Plan 75 || Far East Film Festival 25

Regia: Chie Hayakawa
Durata: 113 min
Anno di uscita: 2022
Attori principali: Baishō Chieko, Isomura Hayato, Stefanie Arianne
Genere: Dramma, Sci-fi

Al Far East Film Festival 25 è stato proiettato fuori dalla competizione in onore dell’attrice Baishō Chieko il film Plan 75, per il quale ha vinto il premio come migliore attrice. Baishō ha avuto ruoli in molte altre pellicole come Where Spring Comes Late, un altro film proiettato all’interno del festival, The Yellow Handkerchief, di cui potete trovare la recensione sul nostro sito, e The little house e svariati altri.

Quest’anno, al Far Est Film Festival le è stato assegnato il Gelso d’Oro alla Carriera dopo la premiazione di Takeshi Kitano nel 2022.

In un futuro prossimo, il governo giapponese lancia il Plan 75, un programma che incentiva gli anziani a porre fine alle proprie vite tramite suicidio assistito per alleviare i pesi sociali ed economici della popolazione che invecchia rapidamente. Nel notevole film d’esordio della regista Hayakawa Chie, le vite di tre cittadini ordinari si intersecano in questa nuova realtà mentre affrontano la crudeltà schiacciante di un mondo pronto a disfarsi di coloro che non sono più considerati preziosi. La leggendaria attrice giapponese Baishō Chieko interpreta Michi, una donna di 78 anni che considera il programma del governo una seccatura troppo pubblicizzata, finché non perde il lavoro e trova una cara amica morta in solitudine nella propria casa. La vita diventa precaria, Michi rimane sola e il Piano 75 inizia a sembrare allettante.

Quando Michi si iscriverà a Plan 75, la sua storia interagirà con quelle degli impiegati del programma, ognuno dei quali sta affrontando un proprio dilemma morale legato al loro lavoro. Hiromu (Isomura Hayato) è un burocrate del Plan 75 la cui apatia viene messa in discussione quando suo zio Yukio (Takao Taka) si candida per il programma. Maria (Stefanie Arianne) è un’immigrata filippina che accetta il lavoro tabù di spogliare i cadaveri e prepararli per la cremazione per pagare l’operazione al cuore di sua figlia.

Questi sviluppi dei personaggi si svolgono in modo sottile e naturalistico, con interpretazioni controllate che sottolineano la tensione tra la superficie educata del film e il sub testo inquietante (Baisho interpreta alla perfezione Michi, la cui disperazione e rassegnazione vengono riflessi in ogni momento del film attraverso l’espressività dell’attrice).

A prima vista, il programma e i suoi venditori trasudano gentilezza e compassione per attrarre e convincere i partecipanti della loro scelta quasi fino a sembrare degli automi privi di emozioni. Questo mostra un’inquietante visione della indifferenza burocratica del film e della crescente perdita di interconnessione.

Ma tra le interazioni di Michi con Narimiya Yōko, un’addetta del call center del Plan 75, vediamo i veri effetti che il programma ha su entrambi i lati: la prima trova felicità nell’aver trovato qualcuno con cui parlare e che la tratti come un essere umano e non come un problema da rimuovere, mentre la seconda, dopo aver passato una serata con Michi, vede come il lei ci sia ancora una persona piena di vita e di felicità, rimuovendo il filtro di indifferenza che il programma cercava di imporre a ogni costo sui propri dipendenti.

“Non esiste ancora il Piano 75 in Giappone, ma ho voluto far sentire al pubblico che potrebbe accadere in qualsiasi momento” afferma il direttore della fotografia giapponese del film, Urata Hideho, in collaborazione con Hayakawa.

La regista, infatti, non include ironia o satira nel proprio film, solidificando l’idea che ciò che si sta guardando è una possibilità vicina a differenza di una lontana distopia.

Tuttavia, la visione di Hayakawa non vuole essere lugubre o pessimistica, poiché tutti i personaggi imparano presto a prendere in pieno conto le loro vite e ciò che significa davvero vivere.

