Ciao a tutti e ben tornati su Takamori! Oggi tratteremo di “Asako I e II”, in originale “Netemo Sametemo”, un dramma romantico del 2018 diretto da Hamaguchi Ryūsuke. La pellicola tratta di Asako, una ragazza che si innamora a prima vista di Baku e inizia una relazione con lui nonostante una sua amica la avvisi che Baku è un uomo molto volatile. Questo avvertimento si avvera quando Baku la abbandona per ben due volte, senza alcun preavviso e senza mantenere i contatti. Anni dopo, Asako incontra un uomo chiamato Ryohei, che assomiglia così tanto a Baku che lei lo scambia per l’uomo di cui si era innamorata. Tuttavia, si scopre essere una persona completamente diversa. Da qui, Asako dovrà imparare a navigare i suoi sentimenti per questi due uomini apparentemente simili ma con un comportamento del tutto diverso l’uno dall’altro. Il film è basato su un libro del 2010 di Shibasaki Tomoka ed è stato acclamato anche internazionalmente, tanto da essere nominato per la Palma d’Oro al Festival di Cannes. Se volete sapere di più sui film giapponesi, continuate a seguirci sui nostri canali social!
Bentrovati! Oggi vi parleremo di Ogigami Naoko. Nasce nel 1972 nella prefettura di Chiba, a Sud-Est di Tokyo, dove rimane fino al termine degli studi giovanili presso il Dipartimento di Image Science. Durante questi anni sviluppa il suo interesse per la cinepresa che la porta a migrare a fine anni ‘90 verso Los Angeles, laureandosi nel 2000 alla Scuola di Cinema della University of Southern California. Rientrata in Giappone, inizia la sua carriera all’interno della produzione indipendente. La produzione cinematografica della regista comprende 8 film, realizzati tra il 2004 e il 2017, i quali vengono definiti come “iyashi-kei eiga” (“film di guarigione emotiva”). I suoi lavori hanno riscosso successo sia del pubblico che della critica, vincendo premi importanti al PIA Film Festival e al Festival di Berlino. Se volete saperne di più su Naoko Ogigami e la sua filmografia, continuate a seguirci! A presto!
Regia: Otomo Keishi Durata: 168 min Anno di uscita: 2023 Attori principali: Kimura Takuya, Ayase Haruka, Nakatani Miki Genere: Dramma, Storico, Romance, Comedy
In onore del 70° anniversario dello studio Toei, il film The Legend & Butterfly è stato prodotto dai migliori cast e staff del cinema giapponese. Con un costo totale di produzione di 2 miliardi di yen, questo grande successo emozionante è stato proiettato durante il Far East Film Festival 25 in anteprima nazionale, raccontando la storia sconosciuta del noto e leggendario Nobunaga Oda e della misteriosa Lady Nō (Nōhime) conosciuta anche come Kichō, la moglie legale di Nobunaga. Il suo nome completo era Kichō, ma poiché proveniva dalla provincia di Mino, è più comunemente nota come Nōhime (“Signora di Mino”). Era famosa per la sua bellezza e astuzia, perfettamente trasmessa dall’attrice Ayase Haruka all’interno del film. “The Legend & Butterfly” trova senza dubbio il suo centro nella fiction ma si distingue per la sua accurata ricostruzione storica e per la riuscita rappresentazione dei personaggi principali. La storia si concentra sulla figura di Nobunaga, interpretato da Takuya Kimura, che offre una performance multiforme e convincente. Nobunaga è ritratto come un personaggio sfaccettato, spesso crudele, ma anche intelligente, razionale, divertente, emotivo e persino commovente. Oltre alla figura di Nobunaga, il film propone un personaggio altrettanto interessante: Lady Nō, interpretata da Haruka Ayase. Nonostante la scarsa documentazione storica sulla vera personalità di Lady Nō, i registi hanno creato una figura affascinante e determinata, in linea con la tradizione delle onna-musha, le donne guerriere. La loro relazione è al centro della narrazione e il loro evolversi, da sconosciuti scontrosi ad alleati riluttanti, fino ad amanti appassionati, è raccontato con grande sensibilità e maestria. Il film non è solo una ricostruzione storica, ma anche una romantica storia d’amore tra i due. Le scene d’azione non appaiono spesso ma la loro mancanza non rappresenta un difetto, poiché consente di concentrarsi sulla presentazione dei personaggi e sulla relazione che cresce e si sviluppa nel corso del film. Ciò che emerge è una rappresentazione emotivamente coinvolgente e convincente della storia d’amore tra Nobunaga e Lady Nō.
