27 Luglio 2025 | Letteratura, Recensioni

Autore: Yoshida Shūichi
Traduttore: Gala Maria Follaco
Editore: Feltrinelli
Edizione: 2019
Scritto da Yoshida Shūichi, Appartamento 401 (titolo originale パレード, Parēdo) ottiene nel 2002 il premio Yamamoto Shūgorō e, grazie al regista Isao Yukisada, conquista anche il grande schermo nel 2009, aggiudicandosi il premio Fipresci alla sessantesima edizione del Festival di Berlino. Ambientato in una moderna Tokyo, il romanzo ama frugare nelle pieghe dell’esistenza urbana, dove l’ordinario, grazie allo sguardo attento dell’autore, si tinge lentamente di inquietudine.
La storia prende avvio in un appartamento di Tokyo, il 401, dove quattro giovani (Ryōsuke, Kotomi, Mirai e Naoki) convivono illegalmente tra silenzi e piccoli gesti quotidiani. Ognuno di loro porta con sé un bagaglio di insicurezze, desideri nascosti e una sete di comprensione che sembra destinata a rimanere inappagata. Le giornate scorrono lente tra università, lavoro, l’interminabile attesa di una chiamata che forse non giungerà mai e seri problemi di alcolismo. Eppure, nonostante i quattro condividano uno spazio così stretto, la distanza tra loro sembra incolmabile, impregnata da una glaciale indifferenza intiepidita solo da qualche scambio cortese.
L’arrivo di Satoru, un nuovo, improbabile coinquilino dal passato indecifrabile, rompe l’equilibrio già fragile introducendo nel microcosmo del 401 una presenza sfuggente e ambiguamente minacciosa. Mentre le dinamiche interne diventano sempre più tese, aggressioni a donne nel quartiere provocano nei ragazzi un sentimento che man mano si diffonde sempre di più: il sospetto che, uno di loro, sia il colpevole.
Dietro la superficie di un thriller domestico, Appartamento 401 è soprattutto un’indagine sul senso di alienazione che pervade le esistenze urbane. L’appartamento, spazio claustrofobico e condiviso, diventa metafora di una condizione esistenziale: convivere senza mai conoscersi davvero, comunicare senza mai capirsi fino in fondo. Perché a nessuno interessa veramente dell’altro o, forse, è impossibile scoprire cosa si cela davvero al di là delle maschere con cui ci confrontiamo ogni giorno.
È per questo che ognuno dei cinque capitoli si affida al punto di vista di uno dei protagonisti, offrendo al lettore prospettive frammentarie, talvolta contraddittorie. Ne emerge così un mosaico di percezioni in cui la verità non solo è sfuggente, ma addirittura costruita ad arte dallo stesso narratore per convincere gli altri e persino se stesso.
Tra i labili confini che separano realtà e percezione, le pagine si chiudono e a noi non resta che chiederci se, nel teatro della vita, sapremo mai andare oltre la recita. Ma, soprattutto, sarebbe opportuno interrogare il proprio riflesso. Abbiamo davvero la certezza che, chi ci osserva dall’altra parte del vetro, non lo stia facendo attraverso gli occhi di una maschera?
Recensione di Rachele Cesarini
20 Luglio 2025 | Senza categoria

Autore: Uketsu
Traduttore: Stefano Lo Cigno
Editore: Einaudi
Edizione: 2025
Strani disegni (変な絵), opera di Uketsu, è un romanzo dall’atmosfera oscura ed enigmatica. L’autore stesso è una figura misteriosa: dietro lo pseudonimo si cela un uomo dal volto coperto con una maschera bianca e corpo avvolto in una tuta nera. Uketsu non si è mai mostrato al mondo senza travestimento e la sua identità è nota a pochissime persone. Debutta su Youtube nel 2020 con il video surreale Henna Ie (変な家, La strana casa), che raccoglie animazioni rudimentali, disegni infantili e atmosfere disturbanti, pubblicato poi in forma di romanzo. Strani disegni è la versione aggiornata e ampliata del libro precedente ed è stata tradotta in più di trenta lingue.
Il romanzo si apre con una serie di disegni – scarabocchi infantili, schizzi agghiaccianti, diagrammi criptici – ognuno collegato a un evento oscuro: un blog con illustrazioni inquietanti, il disegno di un bambino tradotto come messaggio profetico, uno schizzo realizzato da una vittima negli ultimi istanti di vita. L’assenza di spiegazioni diventa una vera e propria fonte di terrore: l’orrore in Strani disegni nasce infatti dal non detto, dal vuoto. Questo è anche collegato all’anonimato dell’autore, che accentua l’inquietudine: anche dietro la maschera c’è silenzio e ambiguità.