Egoist || Far East Film Festival 25

Regia: Matsunaga Daishi
Durata: 120 minuti
Attori principali: Suzuki Ryōhei, Miyazawa Hio, Agawa Sawako
Anno: 2022 

Tratto dall’omonimo romanzo semi-autobiografico di Takayama Makoto, Egoist è il titolo della nuova pellicola firmata Matsunaga Daishi, che si presenta sul palcoscenico della venticinquesima edizione del Far East Film Festival con un film rivoluzionario e dall’impatto travolgente.

La storia ruota attorno alla relazione omoerotica tra Kōsuke, trentenne redattore di successo, e il suo personal trainer, Ryūta. Nonostante il successo in ambito lavorativo, che gli consente di condurre uno stile di vita ricco sia sotto il profilo economico che delle relazioni umane e sociali, Kōsuke soffre sin da bambino una solitudine dovuta al vuoto che la morte di sua madre gli ha lasciato. Il suo background rurale lo ha portato a costruirsi una robusta corazza, nella quale imprigiona la sua identità, ma l’arrivo improvviso e inaspettato di Ryūta, giovane personal trainer assunto personalmente da Kōsuke, determina un profondo cambiamento nelle vite di entrambi. Sin dal primo allenamento nasce una relazione imperniata su un prolungato contatto fisico, che diviene sempre più frequente, intrigante e intenso, a tal punto da culminare in un ardente e passionale coinvolgimento sessuale. E proprio il lungo tempo di ripresa di questa dimensione carnale dipinge uno dei tratti fondamentali del film; i prolungati baci, le carezze con cui i protagonisti si esplorano a vicenda e le erotiche penetrazioni costituiscono una netta cesura rispetto alle precedenti produzioni LGBTQ+ mainstream dell’industria cinematografica giapponese, dove l’aspetto fisico delle relazioni omosessuali trovava uno spazio minimale, per consentire la visione anche a un pubblico eterosessuale.

Proprio questo momento cruciale nelle vite dei protagonisti segna il primo punto di rottura della storia che caratterizza questo straordinario film: ad un tratto, Ryūta molla improvvisamente Kōsuke, rivelandogli di essere un gigolò sin dalla sua prima adolescenza, per sostenere la madre sola e in precarie condizioni economiche e di salute. Kōsuke riesce, però, a dare una svolta alla sua vita, fornendogli un sussidio mensile sufficiente a mantenere sia la madre che Ryūta stesso, gesto che porterà quest’ultimo a riscoprire il significato e l’importanza dell’avere un nucleo familiare, nella sua vicenda personale messo a soqquadro, invece, sin dalla sua infanzia.

La pace, l’armonia e la felicità della ormai matura e consolidata relazione tra i due personaggi principali, però, porta a uno sviluppo scioccante e inaspettato; è qui che l’accezione del titolo – più sfuggente di quanto appaia – viene fuori. Emerge il dubbio sulla vera natura delle azioni di Kōsuke e su quanto essa giochi un ruolo fondamentale nel determinarne il loro significato.

In una regia caratterizzata da pochi intermezzi musicali, inquadrature dinamicamente incentrate sui volti e sui corpi dei personaggi, con dialoghi brevi e concisi pieni di impeto e di sentimento, Egoist tratteggia la volontà del regista di dimostrare come una relazione apparentemente fuori dagli schemi affondi le radici in nuclei dell’esperienza umana in cui ognuno di noi può potenzialmente rispecchiarsi. Il film, dunque, fornisce un importante spunto di riflessione su quanto le nostre esperienze quotidiane possano portare a complessi e contraddittori sviluppi del nostro modo di agire, di sentire e di vivere, facendolo in un modo straordinariamente e splendidamente autentico.

