La crisi insonne. Il sonno della ragione genera PIL

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La fedeltà dei lavoratori giapponesi alla propria ditta è uno dei fattori culturali che più affascinano gli occidentali. Famiglia, salute e tempo libero sono secondari, rispetto al successo aziendale. Oggi però, i costi socioeconomici di questa forma mentis superano i benefici. E il governo ne è consapevole. Dopo il rimpasto estivo del suo governo, il primo ministro Abe Shinzo ha dato la massima priorità alle riforme del lavoro, con un’attenzione particolare alla limitazione delle lunghe ore passate in azienda. La sua determinazione è ragionevole: anche se può sembrare strano, per uscire dalla stagnazione economica i lavoratori giapponesi dovrebbero lavorare di meno e dormire di più1.

Il Giappone è la nazione della deprivazione del sonno2. Come risultato, non è insolito vedere dei lavoratori giapponesi dormire in metropolitana o sul posto di lavoro. Questa pratica è così diffusa che ha anche un nome: inemuri (居眠り ). Da un punto di vista legale, gli straordinari non devono andare oltre le 45 ore al mese, ma questo limite viene frequentemente superato. Ciò è dovuto alle pressioni dei manager e al fatto che gli straordinari sono visti come una manifestazione importante dell’attaccamento all’azienda. Le conseguenze mediche del lavoro eccessivo possono essere anche gravi; tra queste, attacchi cardiaci, e disordini mentali3. Inoltre, un lavoratore giapponese sottoposto ad un eccesso di lavoro produce solo il 62% del PIL rispetto a un collega statunitense4. Senza contare il fatto che l’abuso della permanenza in azienda rende impossibili le cure parentali e la cura degli anziani, sbarrando la strada all’ingresso delle donne nel mondo del lavoro.

Le misure del primo ministro in questo ambito sono interessanti, ma come si inseriscono nel progetto di più ampio respiro dell’Abenomics? Con questo nome si intende la serie di provvedimenti economici per fare ripartire l’economia giapponese, e si articola in tre punti: aumento della spesa pubblica, quantitative easing e riforme strutturali per favorire la concorrenza e l’aumento della forza lavoro5. In primo luogo, il governo ha stanziato un aumento della spesa pubblica per 10,3 trilioni di yen, necessari per la ricostruzione della prefettura di Fukushima, per la ricerca, la concorrenza, gli investimenti privati, il welfare, l’occupazione femminile e le opere pubbliche. Il quantitative easing (da qui in poi QE) consiste nell’acquisto del governo dei titoli di stato per immettere liquidità nel settore privato (aziende e cittadini), facendo così ripartire i consumi. In linea teorica sono misure vicine all’economia keynesiana, cioè la scuola di pensiero alla base del New Deal di Roosevelt e del boom economico italiano degli anni Sessanta. Tuttavia, l’effetto di questi provvedimenti ha un’efficacia relativa. Nessun problema per la spesa pubblica, mentre non si può dire lo stesso per il QE. Infatti, non è scontato che con il QE i rendimenti dei titoli di stato vadano ai cittadini, perchè la maggior parte dei titoli potrebbe essere venduta ad investitori esteri, e questo per il cittadino equivarrebbe a una tassazione. Bisogna anche ricordare che il QE, essendo solo politica monetaria, deve essere bilanciato dalla politica economica, cioè dalla spesa effettiva per l’occupazione e gli investimenti, perchè senza l’equilibrio tra moneta circolante e beni (o servizi) prodotti rischiano di esserci inflazione o deflazione. Nel primo caso la liquidità è maggiore dei beni prodotti, e si può drenare con le tasse. Nel caso della deflazione invece succede il contrario, e ciò porta a un circolo vizioso di crollo dei consumi, chiusura delle aziende e disoccupazione.

Altre misure riguardano l’incentivo a disinvestire dallo yen per investire in valuta straniera6. Ciò viene fatto per svalutare lo yen e permettere così l’aumento delle esportazioni, però questo non porterà ad un miglioramento dell’economia giapponese. Uno dei motivi è dato dal fatto che se un Paese si basa sull’export, deve per forza sopprimere i consumi interni tagliando gli stipendi, con tutte le conseguenze immaginabili, come nel caso tedesco7. Un’altro effetto collaterale dell’indebolimento dello yen sta nella perdita del potere d’acquisto dei salari reali. Il governo ha successivamente deciso di tenere i tassi di interesse bassi per favorire i prestiti nel settore privato e far aumentare così l’inflazione, ma in un paese timoroso per via della crisi questo potrebbe non succedere. È il caso del paradosso della parsimonia descritto dall’economista John Maynard Keynes: è impossibile risparmiare per via della crisi portata dalla paura di spendere. In termini semplici, se la gente non spende per via della crisi, le aziende non fanno profitto, chiudono o licenziano, e la crisi non potrà che aggravarsi. Senza contare il fatto che le banche sono pro-cicliche, cioè prestano moneta solo quando l’economia è florida.

