TOKIKO KATO (加藤 登紀子) – If You Have Been Born Into This World (この世に生まれてきたら)

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Introduzione

Ebbene, cari amici della Takamori, oggi vi attende un appuntamento speciale con l’unica ed inimitabile Tokiko Kato! Lei è attrice, cantante, compositrice ed attivista giapponese; insomma, un vero e proprio simbolo musicale (e non solo) del nostro caro Giappone. Oggi vorremmo dunque portarvi, per quanto possibile, all’interno del suo mondo, presentandovi la figura di una donna dalle mille risorse che è arrivata persino a collaborare con lo Studio Ghibli (nel film d’animazione Porco Rosso, capolavoro incentrato sul fascismo italiano) e con artisti del calibro di Ryūichi Sakamoto (坂本 龍一).

Presentazione dell’artista

Tokiko Kato nasce ad Harbin, nel nord-est della Cina, da genitori giapponesi. La sua carriera all’interno del contesto musicale comincia nel 1965, quando ancora era una studentessa iscritta all’Università di Tokyo, vincendo il primo premio ad un concorso per cantanti esordienti. L’anno dopo (1966) viene premiata come miglior talento esordiente ai Japan Record Awards (日本レコード大賞 Nihon rekōdo taishō) con la canzone Red Balloon (赤い風船)Nell’anno 1969 viene nuovamente premiata ai Japan Record Awards, come miglior cantante, con la canzone Lullaby For a Lonely Night (ひとり寝の子守唄); lo stesso premio le verrà conferito nel 1971, inoltre, per il brano Shiretoko Sentimental Trip (知床旅情). Il periodo in cui la sua produzione musicale si fa più ricca ed abbondante è forse quello che va dagli anni ’70 agli anni ’90; alcuni titoli di brani che, fra i tanti, sono diventati immediatamente molto famosi in Giappone sono:

Brani importanti

  • Love Life (愛の暮らし) – 1971
  • The gray eyes (灰色の瞳) – 1974
  • If i could fly (この空を飛べたら) – 1978
  • No regrets for my life (わが人生に悔いなし) – 1987
  • The river flows (川が流れる) – 1993

Un’altra canzone, scritta e cantata dalla stessa Tokiko, che merita sicuramente un’attenzione particolare, è Toki ni wa mukashi no hanashi wo (時には昔の話を), essendo questa la colonna sonora del film Porco rosso, al quale la cantante giapponese ha preso parte come “ospite speciale”. Andando adesso a dare un’occhiata ai suoi album, piuttosto che ai singoli pezzi, vi forniremo qua una breve lista delle sue opere musicali principali, così che vi possiate fare un’idea nel caso vi venisse voglia di ascoltarvi qualcosa (nonostante sia in realtà piuttosto difficile, purtroppo, riuscire a scovare i suoi album per intero su Internet). Ecco a voi, dunque, i titoli più famosi:

Album importanti

  1. 私の中のひとり (1970)
  2. この世に生まれてきたら (1974)
  3. いく時代かがありまして (1975)
  4. 回帰船 (1976)
  5. さびだ車輪 (1977)
  6. A Siren Dream (1983)
  7. 日本哀歌集 (1983)
  8. La Femme qui vient de Cypango (1991)
  9. Hana (1995)

Per quanto concerne l’argomento di oggi, tuttavia, vorrei soffermarmi sull’album If You Have Been Born Into This World (Il titolo originale è この世に生まれてきたら; “Kono Yo Ni Umarete Kitara”), proprio perché mi sembra il CD che più la caratterizza dal punto di vista musicale. Si intrecciano qui vari generi musicali tra cui, principalmente, Il Pop, il Folk, il Rock ed il Country, in una dolce ed ordinata armonia sonora. Le 12 tracce che compongono l’album sono, nell’ordine:

Brani dell’album proposto

  1. この世に生まれてきたら
  2. おまえの人生
  3. ただ一言彼につたえたい
  4. 黒の舟唄
  5. 無用ノ介
  6. いく時代かがありまして
  7. あなたの気配
  8. 朝の食事
  9. けだるいワルツ
  10. 子育て地蔵
  11. テネシー・ワルツ
  12. 灰色の瞳

Stiamo parlando qui di un album che ha fatto la storia della musica giapponese; è un album delicato, magnifico, pieno di storia e poesia, che non stanca mai e che riesce a catapultare pienamente l’ascoltatore all’interno della cultura giapponese. Credo che sia uno degli album più belli che abbia personalmente mai ascoltato e, proprio per questo motivo, mi sento di poterlo consigliare vivamente anche a voi, sperando che possiate trovarlo altrettanto piacevole all’ascolto.