Inizialmente, i capitoli sembrano essere storie separate: un lettore attira l’attenzione su un blog, una donna madre single vive nel terrore, uno studente scopre un collegamento tra un blog e ciò che accade intorno a lui. Tuttavia, l’autore intreccia questi fili con grande abilità: i personaggi – caratterizzati con uno stile essenziale e funzionale – si rivelano collegati attraverso motivi comuni e disegni che, messi in sequenza, rivelano l’identità di un assassino e il profondo legame tra vittime e carnefici. I disegni sono messaggi criptati, visioni premonitrici, diari visivi di eventi passati che diventano strumenti per la risoluzione del mistero.
Gli spazi liminali e vuoti, come corridoi, planimetrie distorte, scale infinite, creano un senso di inquietudine silenziosa e sottile senza cadere nel gore esplicito. Si tratta di una suspense che viene costruita lentamente, puntando su dettagli minimi: ogni parola, scarabocchio, appunto ha un peso e una sua funzione. I disegni, infatti, non si limitano a supportare il testo ma sono parte integrante della narrazione, vie d’accesso a importanti rivelazioni. L’integrazione dei disegni nella prosa rende il romanzo una lettura unica, che si allontana dai thriller convenzionali: Strani disegni può essere considerato un meta-thriller, dove l’interpretazione dei disegni contribuisce all’inquietudine percepita durante la lettura.
Uketsu riesce a traslare le atmosfere disturbanti e surreali dei suoi video in una prosa asciutta ed essenziale, in cui l’orrore non è esplicito e splatter ma mentale e sottile. La tensione lenta ma costante della narrazione, che cresce di capitolo in capitolo, porta il lettore a immergersi completamente nella storia per arrivare alla risoluzione del mistero. Non manca una sottile critica sociale, soprattutto attraverso l’analisi di rapporti familiari disturbati, del potere della comunicazione visiva e del controllo emotivo.
Recensione di Martina Benedetta Calabrese
13 Luglio 2025 | Letteratura, Recensioni

Autore: Yokoyama Hideo
Traduttore: Bruno Forzan
Editore: Mondadori
Edizione: 2018
Uno Sette (クライマーズ • ハイ, Climber’s High), è un thriller che esplora la cruda realtà giornalistica scritto da Yokoyama Hideo. L’autore, prima di dedicarsi alla scrittura a tempo pieno, è stato difatti per dodici anni giornalista d’inchiesta. La sua rigorosa etica del lavoro è riflessa nel comportamento ossessivo dei personaggi del romanzo, che sacrificano forze e vita sociale per il bene del giornale. Yokoyama morirà per un attacco cardiaco in seguito a una sessione di lavoro durata settantadue ore.
Kuzumasa Yūki è un giornalista del Kita Kantō Shinbun, un piccolo quotidiano locale che ogni giorno deve combattere per il miglior scoop contro altri giornali nipponici più influenti. Nel poco tempo libero che rimane dopo gli sfiancanti turni in redazione, Yūki coltiva la passione dell’arrampicata: a spronarlo c’è l’amico e collega Anzai, esperto nel campo. Insieme decidono di scalare il ripidissimo Tsuitate, chiamato anche “monte del diavolo” per il corposo numero di vittime cadute nel vuoto durante la scalata. Tuttavia, due catastrofi incombono all’orizzonte…
Il 12 agosto 1985 un Jumbo della Japan Airlines in volo da Tokyo a Osaka riporta dei problemi al velivolo, manda due comunicazioni urgenti, se ne perdono le tracce. Il giorno dopo, la scoperta della tragedia: l’aeroplano si è schiantato sul monte Osutaka con oltre 500 passeggeri a bordo, rendendolo il più grande incidente aereo mai accaduto. La redazione del Kita Kantō Shinbun elegge Yūki come responsabile del caso: nonostante le volontà dei piani alti di concentrarsi sulle breaking news sulla sciagura per tenere alto il nome della testata, più volte Yūki dimostrerà il suo interesse nel pubblicare notizie legate alla dimensione umanitaria dell’incidente, nell’intento di aiutare le famiglie delle vittime a superare la terribile e improvvisa perdita.