Swallowtail Butterfly || Far East Film Festival 25

Ageha in una scena del film

Regia: Iwai Shunji
Data di uscita: 14 Settembre 1996

Swallowtail Butterfly, pellicola giapponese del 1996, diretta dall’eclettico Iwai Shunji ha trovato spazio come retrospettiva al Far East Film Festival 25.

Si tratta di un’opera impegnativa che esplora diverse tematiche sociali, politiche ed economiche del Giappone degli anni ’90.
Anni difficili per un Giappone che si trova proprio al centro della crisi economica più disastrosa che il paese avesse mai sperimentato fino a quel momento; l’esplosione della bolla immobiliare del 1991 che causò l’inizio di una pesante stagnazione economica.

La trama racconta la storia di un gruppo di personaggi che si incontrano e si uniscono in un quartiere multiculturale di una Tokyo distopica, dalla forte presenza di immigrati cinesi, chiamato ento 円都 (Yentown).
Quest’ultimo è un nome assegnato dalla popolazione immigrata alla città grazie alla forte valutazione dello Yen che è diventato la moneta più costosa al mondo attirando attorno a sé chiunque sia in cerca di fortuna per poi ritornare nel proprio paese da uomo ricco.
La popolazione locale però li chiama entō 円盗 (yentowns), gioco di parole dal significato ostile in quanto composta dal kanji di “ladro”; vengono così trattati con disprezzo e ostilità, sono considerati come una minaccia alla stabilità sociale a causa della loro appartenenza a gruppi minoritari.
La storia ruota intorno a una ragazza di sedici anni (Ito) la cui madre è appena morta. La ragazza viene passata da persona a persona fino a quando non viene presa in carico da una prostituta cinese di Entō di nome Glico, che le dà il nome di Ageha (in giapponese significa coda di rondine). 
Sotto la cura di Glico, Ageha inizia una nuova vita.

Il film affronta temi come la discriminazione, la povertà, l’emarginazione sociale, l’immigrazione, la globalizzazione e il rapporto tra la cultura giapponese e quella straniera.  In particolare, la pellicola riflette sull’importanza della comunità e della solidarietà in un mondo sempre più individualista e alienante.
Presenta un’immagine critica della società giapponese e dei suoi valori, mettendo in luce le difficoltà e le sofferenze delle persone che sono ai margini della società. 
Il modo crudo ma al contempo affascinante con cui viene raccontato ha contribuito a rendere l’opera un capolavoro avente un forte impatto sulla cultura giapponese suscitando negli spettatori dibattiti sulla condizione dei gruppi emarginati nella società giapponese contemporanea.

Swallowtail Butterfly è un film estremamente visivo e musicale, con una colonna sonora composta da Kobayashi Takeshi che ha contribuito a rendere la pellicola un vero e proprio cult.
L’opera vanta inoltre una fotografia straordinaria curata da Shinoda Noboru che grazie all’utilizzo di una camera a mano regala velocità ad ogni scena dando la sensazione che la pellicola sia in costante movimento.
La regia di Iwai Shunji è complessa ed elegante, con un’attenzione particolare ai dettagli e alla psicologia dei personaggi.

In definitiva, Swallowtail Butterfly è un film complesso, stimolante e attuale che offre una visione realistica e provocatoria della società giapponese degli anni ’90 e che invita il pubblico a riflettere sulle sfide del nostro tempo e sulla necessità di trovare soluzioni innovative e collaborative per superarle.

