4 Maggio 2025 | FEFF, Proiezioni

See You Tomorrow (ほなまた明日, Honamata ashita) ha aperto la penultima giornata del FEFF portando sullo schermo la voce sensibile e originale della giovane regista Michimoto Saki (道本咲希). Pur non essendo alla sua primissima esperienza dietro la macchina da presa, con questo film si conferma una presenza da tenere d’occhio per la lucidità con cui racconta le emozioni.
La pellicola esplora con delicatezza e profondità lo scontro, spesso silenzioso, tra aspirazioni personali e relazioni affettive fragili, dipingendo il ritratto di una generazione sospesa tra sogni coltivati con ostinazione e sentimenti nascosti dietro una maschera di leggerezza.
Protagonista è Nao (interpretata da Tanaka Makoto), studentessa di fotografia appassionata di street photography, che ogni giorno si perde per le strade di Osaka in cerca di momenti da catturare con la sua reflex. La vicenda si snoda principalmente tra le mura dell’accademia d’arte che Nao frequenta, dove stringe un legame con tre compagni di corso – Sayo (Shigematsu Risa), Tada (Akiyama Takuro) e Yamada (Matsuda Ryota) – anche loro desiderosi di diventare fotografi.
Il talento cristallino di Nao emerge fin da subito, tanto da suscitare l’invidia dei colleghi e perfino del professore (Okuchi Ken), combattuto tra l’ammirazione e un sottile risentimento.
Ciò che colpisce nel film è la scelta stilistica della regista: Michimoto evita consapevolmente ogni deriva sentimentale, preferendo una narrazione asciutta, essenziale e brutalmente onesta, molto vicina all’esperienza reale dei giovani che si trovano a fare i conti con il peso delle scelte e del futuro.
Il ritmo è pacato, i dialoghi misurati, le scene spesso statiche: è il silenzio, più delle parole, a dare significato e profondità alle relazioni.

Se è vero che a tutti noi è concesso di sognare in grande, è altresì vero che solo in pochi riescono a trasformare tali sogni in realtà. Nao fa parte di questa élite: non per arroganza, ma per una determinazione lucida e una predisposizione naturale al successo.
Proprio questa sicurezza, mai ostentata ma sempre evidente, finisce per incrinare i rapporti con i compagni, che la percepiscono fredda, distante e impietosa. È forse questa la chiave del suo successo?
Il film riflette su temi universali – tempo, rimpianto, l’irrisolto – con una sensibilità rara nel cinema contemporaneo. Paradossalmente, Nao è l’unica a non cambiare: resta uguale dall’inizio alla fine. Eppure, è proprio lei, nella sua staticità, a innescare il cambiamento negli altri, in particolare in Yamada, che si scopre incapace di confrontarsi con il talento e il passato, e alla fine sceglie la fuga.
See You Tomorrow non offre soluzioni facili. Piuttosto, ci invita a riconoscere ciò che siamo e ad accettare le nostre possibilità, anche se imperfette, anche se lontane da quelle degli altri. Una riflessione sincera e senza fronzoli sull’identità, sulla rivalità e sul bisogno di essere visti davvero.
4 Maggio 2025 | Recensioni