Bene dunque, qui vi salutiamo, e ci auguriamo che possiate aver trovato, grazie a questo nostro nuovo articolo, un nuovo spunto per apprezzare ulteriormente la cultura (e in questo caso la musica) del nostro caro Sol Levante!

Alla prossima puntata! Minna, mata ne!

Articolo scritto da Simone Cozza.

 

 

 

 

 

 

 

KAWABATA YASUNARI – LA CASA DELLE BELLE ADDORMENTATE

Eguchi è un anziano signore di 67 anni, perso nel limbo del tempo: al contrario dei suoi coetanei già reduci della vecchiaia e delle manifestazioni che essa porta, Eguchi rimane spaesato in quella fase alienante tra l’uomo che fu e la tarda età. Libro del Nobel per la letteratura Kawabata Yasunari datato 1962, La casa delle belle addormentate è un vagare interiore del protagonista Eguchi: un giorno, parlando con un amico, egli viene a sapere della casa delle belle addormentate, un luogo surreale dove gli anziani sono soliti passare le notti. Qui, ragazze sotto narcotici “intrattengono” i clienti, i quali non possono né provare a svegliarle né dissacrarne i corpi.

Incuriosito e inizialmente scettico, il vecchio protagonista si domanda a quale scopo passare una notte con delle giovani fanciulle – perlopiù vergini – col solo permesso di contemplarle o dormire al loro fianco. Eguchi sa difatti di non essere ancora un bimbo avanti con l’età, prova pulsioni come qualsiasi altro essere umano e proprio per ciò questo rituale perverso non fa che alienarlo ancora di più; talvolta provocandogli incubi, certe altre ricordi dei tempi che furono. Perché sì, Eguchi ha avuto tanto e tanto ancora ha: in primis una moglie dalla quale tornare ogni sera e le figlie avute nel corso degli anni. Ciò che gli manca sono delle risposte, su chi lui sia, su cosa sia la vita, cosa la morte: se le belle addormentate siano quell’agognata vita riflessa sulle sue stanche membra, se provino pietà, compassione, o se il loro dormire non sia il migliore compromesso fra questi due poli apparentemente così distanti. Se in quel postribolo alberghi qualcosa o sia solo un misero modo per eludere la morte.

In questo viaggio alla ricerca di sé, Kawabata ci porta (come eccelsamente descritto dalla postfazione di Yukio Mishima) sull’altro versante del suo scrivere, su qualcosa che non è subito visibile ad occhio nudo. Al contrario de Il paese delle nevi (1948) o Racconti in un palmo di mano (1926-1948), questo romanzo risulta intimo, introspettivo, esplorando quella parte dell’autore ben custodita in un cassetto e che conferma la morte come suo topos letterario.

Lettura breve (95 pagine) e assolutamente consigliata.

Recensione di Marco Amato

EDIZIONE SPECIALE: FAR EAST FILM FESTIVAL – THE BLOOD OF WOLVES

THE BLOOD OF WOLVES (2018)

孤狼の血

Di Shiraishi Kazuya

 

Shogo Ogami è un veterano e lupo solitario del dipartimento di polizia contro il crimine organizzato in una Hiroshima degli anni ’80 che pullula di Yakuza e dove non passa giorno senza che vengano perpetrati omicidi ed estorsioni. Cinico, corrotto, donnaiolo e senza scrupoli Ogami ha tuttavia un’ottima reputazione nel dipartimento perchè, nonostante i metodi poco ortodossi e le interazioni con i vari Boss, con lui i risultati arrivano. Una nuova ventata di aria fresca sembra arrivare dal dipartimento centrale quando il giovane e integerrimo Shuichi Hioka viene assegnato a Ogami come suo sottoposto, tuttavia Shuichi nasconde un segreto alla base del suo trasferimento. Un tassello dopo l’altro i due protagonisti arriveranno a scoprire i giochi di potere che governano la città e i sacrifici necessari per tenere al sicuro gli innocenti.