Attraverso le indagini sulla tragedia aerea e le interazioni tra Yūki e i suoi colleghi, emergono la sua infanzia travagliata e il rapporto tormentoso con il figlio Jun. Nonostante il desiderio del padre di riallacciare una relazione forse mai esistita, Jun è ormai un adolescente ribelle, irrequieto e che sembra considerare il padre una seccatura. Al contrario, Yūki sembra costruire un rapporto di giorno in giorno più profondo con il figlio di Anzai, Rintarō, che si aggrappa a lui come un’ancora dopo una disgrazia che ha stravolto la sua vita di dodicenne.
La vita personale di Yūki e le vicissitudini in redazione si intrecciano magistralmente per creare il complesso ritratto di un uomo che sta perdendo di vista ciò che è realmente importante. Un’infanzia tormentosa, un figlio acquisito e l’immagine del monte Tsuitate all’orizzonte: quanto il passato può condizionare l’uomo che vive nel presente?
Recensione di Martina Benedetta Calabrese
6 Luglio 2025 | Letteratura, Recensioni

Autore: Kyōtarō Nishimura
Traduttore: Igor Longo
Editore: Mondadori
Edizione: 1998
Un treno speciale dalla destinazione sconosciuta, con quattrocento fortunati passeggeri a bordo, parte dalla stazione di Tokyo la sera dell’8 agosto, con qualche minuto di ritardo. Una grande folla si era radunata sulla banchina per salutare amici e parenti, presto protagonisti di un viaggio verso l’ignoto. Il Treno del Mistero – così è stato chiamato – avrebbe dovuto fare ritorno la mattina del 10 agosto, se non fosse che quella che doveva essere una semplice trovata pubblicitaria delle Ferrovie dello Stato per cercare di aumentare le entrate, si trasforma in un vero e proprio incubo quando, senza alcuna apparente spiegazione, il convoglio sparisce.
È così che inizia il romanzo giallo di Kyōtarō Nishimura, Il treno del mistero (titolo originale: ミステリー列車が消えた) pubblicato in Giappone nel 1982. Nishimura è stato una figura centrale nel panorama del giallo giapponese moderno, soprattutto per l’innovativo sottogenere del travel mystery, il “giallo in viaggio”, a cui appartiene anche quest’opera. Infatti, il giallo è ricco di suspense e l’ambientazione delle ferrovie giapponesi fa sì che l’opera sia ricca di descrizioni dettagliate di linee, orari, diverse tipologie di convogli, grandi e piccole stazioni disseminate lungo tutto l’arcipelago.
La sparizione improvvisa del treno speciale rende necessario l’intervento della polizia, che scoprirà che l’intero treno e i suoi quattrocento passeggeri sono stati presi in ostaggio a scopo di riscatto. Si tratta di un’operazione che stupisce per la sua portata e per l’organizzazione minuziosa e scrupolosa, nonché ingegnosa, messa in atto dai rapitori: far sparire nel nulla un convoglio composto da dodici vagoni appartenente alle Ferrovie dello Stato, senza che nessuno se ne accorga, non è certo una cosa da poco.
Proprio per questo motivo, l’opera cattura sin da subito l’attenzione del lettore, anche grazie al ritmo della narrazione piuttosto serrato e incalzante, focalizzato principalmente sulla risoluzione della vicenda: i capitoli sono molto brevi e anche la scrittura, semplice, si concentra sugli aspetti essenziali, rendendo la lettura scorrevole. La vicenda viene narrata da vari personaggi, soprattutto dopo una partecipazione più seria nelle indagini anche da parte della sezione di Osaka, che aveva effettivamente organizzato l’itinerario del Treno del Mistero. Questa scelta offre una visione ancora più articolata degli eventi.
Viene sacrificata una maggiore caratterizzazione psicologica dei personaggi, di cui purtroppo si comprende poco. Per quanto i loro ragionamenti e le loro deduzioni a volte risultino geniali, rendendoli in grado, nonostante tutto, di mettere insieme ogni pezzo del puzzle e scoprire il profilo di ogni rapitore, una maggiore profondità emotiva e dei pensieri al di fuori della sola indagine emergono raramente.
La ricerca del Treno del Mistero è una vera e propria sfida contro il tempo, in quanto la polizia cerca di fare il possibile per risolvere il caso e liberare gli ostaggi prima che la notizia diventi di dominio pubblico e che scoppi lo scandalo. Si tratta di un giallo intrigante, adatto per chi ama restare con il fiato sospeso ed è affascinato dall’intreccio tra un viaggio ferroviario misterioso e una scomparsa altrettanto misteriosa e sconvolgente.
Recensione di Valeria Varrenti
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