Per questa serie di ragioni è meglio che il governo alzi i tassi di interesse: se il denaro costa di più le aziende ricaricheranno sui prezzi, e i rendimenti più alti dai titoli di stato si trasformeranno in ricchezza subito disponibile per i cittadini. Ma qual’è il punto in comune tra queste riflessioni economiche e le riforme del lavoro illustrate all’inizio dell’articolo? Gli emendamenti atti a migliorare il benessere e il rendimento dei lavoratori saranno efficaci solo se la politica economica riuscirà a tradurli in aumento della ricchezza nazionale con le giuste misure. Ci auguriamo quindi che ciò accada, solo così il Giappone riuscirà a dormire sonni tranquilli.

Recensione di: Adriano Moro.

Note:

[1] https://www.foreignaffairs.com/print/1118619

[2] http://www.dailymail.co.uk/sciencetech/article-3042230/Sleeping-habits-world-revealed-wakes-       grumpy-China-best-quality-shut-eye-South-Africa-wakes-earliest.html

[3] https://www.jniosh.go.jp/oldsite/old/niih/en/indu_hel/2006/pdf/indhealth_44_4_537.pdf

[4] http://stats.oecd.org/Index.aspx?DataSetCode=PDB_GR

[5] http://www.limesonline.com/abenomics-rivoluzione-neokeynesiana-in-giappone/46457

[6] http://www.paolobarnard.info/intervento_mostra_go.php?id=659

[7] Real wages in Germany. Numerous years of decline. Weekly report 28/2009, German Institute for Economic Research https://www.diw.de/sixcms/detail.php?id=diw_01.c.342374.de

 

ZONE OF ZEN – SHING02 & CRADLE ORCHESTRA

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Zone of Zen

Tracce:

1) Zone of Zen

2) Ampersand

3) Twice as nice

4) Jipangu

5) Windy Chimes

6) Passionista

7) Mad stressor

8) Flowers

9) Ephemerald

10) Searching for (Feat. Sayulee) [Remix]

11) Zone of Zen [Remix

 

Eccoci di ritorno con un pizzico di musica! Di che cosa parliamo oggi? Di Hip Hop/Rap.

Parleremo di Shing02 e della Cradle Orchestra, creatori del disco Zone of Zen.Shing02, al secolo Shingo Annen, classe ’75, rappresenta ad oggi una delle migliori e più influenti penne giapponesi grazie alla sua lunga e variegata carriera, sviluppatasi non solo in Giappone, ma anche in America. Shingo ha forgiato la sua musica prendendo spunto da diverse suggestioni quali il reggae, il jazz e la musica classica giapponese, calibrando le liriche sulla riflessione concettuale. Inoltre, egli è uno dei pochi rapper giapponesi in grado di scrivere testi sia in lingua madre, che in inglese. Una figura colma di tali sfaccettature, non poteva che essere accompagnata soltanto da un gruppo di altissimo livello per questo disco: la Cradle Orchestra, complesso Hip Hop composto da 6 membri (Tomoki Seto – DJ & Producer, DJ Chika – DJ, Michitaro – Basso, Mochizuki Asuka – Violino, Aya Ishii – Flauto, Anan Ryoko – Piano) con all’attivo altri 4 dischi, in cui viene sapientemente mischiato il classico sound dell’Hip Hop americano (Talib Kweli e Aloe Blacc, per esempio) ai più disparati tappeti musicali prodotti dalla band.

