l’artista giapponese comincia a farsi conoscere anche all’estero grazie alla Love Parade organizzata nell’anno 1993, ovvero un vero e proprio festival dedicato alla musica dance. Dall’esperienza tedesca nasceranno successivamente 2 album, che sono Frankfurt – Tokyo Connection (1)* e Zen (2)* (quest’ultimo sotto lo pseudonimo di Ebi). Fino all’anno 1997 verranno prodotti nuovi album, per lo più commerciali e basati sulle mode della musica dance del momento; tanto per menzionarne alcuni, abbiamo Acid Mount fuji (3)* e Plantation (4)* (sotto il falso nominativo di Ringo). Il suo primo album sperimentale compare nel 1997, intitolato Cat, Mouse and Me (5)* (1997), e presenta un intreccio di generi più ampio che vede l'”intromissione” di due generi nuovi come l’acid jazz e l’hip-hop, accostati al sempre presente stile elettronico da cui lui stesso deriva, e che vanno a rendere il groove (ossia il ritmo) complessivo dell’album ancora più interessante. Yokota inizierà poi a dedicarsi alla musica ambient (genere musicale entro il quale il tono e l’ambiente risultano essere più importanti del ritmo e della struttura stessa del brano; viene definita musica ambientale in quanto fa uso di suoni ampi e naturali, che tendono a rievocare particolari emozioni e sensazioni visive all’ascolto) con l’album Magic Thread  (1998), in cui si ha una fusione ambient-house a dir poco sublime. Coerente con la nuova direzione musicale verso la quale si era oramai indirizzato il compositore giapponese è anche l’album successivo, Image (6)* (1999),composto di una serie di vecchie registrazioni di stampo ambient-trance (la musica trance rappresenta un sottogenere della elettronica, e nasce negli anni ’90 in Germania; si pensa che sia stata così denominata in quanto la profondità delle frequenze e dei suoni di tale stile sembrerebbe provocare uno stato di trance psichica indotto da una sensazione di estasi). La sua evoluzioni verso strutture musicalmente sempre più astratte continua con Grinning Cat (7)* (2001), direzionato verso il minimalismo musicale (con il termine musica minimale ci si riferisce ad un ramo della cosiddetta musica colta che nacque negli Stati Uniti nei primi anni ’60 come esigenza per rendere più accessibile la musica astratta d’avanguardia in voga all’epoca. Si tratta di uno stile essenzialmente basato sulla ripetizione costante di schemi semplici ed eseguiti da un numero ristretto di strumenti musicali).

  • (1)* (https://www.youtube.com/watch?v=3eUCinf6yw0)
  • (2)* (https://www.youtube.com/watch?v=td6yY7_zdE8)
  • (3)* (https://www.youtube.com/watch?v=lSY1tyuR3WQ)
  • (4)* (https://www.youtube.com/watch?v=XF9sRYzh9ps)
  • (5)* (https://www.youtube.com/watch?v=hYiG57ZKAxY)
  • (6)* (https://www.youtube.com/watch?v=hJ7joUa9v3s)
  • (7)* (https://www.youtube.com/watch?v=SxWi7AXtJ1Q)
  • (8)* (https://www.youtube.com/watch?v=BHdF4rTVLWE)

Passiamo adesso ad elencare le tracce e ad analizzare l’album in questione, Sakura

  • 1) Saku
  • 2) Tobiume
  • 3) Uchu Tanjou
  • 4) Hagoromo
  • 5) Genshi
  • 6) Gekkou
  • 7) Hisen
  • 8) Azukiiro no Kaori
  • 9) Kodomotachi
  • 10) Naminote
  • 11) Shinsen
  • 12) Kirakiraboshi

 

Nel 2000 uscirà poi l’album Sakura (8)*, tema centrale di questa discussione, figlio della formazione impressionista che Yokota aveva ricevuto dal suo maestro Brian Eno (con l’espressione impressionismo musicale facciamo riferimento ad una corrente musicale considerata “colta” che nasce in Europa, e nello specifico in Francia, fra fine ‘800 e inizi ‘900. Si basa sullo stile di fondo che condivide con l’omonima corrente pittorica, privilegiano quindi il timbro di ogni singolo strumento e creando sonorità più leggere e “sfumate”, creando così un innovativo effetto di sospensione. Gli accordi non seguono le regole tradizionali, e le scale utilizzate provengono o dalla tradizione medioevale, o sono ispirate all’Oriente, come la scala pentafonica e la scala esatonale, rispettivamente di 5 e di 6 suoni, ricreando atmosfere vaghe ed indeterminate). La sua incursione all’interno di questo nuovo genere musicale si distingue tuttavia da quella dei suoi colleghi per via delle sue influenze da parte della musica techno (come si vede nel brano Genshi) e jazz (come si vede invece nella traccia Naminote). Addentrandoci ora un po’ più a fondo nell’album, che comincia con Saku, ritroviamo già dal primo brano uno stile musicale calmo e tranquillo, in perfetta armonia con i canoni della musica ambient. Yokota introdurrà molto presto però anche elementi musicali provenienti direttamente dal suo background d’origine, velocizzando così il ritmo di alcuni pezzi (quali Uchu Tanjou e Genshi, ma anche Kodomotachi). Ciò che, in un certo senso, “rompe” l’economia dell’album è il brano Naminote, che presenta uno stile prettamente improntato al jazz e si insedia nel flusso melodico della musica d’ambiente che percorre l’album praticamente per la sua interezza. Si presenta quindi come un’opera rilassante ma mai noiosa, adatta ad accompagnare una buona riflessione, un lungo viaggio in treno o anche un piacevole momento di relax. Si tratta di un album capace di ricreare un’atmosfera contemplativa, quasi sognante, e che mi sento vivamente di consigliare a tutti, grandi e piccoli, con la certezza che, una volta scoperto, vi innamorerete di questo genere in men che non si dica! Soreja mata ne, minna!

(Recensione di Simone Cozza)