La performance impeccabile degli attori e la regia attenta e sensibile rendono The Legend & Butterfly un film imperdibile per gli appassionati di storia giapponese e di storie d’amore. La storia inizia con il matrimonio politico nel 1549 tra il figlio del signore della provincia di Owari, Nobunaga, e Nōhime, figlia del signore della provincia di Mino soprannominato “La Vipera”. Nobunaga è erede del dominio di Owari e si dimostra fiero e arrogante, ma anche eccentrico, divertendosi con i suoi servitori e vestendo in modo sgargiante ma trasandato. Nōhime lo considera in un primo momento un uomo infantile e testardo. La svolta avviene nel 1560 quando Nobunaga, ormai signore di Owari, si trova di fronte a un’armata assai più grande della sua. I suoi servitori non hanno fiducia in lui e la situazione sta per aggravarsi ma Nōhime propone un geniale piano di battaglia e aiuta a mettere insieme Nobunaga un discorso per motivare le truppe. Le sue idee si rivelano brillanti e Nobunaga si rende conto che la sua moglie, anche se difficile da gestire, ha le sue utilità. Il film poi passa alla lunga e sanguinosa lotta di Nobunaga per distruggere i suoi nemici e unificare il Giappone, dove gli anni scorrono rapidamente. Lungo il cammino, Nobunaga e Nōhime finalmente si connettono romanticamente durante una giornata in città dopo essersi travestiti da campagnoli e riversati nella folla. Da qui in poi la loro storia segue un percorso romantico convenzionale, con i suoi alti e bassi nel corso degli anni.
Titolo originale: 男はつらいよ (Otoko wa tsurai yo) Regia:Yamada Yōji Durata: 91 minuti Attori principali: Atsumi Kiyoshi, Baishō Chieko, Mitsumoto Sachiko, Ryū Chishū, Shimura Takashi, Maeda Gin Anno: 1969
Proiettato in occasione del tributo a Baishō Chieko durante il Far East Festival 25, Tora-san, Our Lovable Tramp – primo film di una delle lunghe e iconiche serie dirette da Yamada Yōji – è stato selezionato personalmente dalla sopra citata leggendaria attrice, fresca di Palmo d’Oro alla carriera, grazie al quale il ruolo di Sakura, da lei interpretato, sorella minore del protagonista della pellicola, ha consolidato la sua posizione nell’albo d’oro della storia del cinema giapponese e le ha garantito fama mondiale.
Viene introdotto per la prima volta un personaggio destinato a diventare un simbolo nazionale; il suo nome è Kuruma Torajirō, detto Tora, venditore ambulante che gira per tutto il Giappone, interpretato dallo splendido e impeccabile Atsumi Kiyoshi. Il portamento pesante e goffo, il modo di rivolgersi agli altri eccessivamente diretto e grossolano, il carattere rozzo e la sua immaturità, dietro cui si cela un grande cuore, hanno contribuito alla creazione di una vera e propria icona – come Totò in Italia o Charlie Chaplin in Inghilterra – destinata a entrare indelebilmente nell’immaginario giapponese, accompagnando gli spettatori dal 1969 al 1995 nelle sue avventure proiettate in ben 48 episodi.