Se Shing02 si è sempre espresso contraddistinguendosi dagli altri rapper e facendo quello che potremmo chiamare rap “impegnato”, con questo disco non si smentisce. Il CD, scritto interamente in inglese, inizia con il brano Zone of Zen, che ha un chiaro intento: portare l’ascoltatore all’interno della dimensione di Shingo e della Cradle orchestra, la Zona in cui vige lo Zen, in cui fare la propria musica è l’unica cosa che importa. Le metafore sullo spazio, l’universo ed il cielo accompagnano dolcemente la tematica dell’amore universale, che si riproporrà più volte all’interno del disco, in diverse chiavi di lettura (passando dall’amore concettuale a quello verso la musica, per poi trasformarsi in amore verso una donna). Abbracciati dalla “Milky way”, continuiamo a sognare con Ampersand, il brano che vuole essere non solo un’ode alla musica, bensì la dimostrazione di quanto essa può rappresentare per chi la compone e scrive. Personalmente, di questo brano ho apprezzato tantissimo la batteria, ricalcata dal suono di una lancetta di orologio, quasi ad indicare che il sodalizio tra musicista e musica sia uno dei pochi elementi in grado di resistere al tempo. Il tempo e l’essere umano. Due parti impegnate in un’incessante guerra consumata nel quotidiano, esattamente come il brano Twice as nice, che ci offre uno squarcio della realtà giornaliera, condito dalle riflessioni di Shingo sull’amore nei confronti della propria donna. Nella quarta traccia, Jipangu, l’amore verso la consorte muta in quello verso la propria terra natia. Da questo nasce una raffinata descrizione del Giappone, che tocca il passato ed il presente, soggetto a cambiamenti notati dal nostro artista (“I must confess the waves here look not the same, the sounds emanating always changing”). Si cambia nuovamente prospettiva, e il tema del cambiamento all’interno del disco è rappresentato anche dalla successiva e quinta traccia, Windy Chimes. Il “nuovo” spesso è burrascoso. Qui l’esecuzione della Cradle orchestra è stata perfetta nel rendere questa idea: il tappeto musicale è connesso più che mai alla tempesta che il brano vuole farci immaginare, la rivoluzione interiore di cui abbiamo bisogno, le cui motivazioni (prettamente sociali) verranno snocciolate nel settimo brano Mad stressor, dal suono molto più vicino al classico Hip Hop. Il sesto brano, dal titolo Passionista, è uno storytelling in cui il protagonista è un bambino che visita un tempio di tanto in tanto, appassionandosi sempre di più alla cultura, cercando di soddisfare la sua fame di conoscenza e accogliendo la dottrina. Nella seconda strofa percepiamo la sua maturità quando dialoga con uno straniero che gli chiede di compiere un miracolo. Lo straniero vuole solo testare la sua presunta “santità”, ma egli ha la risposta pronta: afferma che non compirà un miracolo solo per la gloria del Tempio, bensì per la necessità richiesta dalla situazione presentatagli. Questo brano è decisamente criptico, ed io l’ho interpretato come il viaggio attraverso la conoscenza dello stesso Shingo, viaggio in cui ha incrociato persone che tentavano esclusivamente di verificare il suo valore con totale freddezza, senza chiedergli di utilizzare la sua conoscenza per scopi più nobili. Finisce la storia, ma noi veniamo proiettati in un campo di fiori. Flowers, l’ottavo brano, è ricco di metafore/paragoni sui fiori, utilizzati in modo intelligente per esprimere la nostalgia derivata dai ricordi di un incontro, probabilmente con la donna amata. Shingo è molto più bravo a cantare le melodie dei ritornelli, e quello di Flowers è uno dei migliori di tutto il disco. Il terzultimo brano del disco si intitola Ephemerald, ed è uno di quelli che ho meno apprezzato per gli arrangiamenti musicali, visto che mi hanno poco convinto. Nonostante il mio scarso apprezzamento, però, Shingo riesce a comporre un testo in cui si denuda e si chiede prima se può far parte di questa continua competizione tra esseri umani, sentendosi fuori luogo. Subito dopo, però, il sentirsi fuori luogo si tramuta in una peculiarità, perché sente di avere il potere e la facoltà di fare ciò che desidera in totale libertà (“I can do good, I can do bad, I can do better, I can do worse, I can sing a chorus or rap a little verse”). Adesso giungiamo al penultimo brano del disco, Searching For. Uno dei due remix del disco, insieme a quello del brano iniziale Zone of Zen, che chiuderà l’esperienza d’ascolto. Lasciatemelo dire: è davvero raro che un remix superi di gran lunga il brano originale, ma questo è proprio QUEL caso. La chitarra che quasi colpisce l’ascoltatore conferisce una carica sensazionale. Quando la batteria entra in scena per accompagnarla, poi, il colpo della chitarra sembra ancora più forte. Tra le due strofe di Shingo troviamo una cantante e musicista giapponese, Sayulee, che arricchisce il brano rendendolo completo con la sua splendida voce femminile. Terminato il ciclone portato da “Searching For”, veniamo accompagnati alla fine dallo stesso testo del brano Zone of Zen, ma questa volta da una base suonata che sa di saluto.

