Love at Least || Recensione

Regia: Sekine Kōsai
Durata: 109 min
Anno di uscita: 2018
Attori principali: Ishibashi Shizuka, Matsuhige Yutaka, Naka Riisa

La vita è difficile per Yasuko, soffre di depressione e ipersonnia e spende la maggior parte delle sue giornate sotto le coperte mentre la sorella maggiore la sprona a trovarsi un lavoro. Yasuko vive con il fidanzato, Tsunaki, che sembra riuscire sopportare la routine irregolare e ai cambiamenti di umore repentini della ragazza, ma che decide comunque di restare in una relazione con lei e supportarla economicamente. Lui è un impiegato per una rivista di gossip, non è felice durante le ore di lavoro e tornato a casa le sue cene consistono di tristi cibi preparati.

Nonostante il suo supporto, Yasuko ,frustrata dall’indifferenza del ragazzo e dalle costanti pressioni dalla sorella, incontra Ando, una ragazza che le procura un lavoro con l’obbiettivoperò di separare i due amanti per poter ritornare con Tsunaki. Yasuko viene assunta e questa esperienza la aiuterà a fare i passi giusti verso tempi migliori.

Love at least unisce elementi di dramma e romance, creando un’opera coinvolgente che mette davanti allo spettatore temi profondi: si potrebbe trovare la mancanza di motivazione e impegno da parte di Yasuko pesante ma vederla poi risbocciare dopo aver trovato un lavoro è rincuorante e porta lo spettatore a tifare per la ragazza.

I mucchi di vestiti e le sveglie che circondano il suo letto sembrano quasi proteggerla dalla realtà esterna, ed è proprio grazie a queste scelte cinematografiche che riusciamo a connettere con i personaggi. A questo concorrono anche le incredibili performance degli attori che riescono a portare in scena in maniera realistica ma rispettosa le emozioni dei personaggi.

La pellicola porta quindi non solo una rappresentazione di come la depressione può apparire in alcune persone, ma mostra anche l’influenza positiva che comprensione e supporto da persone esterne può avere sulle persone di cui ne hanno bisogno.

Recensione di Emma Dal Degan

Ninagawa Yukio Parte 1 || Akushon! – I registi di JFS


Bentrovati! Questa è Akushon! la rubrica di Associazione Takamori sui registi giapponesi.
Oggi vi parliamo di Ninagawa Yukio!

Nato nel 1935 a Kawaguchi, nella prefettura di Saitama, Ninagawa Yukio si diploma alla Kaisei High School. Aspirando a diventare attore, tenta l’esame di ammissione al Dipartimento delle Belle Arti di Tokyo, ma fallisce. Si unisce poi alla compagnia teatrale Seihai, dove si forma come attore. Resosi conto delle sue competenze da regista, decide di istituire una propria compagnia teatrale allo scopo di poter mettere in pratica la propria capacità di regia. In quel periodo di fioritura, soprattutto tra i giovani, del “piccolo teatro”, debutta come regista nel 1969 con Shinjō afururu keihakusa. Successivamente forma due compagnie indipendenti, la Gendaijin-Gekijō nel 1971 e la Sakura-sha nel 1974.

Il 1974 diventa un anno cruciale per la carriera di Ninagawa, quando Nakane Tadao, il futuro produttore di teatro della Tōhō, lo invita a prendere parte alla regia di una serie di grandi produzioni, tra cui Romeo e Giulietta.

Le produzioni di Ninagawa spaziano dalle opere contemporanee di vari scrittori e drammaturghi giapponesi, tra cui Kara Jūrō, Inoue Hisashi, e Iwamatsu Ryō, dalla tragedia greca a Shakespeare, classici stranieri e opere moderne.

Nel 1981 dirige la sua prima pellicola, Masho no natsu – Yotsuya kaidan yori (“Summer of Demon”), un film horror, nel quale Ninagawa dimostra la sua capacità nell’uso della musica classica.

Dopo aver diretto Romeo e Giulietta, nel 1998 dichiara che avrebbe diretto tutte le produzioni di Shakespeare e, così, facendo, accresce la sua fama anche al di fuori del Giappone, raggiugendo Europa, Stati Uniti e Canada. Partendo nel 1996 con Sogno di Mezza Estate, seguito da Shintokumaru nel 1997 e, infine, Amleto nel 1998, gli viene chiesto di portare in scena a Londra queste rappresentazioni teatrali ogni anno per tre anni. Inoltre, tra il 1999 e il 2000 collabora con la Royal Shakespeare Company, con la quale presenta King Lear a Londra e a Stratford-upon-Avon. 

Al di fuori del campo del teatro contemporaneo, ha anche prodotto l’opera The Flying Dutchman, diretta da Seiji Ozawa, il musical Kiki’s Delivery Service composto da Ryudo Uzaki, e una rappresentazione di teatro kabuki con la compagnia del Kikugoro Theatre, su richiesta di Kikunosuke Onoe. Inoltre, ha anche lavorato a produzioni teatrali, fiction televisive, concerti e sfilate di moda. 