La caratterizzazione caricaturale e leggera di Tora trova subito spazio nella primissima scena, dove si presenta rivolgendosi allo spettatore con un voiceover eccentrico, in cui racconta di essere nato e cresciuto nel quartiere di Shibamata, nello shitamachi di Tokyo. Dopo un litigio con il padre, lasciò improvvisamente famiglia e città e girò tutto il Giappone diventando, come anticipato prima, un venditore ambulante. Dopo vent’anni di assenza, durante i quali tutti gli abitanti del quartiere pensavano che fosse morto, guidato dalla nostalgia torna nel suo luogo di nascita, dove viene accolto dagli zii e dalla sorella minore, Sakura. Quest’ultima, dopo la morte dei genitori, lavorava in un’azienda di elettronica; il suo datore di lavoro aveva organizzato per lei un matrimonio con un collega. In occasione dell’omiai, l’incontro formale dei promessi sposi insieme alle famiglie e a un intermediario, Tora prende il posto dello zio, ancora alle prese con i postumi della sbornia del giorno precedente, e manda all’aria ogni speranza di successo dell’incontro, conseguenza del suo fare bambinesco e scurrile, a cui si accompagnano battute squallide e uno stato di ubriachezza che sortiscono un effetto comico arricchito anche dal linguaggio del corpo e dal tono di voce. Tornati a casa dopo l’infausta brutta figura, Tora litiga con gli zii e decide di partire di nuovo, dirigendosi a Nara, dove incontra Fuyuko, figlia del sacerdote del tempio. Il suo aspetto esteriore elegante e le maniere aggraziate – tipiche dell’ojōsan – affascinano e fanno innamorare Tora, il quale torna a Shibamata accompagnando la giovane ragazza e il padre in occasione della visita al negozio di dango, gestito dai suoi zii. Da questo momento la vita di Tora sarà contraddistinta da momenti significativi, con le prospettive matrimoniali della sorella e il corteggiamento di Fuyuko, che lo metteranno davanti a delle decisioni delicate in cui vengono fuori la sua empatia e gentilezza, finora celate dai suoi modi zotici.
Il mondo di Tora fluttua tra un Giappone in via di modernizzazione e richiami nostalgici al passato; in un contesto storico dove il paese si trovava impoverito di stimoli e ideali, Yamada Yōji riporta sullo schermo i valori cardine della tradizione e della cultura giapponese, come la famiglia e gli affetti, che mirano a far riscoprire allo spettatore quella semplicità andata perduta nel secondo dopoguerra. La volontà di attingere alla tradizione non è però un mero e disperato tentativo, fine a se stesso, di recuperare uno spirito ormai perduto; il contrasto con l’approccio alla modernità è inevitabile, e in questo ambito il ruolo di Sakura tratteggia un delicato e graduale mutamento del ruolo della donna, membro attivo della società con un lavoro e una propria indipendenza. La giovane, infatti, si oppone ai matrimoni combinati, pur mantenendo una dedizione e una cura encomiabili verso la famiglia, accogliendo e accettando Tora nei suoi pregi e difetti e proteggendolo da un contesto dove il suo desiderio di integrarsi nella società non può avverarsi.
Cinema popolare e autorialità si armonizzano, così come modernità e tradizione; Yamada attinge alla classicità nella squisita successione di sequenze comiche, e cura molto lo stile nelle inquadrature e nella fedelissima ed elegante ricostruzione dello shitamachi,; d’altra parte, la dinamicità della narrazione e la sentimentalità dei personaggi aderiscono all’inquietudine del periodo, conferendo all’opera un rilevante realismo.
In conclusione, le diverse ispirazioni di Yamada nell’ambito cinematografico, storico, sociale e culturale confluiscono in un classico che trascende tempo e luogo, che risuona nel cuore di tutti coloro che accompagnano Tora nel suo lungo viaggio.