Autrice: Yoshimura Keiko
Traduttrice: Laura Imai Messina
Editore: Piemme
Edizione: 2023
108 rintocchi (titolo originale 108の鐘, Hyaku-hachi no kane) è il romanzo d’esordio di una giovane scrittrice giapponese nata a Tōkyō nel 1999 e conosciuta sotto lo pseudonimo di Yoshimura Keiko. Il romanzo catapulta il lettore su una piccolissima gocciolina di terra dell’arcipelago delle isole Izu, nota per la produzione di olio di camelia. Su questo nido silenzioso tra i flutti del mare, Sohara Mamoru si appresta ogni giorno a riparare tetti, finestre, orologi, rubinetti e, insieme ad essi, il cuore delle persone.
È il tuttofare dell’isola: tutti lo cercano se c’è un lavoretto da fare e, soprattutto alle soglie del Capodanno – momento in cui è ambientato il romanzo e anche giorno del compleanno di Sohara – lavoro e pulizie per accogliere l’anno nuovo al meglio non mancano affatto. L’intera comunità dell’isola collabora e si unisce per portare avanti di generazione in generazione, in questo speciale periodo dell’anno, secoli di tradizioni. Si unisce per tramandare lo spirito di un luogo magico scandito dal tempo del mare.
Un luogo che può essere amato davvero solo quando per una volta lo si abbandona e ci si rende conto che solo lì si può tornare, come era accaduto al Sohara ventenne, che nella Tōkyō assordante che non conosce silenzio non trovava più sé stesso. L’isola e le persone che la abitano sono per lui il suo mondo, rappresentano tutto ciò di cui ha bisogno per essere felice: rimettere insieme gli oggetti, dargli una nuova vita è il suo modo per dare una carezza a ciascun abitante, per far capire che tutto si può sistemare.
È anche un modo per rallentare l’invecchiamento dell’isola, rendendola sempre nuova, ma allo stesso tempo mantenendola fedele a sé stessa. Ciò che colpisce è anche l’agire silenzioso di Sohara, quasi inspiegabile e invisibile, ma che tutti inevitabilmente sanno riconoscere. Realizza piccoli miracoli di sua spontanea volontà: è un grande osservatore che si appunta tutto su un quadernino e, quando può, sistema magicamente anche ciò che non gli è stato esplicitamente chiesto di sistemare, perché sente nel profondo la storia, i legami, le persone, i ricordi che si celano dietro ogni piccola cosa che rende come nuova.
Sohara, in un’epoca in cui ciascuno pensa solamente al proprio orticello, in cui paradossalmente connettiamo i nostri dispositivi ma scolleghiamo le nostre anime, ci ricorda come il potere di una minuscola azione può avere un effetto enorme sulle nostre corde più profonde. Ci riporta all’umanità vera, in cui è bello aiutare ed essere aiutati: anche Sohara, proprio quando teme il peggio per il futuro di sua figlia Tōka, viene ricambiato da tutti gli abitanti per ciò che ha sempre fatto per loro, per aver messo tutto il suo impegno e tutta la sua volontà in ogni riparazione.
La scrittura di Yoshimura è semplice, ma permette di concentrarsi sul significato dei gesti quotidiani, portandoci a riflettere su come le piccole attenzioni reciproche possono aiutarci a costruire legami profondi e duraturi. È un romanzo che pone speranza sulle relazioni umane, sulla capacità di guardare e guardarsi dentro.
Recensione di Valeria Varrenti
3 Maggio 2025 | FEFF, Registi
Shibue Shūhei, nato nel 1985, è uno dei nuovi nomi da tenere d’occhio nel panorama del cinema giapponese contemporaneo. Dopo aver studiato alla Facoltà di Arte Applicata della Saga University, dove si è laureato in design, Shibue ha ampliato i suoi interessi avvicinandosi alla produzione video, affinando un approccio visivo personale e dinamico.
La sua carriera ha preso forma attraverso una vasta esperienza in diversi settori dell’audiovisivo: videoclip musicali, spot pubblicitari e serie televisive, ambienti in cui ha potuto sperimentare linguaggi narrativi diversi e sviluppare una forte sensibilità per il ritmo e l’immagine. Questo background eclettico ha reso il suo stile riconoscibile, capace di fondere estetica pop, attenzione ai dettagli e capacità di coinvolgere emotivamente il pubblico.
Nel 2023, Shibue ha diretto il musical drama televisivo Ya Boy Kongming! per Fuji TV, adattamento live-action di un popolare manga che aveva già conosciuto successo attraverso una serie animata e uno spettacolo teatrale. Il progetto ha riscosso grande consenso in patria, confermando la sua abilità nel gestire storie vivaci e ricche di energia visiva.
Il 2024 rappresenta un traguardo importante nella sua carriera: Shibue debutta nella regia cinematografica con Ya Boy Kongming! The Movie , che arriva nelle sale giapponesi il 25 aprile 2025. La pellicola è stata presentata in anteprima internazionale fuori concorso al Far East Film Festival di Udine il 2 maggio 2025. La presenza al FEFF testimonia l’interesse crescente per il suo lavoro e sancisce il suo passaggio dal piccolo al grande schermo.
2 Maggio 2025 | FEFF, Registi

Matsui Daigo, nato il 2 novembre 1985 a Kitakyushu, nella prefettura di Fukuoka, è una delle voci più originali del cinema giapponese contemporaneo. Laureato in letteratura francese alla Waseda University, ha iniziato la sua carriera come sceneggiatore per la NHK, diventando il più giovane autore per l’emittente giapponese con la serie Two Speakers nel 2009. La sua passione per il teatro lo ha spinto a fondare nel 2008 la compagnia Gojiden, in cui ha ricoperto ruoli di commediografo, regista e attore. Nel 2012 debutta come regista con Afro Tanaka, una commedia eccentrica che ottiene una selezione al Far East Film Festival di Udine. Con questa pellicola si fa notare per il suo mix di ironia, malinconia e riflessioni sulla giovinezza.
Da quel momento, Matsui ha consolidato il suo stile unico, caratterizzato da storie di adolescenti e giovani adulti alle prese con i cambiamenti della vita. Tra le sue opere più note ci sono Daily Lives of High School Boys (2013), Wonderful World End (2015), #HandballStrive (2020) e Just Remembering (2022), che ha riscosso grande successo al Far East Film Festival, dove è stato apprezzato per il suo omaggio a Jim Jarmusch e per la sua particolare struttura narrativa.