Ninagawa vince molti premi in Giappone. Inoltre, riceve una laurea ad honorem dall’ Università di Edimburgo nel 1992 e una dall’Università di Plymouth nel 2009.

Nel 2003 si dedica nuovamente ai film, dirigendo Ao no Honō(“The Blue Light”), un poliziesco sentimentale, basato sul romanzo di Kishi Yūsuke, presentato anche al Festival del Film di Cannes dello stesso anno.

L’anno successivo dirige Warau Iemon, un film horror drammatico, basato sul romanzo di Kyogoku Natsuhiko, il quale, però, non ottiene il successo sperato.

Con la sua compagnia teatrale Ninagawa Studio (Ninagawa Company), continua a fare produzioni sperimentali a cui prendono parte giovani attori. Nel 2006 fonda la Saitama Gold Theatre, una nuova compagnia teatrale per attori non professionisti di oltre 55 anni che si basa sulla Saitama Arts Theatre.

Nel 2008 dirige Hebi ni piasu, basato sul famoso romanzo di Kanehara Hitomi, “Serpenti e Piercing”, che vede partecipi attori come Kōra Kengo, Yoshitaka Yuriko e Fujiwara Tatsuya.

E con questo si conclude la prima parte del nostro approfondimento su Ninagawa Yukio. Se vi abbiamo incuriosito con la vita e la carriera di questo regista, ci vediamo tra due settimane con la seconda parte!

Koreeda Hirokazu – Pensieri dal Set

Pensieri Dal Set di Koreeda Hirokazu, pubblicato in Giappone nel 2016 col titolo Eiga o torinagara kangaeta koto è un’autobiografia che ripercorre la carriera del regista rievocando aneddoti ed episodi accaduti durante le riprese delle proprie opere.
Il volume è edito da Cuepress e la traduzione è a cura di Francesco Vitucci.

Hirokazu Kore’eda esordisce nel 1995 sul grande schermo con il lungometraggio dal titolo Maborosi. Ispirato a una novella di Teru Miyamoto, viene presentato in concorso alla Mostra del cinema di Venezia e vince l’Osella d’oro per la miglior regia.
Il successo arriva però con il film successivo, Wandāfuru raifu del 1998.
Da qui in poi il cineasta riuscirà a scalare l’olimpo della fama internazionale grazie ad opere del calibro di Nobody Knows (Daremo Shiranai) proiettato per la prima volta nel 2004, Still Walking (Aruitemo Aruitemo) pellicola del 2008 e, tra le più recenti, Un Affare di Famiglia del 2018.

Le pellicole di Koreeda Hirokazu fanno parte del filone intimista e hanno come tema principale i legami interpersonali.
Affetti, legami familiari, sentimenti spesso sofferti sono le tematiche più care al cinema di Koreeda.
Anche il tema della memoria e l’elaborazione del lutto sono argomenti che spesso il regista affronta.

L’opera biografica racconta puntualmente il percorso del cineasta partendo dagli albori sino ad arrivare alle produzioni più recenti, costellando l’intera lettura di curiosità e aneddoti talvolta non ancora raccontanti.
E’ il caso di Nobody Knows nel quale il regista racconta fatti di cronaca realmente accaduti che ispirarono la stesura e la produzione della pellicola.

Koreeda ricostruisce il proprio viaggio nel mondo del cinema, un percorso partito dai primi documentari e approdato a importanti successi internazionali (Father and Son, premio della giuria al Festival di Cannes del 2013).
Ricordi ed episodi inediti avvenuti durante la lavorazione dei suoi film – pagine rivelatrici non solo della sua prospettiva artistica, ma anche della visione della società nipponica, spesso tema centrale delle sue pellicole.

Koreeda Hirokazu
PENSIERI DAL SET

Ricordiamo che l’opera è disponibile presso il sito di Cuepress e che verrà inoltre presentata Martedì 29 Novembre al cinema Lumière di Bologna dove a seguire verrà proiettata l’ultima pellicola del regista, Le Buone Stelle – Broker, uscito il 13 Ottobre 2022 nelle sale italiane.

SMAP || Recensione

Tra il 1986 e il 1988 la Johnny & Associates, una agenzia giapponese che si occupa di scoprire nuovi talenti, fa audizioni e seleziona venti ragazzi per costituire un gruppo di ballo di supporto a una celebre boyband. Tra questi spiccano i giovanissimi Nakai Masahiro, Katori Shingo, Kusanagi Tsoyoshi, Kimura Takuya Mori Katsuyuki e Inagaki Goro, che vengono scelti per costituire gli SMAP, acronimo di “Sports and Music Assemble People”. 

Questi ragazzi, con età comprese tra i 10 e i 14 anni, vengono formati e introdotti al mondo dello spettacolo affiancando al lavoro di ballerini anche quello di attori e di personalità televisive, apparendo in numerosi programmi e avendone addirittura di dedicati.