Fetch è il settimo album che sancisce il ritorno alle scene dei Melt-banana: una delle band cardine della scena Japanoise a cavallo tra il millennio che, già dai primi anni, ha catturato l’attenzione degli appassionati occidentali. Il gruppo ricompare dopo sei anni dall’uscita di “Bambi’s Dilemma”, che costituisce una sorta di partentesi catchy della loro discografia. I motivi per questa lunga pausa sono principalmente due: alcuni tour all’estero, come quello negli Stati Uniti con i Tool, i Melvins e Lou Reed; ma soprattutto il disastro della centrale nucleare di Fukushima. Sebbene l’evento non abbia avuto delle ripercussioni evidenti sulla vita dei musicisti, la cantante Onuki ha affermato che quell’evento ha provocato un blocco creativo nella scrittura delle canzoni e di conseguenza ha ritardato la lavorazione in studio. Per quest’occasione il duo di Tokyo effettua un ritorno alle origini, agli stessi Melt-banana che negli anni ‘90 si sono fatti conoscere nel panorama underground internazionale. Il disco, pubblicato dall’A-ZAP Records, è composto da dodici tracce che variano da una durata di un minuto e mezzo a quasi cinque minuti, sperimentando in questo modo sulla forma canzone. Il primo brano, che è anche il più streamato sulle piattaforme, è “Candy gun”: si apre con un lungo intro della chitarra di Agata, che simula il rumore delle onde del mare, in puro stile noise e shoegaze, per poi essere infranto dal cavalcante groove di basso. Altri brani degni di nota sono “My missing link”, la sesta traccia, che spicca per le atmosfere dark e inquiete (“Where to find that peaceful factor?”) e “Zero”, una ballata dance dalle venature post- punk con cui si conclude il disco. Ci viene presentato un noise-core caotico e frenetico, che riprende il filo del discorso lasciato in sospeso con “Cell-scape” (2003); ma questa volta il sound complessivo è più pensato ed elaborato, con una produzione che si dimostra di alto livello rispetto ai precedenti dischi. Agata sperimenta ulteriormente con l’effettistica della sua chitarra: in molte tracce sovrappone tre riff apparentemente inconciliabili costruendo un disorientante muro sonoro che avvolge la canzone, in linea con l’industrial-rock degli anni ‘80. Batteria e basso, programmati al computer dallo stesso Agata, creano improvvisi cambi di dinamica: il flow si spezza e ricomincia ripetutamente dando un senso di allegra instabilità e, talvolta, di apnea. Se la batteria è una raffica di spari che alterna rullate a frenate brusche, il basso è forse lo strumento che più si preoccupa di riallacciarsi all’hardcore-punk classico dei Fugazi e dei Black Flag, e allo stoner-rock dei Fu Manchu. La voce di Onuki contribuisce a dare un’anima selvaggia a tutto il disco con il suo timbro squillante e alieno.
Per quanto può essere assurda la musica che il duo propone, l’ascoltatore viene inevitabilmente catturato e coinvolto nel loro turbine nevrotico e gioioso. In sostanza i Melt-Banana si rinnovano, si evolvono per rimanere sempre coerenti con sé stessi, riconfermando così il posto che gli spetta nella scena j-rock.
Asokonoseki è un romanzo horror pubblicato nel 2003 da YamadaYūsuke. La storia narra le vicende della liceale Seto Kana, trasferitasi a Tokyo da Shizuoka a causa del lavoro del padre. Giunta nella nuova scuola, Kana si siederà a sua insaputa nel banco maledetto, così chiamato dagli studenti della classe perché le persone che si sedettero lì prima di lei finirono per scomparire, suicidarsi o impazzire. Come le altre, anche la protagonista comincerà a subire gli stessi tormenti: riceverà chiamate sconosciute e foto di sé stessa in continuazione. Kana è sul punto di crollare mentalmente, quando il Professor Ichimura, accortosi della situazione, decide di aiutarla e di indagare più a fondo sulla questione, essendo poco convinto dell’esistenza di fenomeni paranormali. Nell’indagine scopriranno che, eccetto la prima studentessa scomparsa, tutte le altre, proprio come Kana, erano state invitate al Karaoke dagli stessi compagni di classe Oki Keisuke, Inoue Daisuke e Kawakami Junko, che la protagonista reputò amici fino ad allora. Proseguendo, scopriranno anche che i tre avevano un legame con la prima studentessa scomparsa, Seki Ayano, e con lo studente Tsuchiya Hiroki, compagno di classe di Kana seduto sulla sua sinistra e prima persona che le rivolgerà la parola. Ichimura e la protagonista sono ormai sul punto di risolvere il mistero, ma la situazione peggiora con la scomparsa di Junko e l’omicidio di Keisuke e Daisuke. Il romanzo affronta velatamente, nella prima parte del libro, la questione del bullismo e gli effetti che produce nella società giapponese, ponendo come risoluzione dei problemi l’insegnante, rappresentato dalla figura di Ichimura Shirō, sempre pronto ad aiutare e sostenere la studentessa disperata. La lettura è semplice e scorrevole grazie allo stile di Yamada Yūsuke, che riesce a mantenere l’atmosfera di tensione e mistero fino all’ultimo, rendendo la storia intrigante. Anche il finale, apparentemente felice, lascia intendere al lettore che le vicissitudini potrebbero non essere finite. Il libro non presenta attualmente una traduzione italiana.
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