
Adachi Shin, nato nel 1972 nella prefettura di Tottori, è uno degli autori più originali e riconoscibili del panorama cinematografico giapponese contemporaneo. Sceneggiatore di successo e regista dalla sensibilità unica, Adachi si è costruito una carriera a partire dal margine, raccontando storie di personaggi scomodi, falliti, fragili ma profondamente umani. Il suo stile mescola umorismo grottesco, introspezione sociale e un’ironia tagliente, sempre accompagnati da un profondo affetto per i suoi protagonisti.
Dopo essersi laureato all’Istituto giapponese di cinema ed essersi formato come assistente alla regia, Adachi approfondisce il proprio percorso sotto la guida del regista Somai Shinji. I suoi primi passi lo vedono impegnato tra teatro e cinema, ma è con 100 Yen Love (2014) che arriva la svolta: un dramma sportivo che racconta la rinascita di una donna emarginata attraverso la boxe. Grazie a questa sceneggiatura, Adachi conquista importanti riconoscimenti, tra cui il Japan Academy Film Prize, e il film viene selezionato per rappresentare il Giappone agli Oscar. Anni dopo, la pellicola ispirerà anche il successo cinese YOLO, a dimostrazione del potere universale delle sue narrazioni.

Presentato quest’anno al FEFF, Good Luck (2024) segna il ritorno di Adachi Shin alla doppia veste di regista e sceneggiatore, con un road movie dall’atmosfera intima e sottile. Al centro della storia c’è Taro, un giovane regista bloccato dall’insicurezza e dalla passività, che viene invitato a presentare il suo documentario in una storica sala di Oita. Dopo una proiezione accolta con freddezza, Taro si ritrova inaspettatamente a condividere un viaggio con Sunahara Miki, una donna enigmatica conosciuta per caso. I due, tra incontri surreali e confessioni spontanee, si lasciano trascinare da una complicità fatta di tenerezza, ironia e disorientamento. Nessun sentimentalismo gratuito, nessun dramma lacrimevole: solo un legame genuino tra due persone alla deriva. Con questo film, Adachi adotta una comicità discreta, costruita su silenzi, tempi sospesi e momenti di assurda quotidianità, confermando la sua attitudine a sfidare le convenzioni narrative con grazia e intelligenza.
Al centro del cinema di Adachi ci sono personaggi fragili e disorientati: uomini inetti, confusi, fuori sincrono rispetto alla società che li circonda. Eppure, anziché condannarli, Adachi li accompagna con tenerezza, mettendone a nudo debolezze e insicurezze senza mai indulgere nel giudizio. Temi come il fallimento, l’isolamento, la pressione sociale o l’ansia creativa tornano spesso nei suoi racconti, affrontati con un’ironia malinconica che rimane sempre lontana dal cinismo.
Il suo attuale riconoscimento è il risultato di un percorso lungo e tutt’altro che lineare, segnato da fatica, perseveranza e da un’ostinata volontà di raccontare storie fuori dal coro. Cruciale, ha dichiarato oggi il regista al FEEF Talk – Japan, il supporto ricevuto da parte di sua moglie e producer Adachi Akiko, figura fondamentale per la vita e per la carriera di Adachi Shin
Oggi Adachi è una delle voci più originali del cinema giapponese contemporaneo: i suoi film mettono a fuoco l’inadeguatezza quotidiana, le relazioni incrinate, l’assurdità del vivere – ma lo fanno con grazia, evitando tanto il melodramma quanto la retorica. In un contesto dominato spesso da prodotti costruiti per piacere, Adachi continua a scegliere l’autenticità.
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