Per concludere, posso dire che questo disco ha un’ottima qualità del suono, curata nei minimi dettagli dalla Cradle orchestra, ma anche qualche pecca. Non sono riuscito a farmi piacere Ephemerald, nonostante il testo interessante, a causa dell’arrangiamento poco convincente, e forse anche a causa di Shingo, che ha eseguito poche variazioni nell’interpretazione dei testi. Eppure, se sentiamo brani come Searching for o Mad Stressor, dalle casse esce la voce di uno Shingo molto più coinvolgente di quello di alcuni altri brani. In sostanza, è davvero un buon disco, ma risente della scarsa propensione alla variazione del flow da parte di Shingo. Consiglio assolutamente l’ascolto.

Link Youtube: https://www.youtube.com/watch?v=QHlByfmW6Ac

Recensione di: Michele Zangheri

Phantasia (2008) – LITE

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Ritorna la sezione delle recensioni, ma questa volta ci addentreremo in un genere totalmente differente dai dischi analizzati finora. Oggi si parla di Math Rock, e vi verrà presentata quella che viene considerata dalla critica musicale una delle migliori e più influenti band di rock strumentale del Giappone: LITE, formati da Nobuyuki Takeda (chitarra), Kozo Kusumoto (chitarra e sintetizzatore), Jun Izawa (basso), Akinori Yamamoto (batteria). I LITE si sono formati a Tokyo nel 2003 e, dopo i primi demo d’esordio ed un EP self-titled, pubblicano il loro primo album Filmlets nel 2007. Da qui un’instancabile attività sia sul palco che in studio li porta ad incidere la bellezza di quasi un disco ogni anno fino al 2013 (tra EP e full-lenght) e soprattutto a farsi conoscere al di fuori del paese del Sol Levante, intraprendendo una serie di tour in America ed Europa.

Oggi ci occuperemo del loro secondo lavoro full-lenght, Phantasia (2008). La copertina ci anticipa quelli che saranno i colori predominanti di tutta l’opera, un disco lucido, matematicamente ragionato, dai toni squillanti e chiari, a volte freddi, e a volte contornati da momenti di tepore sonoro. Il disco si apre con Ef, una delle mie tracce preferite di questo lavoro dei LITE, dove la band giapponese fa subito intuire all’ascoltatore di che pasta sono fatti. L’uso di due chitarre, in generi come il Progressive Rock e il Math Rock, permette ai musicisti di creare atmosfere variegate, articolate, dove la prima chitarra mantiene il leitmotiv del brano e la seconda può lasciarsi andare in divagazioni tecniche dai risvolti interessanti. è proprio quello che succede in questa prima traccia di apertura, ed è facile intuire come questa soluzione vincente si ripresenterà nei brani successivi. Un gioco di suoni smorzati tra chitarra e batteria caratterizza l’opening della traccia numero due, Contra, in cui attimi di frenesia sono intervallati da momenti di riflessione più profonda. Come immersi in una stanza piena di specchi, il cui riflesso dell’uno cattura il riflesso di un altro, creando un loop di forme geometriche infinitesimali, Infinite Mirror, con un accompagnamento di chitarra terzinato e soluzioni ritmiche di batteria interessanti, teletrasporta l’ascoltatore all’interno di una dimensione escheriana. Con Shinkai, traccia numero quattro, si avvicina lentamente una batteria per giocare con il basso in un duetto in cui presto si inserisce la chitarra, che si diletta in un arpeggio dolce. Da qui si iniziano ad intuire le influenze della corrente più melodica del Math Rock americano e delle sonorità Post Rock, ma non ho neanche potuto fare a meno di pensare ai nordirlandesi And So I Watch You From Afar, altro gruppo Math/Post Rock attivo dalla metà degli anni 2000, mentre ascoltavo questo brano. Con Black & White invece, sentiamo le prime note malinconiche di Phantasia; le soluzioni di chitarre e batteria si rivelano anche qui geniali, toccando punte di fluidità estrema, che comunque si percepisce durante l’ascolto di tutto l’album. Il sesto brano, Interlude, è un breve interludio, appunto, di circa un minuto che, con un dolce arpeggio, segna la metà dell’opera. Ma i ritmi frenetici vengono subito ripresi nella traccia successiva, Ghost Dance, una traccia che è come se portasse l’ascoltatore all’interno di una sala da ballo, dove figure eteree dalle vaghe forme umane si abbandonano in una danza caotica, ma armoniosa allo stesso tempo. Con Solitude invece tornano i toni nostalgici, quel tipo di nostalgia che ti inonda quando sei solo, e lontano da casa. Anche qui regnano le sonorità melodiche, immerse in un’armonia matematica. A seguire il decimo brano, Phantasia, che dà il nome all’album. Esso si apre con un groove di batteria ed un accompagnamento di chitarra molto jazzati. L’intero brano è permeato da un’atmosfera che ricorda vagamente il Rockabilly. Un’aria nuovamente nostalgica, e a tratti sconsolata, torna a soffiare con la penultima traccia, Fade. I colori inizialmente si spengono rispetto al brano precedente, ma solo per poco, perché in realtà fanno nuovamente capolino a metà brano riscaldando l’animo dell’ascoltatore in quello che a mio parere è il miglior riff di chitarra di tutto l’album. Dulcis in fundo A Sequel to the Letter. Gli arpeggi di chitarra si intrecciano fluentemente tra loro come le dita di un prestigiatore di teatro di luci e ombre cinesi. Il suono dei violini dona alla chiusura del brano, e quindi dell’intero disco un tocco di profonda raffinatezza tipica della musica leggera.