Nel 1991 vengono finalmente lanciati sulla scena musicale sia con concerti che con dei singoli, ma nonostante l’iniziale successo di pubblico la televisione giapponese stava un vivendo un momento particolare: con la fine dell’epoca d’oro dei programmi televisivi musicali anni ’80, molti musicisti fanno fatica a trovare un canale per arrivare al pubblico. La Johnny & Associates fa tuttavia una scelta vincente, impiegando gli SMAP in altri programmi televisivi tra cui varietà e programmi comici, facendogli guadagnare ancora più fan e permettendogli successivamente sia di ottenere successo con il loro primi album sia di dare ai membri della band occasione di far decollare le loro carriere individuali come attori.

A metà degli anni 90’, gli SMAP sono ormai una istituzione. Praticamente ogni loro nuovo album musicale è un successo, i loro singoli arrivano in testa alle classifiche e viene anche lanciato un varietà condotto da loro stessi, SMAP no Gambarimashou, con contenuti che cambiano ogni giorno, con inserti musicali, talk show con ospiti, sketch comici e spezzoni dei loro film. Nakai ha anche modo di arrivare all’ultimo medium a cui non erano ancora approdati, lanciando un suo programma radiofonico che continua tuttora.

Nel 1996, Mori annuncia la sua scelta di abbandonare la band per potersi dedicare a una carriera completamente diversa, ovvero il motorsport; questo crea scompiglio tra i membri della band, che tuttavia continua il suo percorso e non vede intaccato il suo incredibile successo. Anzi, la loro copertura mediatica e la varietà dei loro contenuti li porta a uscire dallo status di semplice boyband con pubblico femminile e gli procura nuovi fan anche tra il pubblico maschile e i bambini. I singoli membri sono così occupati con le loro carriere individuali di attori e personalità televisive che gli SMAP iniziano a pubblicare album con cadenza biennale invece che annuale, ma il successo degli individui alimenta il successo della band e viceversa e nel 2003 pubblicano “The one and only Flower in the World”, singolo che ottiene un successo incredibile. 

Il loro successo continua nella decade successiva: il loro status è ormai consolidato, e la loro popolarità è quasi senza precedenti, arrivando addirittura in Cina e Corea e permettendo agli SMAP di fare delle collaborazioni e dei concerti in questi paesi. Diventano rappresentanti delle Paralimpiadi, collaborano con gli Universal Studios per un parco divertimenti in Giappone, vengono invitati a cantare l’inno nazionale dalla lega professionista di Baseball giapponese… Tutto sembra andare a gonfie vele, fino a quando, nel 2016, arriva la notizia che quattro membri degli SMAP erano intenzionati a lasciare la band. I fan reagiscono molto male alla notizia, e i membri della band la smentiscono per rassicurarli, ma ormai è solo questione di tempo. Le loro carriere individuali sono ormai consolidate, e alcuni membri decidono anche di togliere ogni rifermento agli SMAP dai loro programmi, mentre altri non saranno così decisi sul voler prendere le distanze. Sciolti o no, gli SMAP restano un fenomeno senza precedenti nel panorama giapponese.

Il loro stile musicale attinge dal City Pop degli anni ’80 e dall’R&B tipico delle boy band degli anni ’90 e spazia tra gli stili del pop occidentale. Se la loro musica in senso stretto passa così in secondo piano è solo perché gli SMAP vanno interpretati come un fenomeno più ampio, visto che i membri stessi sono forse più dotati come attori che non come cantanti. 

— Recensione di Chiara Coffen

Presentazione di Pensieri dal set di Koreeda Hirokazu

Le Buone Stelle – Broker | Koreeda Hirokazu

L’Associazione Takamori è lieta di annunciare la presentazione del volume Pensieri dal set di Koreeda Hirokazu con Francesco Vitucci, curatore e traduttore del volume, in data Martedì 29 Novembre alle ore 18:30 al cinema LUMIÈRE in SALA SCORSESE.

A seguito della presentazione verrà proiettata l’ultima pellicola del regista, Le Buone Stelle – Broker uscito il 13 Ottobre 2022 nelle sale italiane.

Nella pioggia una donna abbandona un neonato davanti a una ‘baby box’. Due uomini lo prendono in consegna, ma sono trafficanti di bambini. Quando lei torna vorrebbe riprenderlo, ma poi decide di mettersi in viaggio con i due per cercare i genitori ideali a cui vendere il piccolo. Ne nasce un on the road surreale in cui il gruppo finisce per trasformarsi in una famiglia per caso. La famiglia, l’infanzia e la memoria del passato di nuovo al centro dell’ultimo lavoro, in concorso all’ultimo festival di Cannes, del pluripremiato Koreeda, che si conferma uno degli autori di maggiore finezza e profondità del Giappone contemporaneo.

Per acquistare i biglietti clicca qui o il seguente link : https://lumiere.cinetecabologna.18tickets.it/film/11486

INFO BIGLIETTERIA:

Intero € 6,00

Riduzioni
Amici e Sostenitori Cineteca € 4,50
AGIS (escluso sabato e festivi) e convenzionati* € 5,00
Scuola di Teatro ERT € 5,00
Studenti, ESN Bologna e Carta Giovani (escluso sabato e festivi), Over 60 (escluso sabato e festivi) € 4,00