N.P. – Yoshimoto Banana || Recensione

Autrice: Yoshimoto Banana

Traduzione: Giorgio Amitrano

Editore: Giangiacomo Feltrinelli Editore Milano

Edizione: 1994

Kano Kazami, una giovane traduttrice presso l’università di Tokyo, si ritrova a ricordare l’estate più surreale ma al contempo magica della sua vita. Yoshimoto Banana, invece, dimostra la sua maestria nella narrazione dei grandi e complessi fili conduttori di ogni vicenda umana: i sentimenti.

Kazami non ha nemmeno vent’anni quando viene a conoscenza della morte suicida di Takase Sarao, uno scrittore giapponese da tempo residente negli Stati Uniti, attraverso Shoji, il suo amante dell’epoca. Quest’ultimo, anche lui traduttore di professione, le racconta come Takase stesse scrivendo un’opera intitolata N.P. ma che, data la sua scomparsa prematura, era stata pubblicata con solamente novantasette dei cento racconti previsti.

In possesso del novantottesimo, inedito racconto è proprio Shoji che, nell’atto di tradurlo dall’inglese al giapponese, muore suicida a sua volta, lasciando Kazami disorientata e impaurita di fronte all’aura negativa che aleggia intorno a N.P. Anni dopo il tragico evento, lungo il cammino di Kazami passeranno i figli dello scrittore, Otohiko e Saki, due gemelli dal rapporto tanto profondo quanto complicato, con cui la giovane instaurerà un’amicizia unica.

A completare il quadro, però, sarà Sui, una mistica figura che si scoprirà avere un legame a dir poco singolare con i gemelli e con Takase. Sui, infatti, possiede il racconto numero novantanove, che rappresenta il penultimo gradino nella scalata verso il completamento dell’opera. Qual è, dov’è il centesimo e ultimo racconto che costituisce N.P.? Quando il sole lascia spazio a degli scorci di Via Lattea e lo scoppiettio di un falò sulla spiaggia accompagna il frastuono delle onde che si infrangono sul bagnasciuga, Kazami trova la risposta. Ed è tutto “di una bellezza violenta, da impazzire”.

Un libro a dir poco mozzafiato, che permette di far percepire al lettore, sulla propria pelle, l’arancione, il rosa, il giallo e il verde dell’estate, che funge da sfondo a tematiche decisamente meno colorate. La scrittura risulta dolce e scorrevole, ogni parola ha il suo peso ed è posta nello spazio corretto, concorrendo a rendere quest’opera una delle migliori di Yoshimoto. Le riflessioni sui temi che stanno a cuore all’autrice – amore, omosessualità, vita, morte – non sono mai banali, ma intrisi di una prospettiva che conduce il lettore alla riflessione.

È impossibile non affezionarsi ai personaggi, che contemporaneamente sfuggono alla piena comprensione e si lasciano cogliere, diventando un espediente per concretizzare emozioni che riguardano tutti gli esseri umani, in diverse fasi della vita. Sui è sicuramente il personaggio più interessante sotto questo punto di vista: prima esuberante poi più timida e chiusa, un attimo forte e quello dopo fragile, lascia il segno nel cuore di Kazami, e un po’ anche in quello di chi legge, come se fosse l’amica di una vita che vediamo cadere e rialzarsi, evolvere e maturare, tendendole una mano che sappiamo già che non, ma su cui lei stessa sa di poter sempre contare. E per cui è grata.

Un titolo imperdibile, inizialmente faticoso da elaborare, ma il classico “da leggere almeno una volta nella vita”.

 

Recensione di Alessandra Bertonazzi