Le impressioni finali su quest’opera sono state nel complesso positive: LITE è senza dubbio un ottimo gruppo di musica strumentale, che sa mescolare sapientemente la bravura tecnica con le sonorità melodiche tipiche di alcuni tra i gruppi capostipite del Math Rock melodico contemporaneo, come Tera Melos, Don Caballero, Battles. Unica nota di demerito va alla scelta del brano di chiusura, che non è stata di grande effetto come invece avrebbe potuto esserlo, a mio parere, se l’opera si fosse conclusa con Fade. Ma nonostante ciò, i LITE rappresentano sicuramente un baluardo della scena underground giapponese di questi ultimi anni e vale sicuramente la pena soffermarsi ad ascoltarli sia se si è appassionati del genere, che non.

Link Youtube: https://www.youtube.com/watch?v=0VZOiIz-wtg

Recensione di: Enrico Maria Fiore

2016-17年・隆盛日本映画観賞会 Festival del Cinema Giapponese Takamori (2)

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ジャージの二人

The Two in Tracksuits
(Giappone, 2008)

Film diretto da Nakamura Yoshihiro
Con: Masato Sakai, Makoto Ayukawa, Miki Mizuno, Asami Tanaka

Durata: 93 minuti

Lingua originale, sottotitoli italiani di Sara Callea
Controllo sottotitoli: Martina Mariani

Sala Eventi, Mediateca di San Lazzaro di Savena (BO), Lunedì 14 Novembre ore 20,30

Pellicola delicata e divertente sui periodi difficili della vita, Jāji no futari è tratto dall’omonimo romanzo di Nagashima Yū. La bizzarra coppia protagonista è costituita  da un padre, cinquantenne fotografo di pin-up, e da un figlio, trentenne disoccupato in crisi con la moglie. I due, nell’arco di due diverse estati, decidono di prendere una pausa dall’afa cittadina e da vite divenute problematiche rifugiandosi nel fresco ambiente rurale della loro casa di montagna. Le loro giornate passeranno scandite da  ritmi lenti, interrotti solo dagli incontri con i pittoreschi abitanti del posto e dalle visite dei loro ospiti.

2016-17年・隆盛日本映画観賞会 Festival del Cinema Giapponese Takamori (1)

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チーム・バチスタの栄光
The Glorious Team Batista
(Giappone, 2008)

Film diretto da  Nakamura Yoshihiro
Con: Abe Hiroshi, Takeuchi Yuko, Kikkawa Koji
Durata: 120 minuti

Lingua originale, sottotitoli italiani di Nicola Rubini
Controllo sottotitoli: Martina Mariani, Nicola Rubini

Sala Eventi, Mediateca di San Lazzaro di Savena (BO), Lunedì 17 Ottobre ore 20,30

All’ospedale dell’Università di Tojo, da quando è stato formato il Team Batista –un gruppo di medici d’elite specializzato nella Procedura Batista, un’alternativa al trapianto di cuore- i successi si sono susseguiti uno dopo l’altro, tanto da consacrarne la fama a livello mondiale. Ma all’improvviso tre operazioni consecutive falliscono inspiegabilmente causando il decesso dei pazienti. Ma è solo un caso o c’è qualcosa di più sinistro dietro? Riusciranno la dottoressa Taguchi e l’investigatore Shiratori a far luce su questo mistero? Tratto dall’omonimo best-seller di Takeru Kaido, il film ha anche ispirato un dorama stagionale di 11 puntate, andato in onda alla fine del 2008.