La classica storia “Good cop/ Bad cop”  con un altalenante rapporto di odio e rispetto fra i due protagonisti funge da motore principale della storia che come ogni Yakuza movie che si rispetti non manca di dettagli cruenti e frasi memorabili. I metodi poco ortodossi di Ogami rivelano un personaggio molto più complesso di quello che le apparenze darebbero a vedere e proprio grazie a lui la trama nella seconda parte del film decolla con lo svolgersi di eventi che vanno ben oltre il semplice crimine di quartiere. Il giovane e inesperto Hioka dovrà farsi largo in una società che respira corruzione e dove i suoi solidi principi morali saranno messi a dura prova così come l’opinione che ha del suo collega/mentore Ogami.

Una storia che odora di sigarette e polvere da sparo, non si raggiunge la complessita del maestro Kitano  ma il il film è comunque un ottimo mix di elementi classici del genere Yakuza che, grazie alla trama lineare e al carisma dei personaggi, si presenta come un’esperienza adrenalinica e ricca di colpi di scena. Proprio la trama e l’atmosfera generale del film hanno convinto il pubblico proiettandoci per qualche momento in un mondo crudo, cinico e dove solo chi ha le zanne abbastanza affilate può sopravvivere.

 

Marco Manfroni

EDIZIONE SPECIALE: FAR EAST FILM FESTIVAL – TREMBLE ALL YOU WANT

Tremble All You Want (2017)

勝手にふるえてろ

di
Oku Akiko 

Yoshika (Matsuoka Mayu) ha 24 anni, è una ragazza normale con un lavoro, un appartamento, degli amici. La sua vita però non è definita da queste cose: tutto ciò a cui riesce a pensare è il suo amore del liceo, soprannominato Ichi (letteralmente, numero uno). Questi è il suo principale argomento di conversazione, il suo chiodo fisso, non importa che non lo abbia visto ormai da diversi anni. Al bar con la biondissima cameriera, sul bus con la signora seduta a fianco, col simpatico pescatore sotto al ponte, tutti sono entusiasti di parlare di Ichi e di quanto sia perfetto. In realtà, i due si saranno scambiati al massimo due parole. Yoshika però stringe e difende con gli artigli questa idea della sua prima cotta che si porta avanti dal liceo, tanto da non aver mai avuto una relazione. Accetta solo di uscire con un collega di lavoro che rinomina Ni, letteralmente numero due, una sorta di seconda scelta, un eterno secondo;  la competizione in cui Ichi e Ni sono costretti nella mente della protagonista non può che essere vinta dal numero Uno, idealizzato come un angelo perfetto e luminoso, contro un impacciato e, a tratti, sgradevole ragazzo reale.

Messo in questi termini, sembra che stiamo parlando della solita commedia romantica a cui siamo tutti abituati da tempo. In realtà, il film è ricco di simbolismo e false apparenze, il tutto avvolto da uno strato di ironia e comicità che, man mano, svela l’amara verità di fondo. In un momento musicale nella seconda parte della pellicola, Yoshika ammette finalmente a se stessa e a tutti noi ciò che non era ancora riuscita ad accettare, mostrandosi profondamente insicura, timida e problematica ma vedendo anche per la prima volta il mondo per come è veramente. Questa rinnovata consapevolezza sarà fonte di preoccupazioni e momenti di crisi ma anche il motore principale della seconda parte del film che ci guiderà verso il climax del finale.

Una commedia romantica dall’insolito vigore e dai risvolti inaspettati, con personaggi ben caratterizzati e dalle tematiche spesso toccanti, che tuttavia non si esime certo dallo svelare il suo lato più leggero e comico con sketch e dialoghi molto divertenti. Ci siamo commossi per la dolcezza e la profonda ingenuità con cui Yoshika affronta le difficoltà ma abbiamo anche riso tanto della goffaggine di Ni e dei pittoreschi personaggi che popolano questa storia, uscendo dalla sala con un sorriso e sommersi letteralmente da un mare di applausi per una commedia romantica un po’ diversa che eccelle e si fa largo nel nostro cuore e in quello dei presenti al FAR EAST FILM FESTIVAL, da non perdere.

Jacopo Corbelli e Marco Manfroni