Asoko no Seki || Recensione

Autore: Yamada Yūsuke
Editore: Gentōsha
Edizione: 2003


Asoko no seki è un romanzo horror pubblicato nel 2003 da Yamada Yūsuke. La storia narra le vicende della liceale Seto Kana, trasferitasi a Tokyo da Shizuoka a causa del lavoro del padre. Giunta nella nuova scuola, Kana si siederà a sua insaputa nel banco maledetto, così chiamato dagli studenti della classe perché le persone che si sedettero lì prima di lei finirono per scomparire, suicidarsi o impazzire. Come le altre, anche la protagonista comincerà a subire gli stessi tormenti: riceverà chiamate sconosciute e foto di sé stessa in continuazione. Kana è sul punto di crollare mentalmente, quando il Professor Ichimura, accortosi della situazione, decide di aiutarla e di indagare più a fondo sulla questione, essendo poco convinto dell’esistenza di fenomeni paranormali. Nell’indagine scopriranno che, eccetto la prima studentessa scomparsa, tutte le altre, proprio come Kana, erano state invitate al Karaoke dagli stessi compagni di classe Oki Keisuke, Inoue Daisuke e Kawakami Junko, che la protagonista reputò amici fino ad allora. Proseguendo, scopriranno anche che i tre avevano un legame con la prima studentessa scomparsa, Seki Ayano, e con lo studente Tsuchiya Hiroki, compagno di classe di Kana seduto sulla sua sinistra e prima persona che le rivolgerà la
parola. Ichimura e la protagonista sono ormai sul punto di risolvere il mistero, ma la situazione peggiora con la scomparsa di Junko e l’omicidio di Keisuke e Daisuke.
Il romanzo affronta velatamente, nella prima parte del libro, la questione del bullismo e gli effetti che produce nella società giapponese, ponendo come risoluzione dei problemi l’insegnante, rappresentato dalla figura di Ichimura Shirō, sempre pronto ad aiutare e sostenere la studentessa disperata.
La lettura è semplice e scorrevole grazie allo stile di Yamada Yūsuke, che riesce a mantenere l’atmosfera di tensione e mistero fino all’ultimo, rendendo la storia intrigante. Anche il finale, apparentemente felice, lascia intendere al lettore che le vicissitudini potrebbero non essere finite.
Il libro non presenta attualmente una traduzione italiana.

Recensione di Luis Henrique Maio

Dios || Recensione

Per parlare del gruppo musicale “Dios” è fondamentale introdurre il chitarrista giapponese e membro fondatore del gruppo Ichika Nito, chitarrista divenuto famoso sui social grazie al suo stile estremamente tecnico a cui unisce il suo grande gusto melodico e la sua capacità di riempire gli spazi creando l’illusione con la sua chitarra di star suonando più strumenti contemporaneamente, creando a tratti atmosfere quasi da musica classica. Ichika Nito, che grazie al suo successo online è arrivato ad essere un chitarrista affiliato al marchio giapponese di chitarre e bassi Ibanez (アイバニーズ, Aibanīzu ), è oggi una delle influenze maggiori per tanti chitarristi in tutto il mondo.

Nel 2021, il chitarrista, insieme al cantante Tanaka (precedentemente noto come Boku no Lyric no Bōyomi), e all’eclettico musicista, compositore e beat maker Sasamomaly, forma il gruppo musicale Dios, che unisce J-pop, parti vocali rappate, J-rock, influenze R&B, creando uno stile ricco, variegato e moderno.

Il trio rilascia nel 2022 il proprio primo album CASTLE, che affronta varie tematiche relative alla sfera delle emozioni e relazioni umane, in cui spicca la voce al contempo delicata e potente del cantante Tanaka. Il lavoro presenta arrangiamenti di stampo pop spesso semplici ma efficaci, con cui contrastano le impressionanti parti di chitarra molto tecniche di Nito, che riesce a non perdere mai il grande senso melodico che lo contraddistingue. I suoni moderni di Sasamomaly concludono e riempiono il lavoro, rendendo sempre freschi ed estremamente orecchiabili i pezzi dell’album.

I video musicali del gruppo offrono un’esperienza audiovisiva dinamica e mai banale, come si può riscontrare nel loro primo singolo Runaway (逃避行) il cui video musicale è pubblicato su YouTube cliccando qui

Il gruppo, giovane e che ha finora rilasciato un solo album con i propri relativi singoli, non può che lasciare agli ascoltatori grandi aspettative per il loro futuro.

Recensione di Calogero Frangiamone