Il suo ultimo lavoro, Rewrite, rappresenta una novità per Matsui, segnando la sua prima incursione nel genere di fantascienza. Il film, tratto dal romanzo di Yasutaka Tsutsui, si inserisce nel filone dei drammi romantici giapponesi che esplorano il tema del viaggio nel tempo, ormai quasi un cliché del cinema nipponico. Tuttavia, Rewrite si distingue non solo per la sua trama coinvolgente ma anche per il suo tributo al classico di Obayashi Nobuhiko, The Girl Who Leaped Through Time (1983), ambientato nella città costiera di Onomichi, la stessa che ha ispirato diversi lavori del defunto regista.
La modalità comica che ha sempre contraddistinto il cinema di Matsui si fa sentire anche in Rewrite, con sviluppi che si spingono verso il confine dello slapstick. Nonostante l’approccio giocoso, il film esplora un tema serio: come un amore giovanile possa segnare la vita adulta, un concetto che il regista aveva già esplorato in Just Remembering (2022). In quel film, infatti, il tempo, seppur non tramite il viaggio nel tempo, svolgeva un ruolo centrale nella narrazione.
Rewrite, presentato in anteprima mondiale al Far East Film Festival di Udine, è un ulteriore passo importante nella carriera di Matsui. La sua capacità di fondere elementi di commedia e dramma, unita a un’attenzione sempre più profonda alle emozioni e alle sfide della vita, lo ha reso uno dei registi giapponesi più interessanti sulla scena internazionale.
1 Maggio 2025 | Senza categoria

Miike Takashi (nato a Yao, nella prefettura di Osaka, nel 1960) è uno dei registi più prolifici e controversi del cinema giapponese contemporaneo. Miike si è fatto notare sin dagli anni ’90 per la sua straordinaria produttività e la sua capacità di spaziare tra i generi più disparati. Con oltre cento opere all’attivo tra film, cortometraggi e serie televisive, ha costruito un universo cinematografico eccentrico, violento, grottesco ma spesso anche profondamente ironico.
Ha debuttato nel 1991 come regista con Eye Catch Junction, un film d’azione realizzato per il mercato dell’Home Video. Nonostante sia spesso associato al cinema di genere – horror, yakuza, azione – Miike non è mai stato un autore “di nicchia”. La sua filmografia include titoli cult come Audition (1999), Ichi the Killer (2001), 13 Assassins (2010) e Hara-Kiri: Death of a Samurai (2011), ma anche adattamenti di manga (Ichi the Killer, Crows Zero), incursioni nel musical (The Happiness of the Katakuris) e progetti su commissione per il mercato internazionale.
Uno degli aspetti più affascinanti del suo stile è la capacità di sovvertire le regole del genere che sta trattando. I suoi film oscillano tra il realismo estremo e l’assurdo totale, con una libertà espressiva che riflette la sua visione dissacrante e imprevedibile del mondo. Miike gioca con l’eccesso, con la violenza iperbolica, con il black humor e con i cliché.
Nonostante la sua produzione sia stata a lungo considerata marginale rispetto ai circuiti ufficiali, negli ultimi anni Miike ha ricevuto importanti riconoscimenti internazionali ed è stato invitato in festival come Cannes, Venezia e appunto il FEFF. Il suo cinema, che inizialmente poteva sembrare puro intrattenimento provocatorio, è oggi oggetto di studio accademico e rivalutato anche dal punto di vista culturale e sociale.
La presenza di Miike Takashi al Far East Film Festival è ormai una costante che testimonia la sua importanza nel panorama cinematografico asiatico contemporaneo. Il FEFF, da sempre attento a promuovere le sfaccettature più dinamiche del cinema dell’Estremo Oriente, ha spesso accolto le sue opere, contribuendo a far conoscere al pubblico europeo la radicalità e la versatilità del suo linguaggio. In un’epoca in cui il cinema giapponese si confronta con nuove sfide culturali e produttive, Miike continua a rappresentare una voce fuori dal coro: irriverente, prolifico e instancabile nel reinventarsi. La sua filmografia, ancora oggi in continua evoluzione, invita gli spettatori a superare le convenzioni e a lasciarsi travolgere da un’esperienza visiva unica e provocatoria.
Al Far East Film Festival 27 (FEFF27) di Udine oggi sono stati proiettati, presso il cinema Visionario, due film di Miike Takashi, entrambi ispirati al classico del 1968 “Yokai Monsters: Spook Warfare”:
The Great Yokai War (2005)
The Great Yokai War: Guardians (2021)
Queste proiezioni fanno parte di una retrospettiva dedicata al folklore giapponese e ai mostri tradizionali, tema centrale del FEFF27. Queste opere cinematografiche offrono un’opportunità unica per analizzare come Miike reinterpreti le creature del folklore giapponese attraverso il cinema.
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