Confessioni di una maschera – Mishima Yūkio || Recensione

Autore: Mishima Yūkio

Titolo originale: 仮面の告白 (Kamen no Kokuhaku)

Editore: Feltrinelli

Collana: Universale economica Feltrinelli

Traduzione: Marcella Bonsanti

Edizione: 2021

Pubblicato originariamente nel 1949, “Confessioni di una maschera” è un racconto dell’autore Yūkio Mishima. Secondo romanzo del famoso scrittore, è considerato una delle sue opere più celebri e influenti, seppure tra le prime, e figura indubbiamente tra i classici della letteratura giapponese moderna. Il romanzo è una storia semi-autobiografica che esplora i temi dell’identità, della sessualità e delle aspettative sociali nel Giappone del secondo dopoguerra.

TRAMA

La storia è narrata in prima persona, quasi fosse una raccolta di memorie, da un giovane giapponese che rimane senza nome per tutta la storia. Fin dalla tenera età, egli si rende conto di essere diverso. 

“L’odore di sudaticcio dei soldati – quell’odore simile a una brezza di mare, simile all’aria, avvampante d’oro, che sovrasta la spiaggia – mi colpiva le narici e mi ubriacava. Questo fu probabilmente il mio più remoto ricordo di odori. Superfluo dire che in quell’epoca l’odore non poteva avere alcun rapporto diretto con sensazioni sessuali, ma destò effettivamente in me, graduale e tenace, una voglia sensuosa di un certo numero di cose, come il destino dei soldati, la natura tragica del loro mestiere, le contrade lontane che avrebbero visto, i modi in cui sarebbero morti…”

Egli si rende infatti conto di essere non solo omosessuale, ma anche di avere propensioni per il sadomasochismo. Formante in questo aspetto è un’esperienza ben precisa: un giorno, mentre sfoglia un’enciclopedia d’arte illustrata, i suoi occhi si fermano su un’immagine del San Sebastiano di pittore Guido Reni. Alla vista della pallida carne trafitta da frecce, il protagonista la trova bellissima e sente risvegliarsi in lui un’attrazione, una forza carnale e pagana, che lo porta ad eccitarsi. Da allora si ritrova spesso a ripensare alla scena del martirio, immedesimandosi sia nella figura del santo, sia in quella del carnefice.

Entrato nell’ambiente scolastico, egli si rende ancora di più conto delle differenze tra lui ed i suoi compagni in termini di desideri e fantasie sessuali. In particolare, racconta del suo primo amore per un compagno di scuola: Omi.

“Repentinamente, i suoi guanti di cuoio, inzuppati di neve, scattarono contro le mie guance. Schizzai da un lato. Una cruda sensazione carnale divampò dentro a me, m’impresse le guance di un marchio rovente. Mi sorpresi a fissare il mio compagno con occhi lucidi, cristallini… Fu allora che mi innamorai di Omi.”

Egli si sente costretto a nascondere il suo vero io dietro una maschera metaforica, creando un personaggio conforme alle aspettative della società. Ma nonostante i suoi diversi tentativi, non riesce mai a provare per le donne lo stesso erotismo che prova nei confronti degli uomini. Anzi, precisa sempre come il primo possa raggiungere al suo massimo una fascinazione, un apprezzamento sul piano estetico e della bellezza, ma mai un amore.

Questo conflitto interno tra il suo vero io e la maschera che indossa costituisce il tema centrale del romanzo. Nel corso della storia, Mishima esplora le lotte del protagonista con la propria identità, le sue complesse relazioni con gli altri e la sua crescente consapevolezza dei diversi volti che le persone indossano nella loro vita quotidiana al fine di conformarsi. Il romanzo scava in profondità nella psiche del protagonista alle prese con i suoi desideri, la sua alienazione dal mondo circostante e la sua ricerca di autenticità.

ANALISI

Confessioni di una maschera è famoso per la sua esplorazione introspettiva e psicologica del tumulto interiore del protagonista e per il suo commento sulle aspettative della società, sulla repressione e sulle complessità dell’identità. Per la stesura del romanzo, Mishima ha tratto forte ispirazione diretta dalla propria vita e dalla propria esperienza. Questo appare palese, nonostante il protagonista rimanga anonimo per l’intera narrazione.

Lo stile di Mishima è altamente poetico e si caratterizza per la sua natura introspettiva. In questa narrazione intrisa di ricordi e impressioni personali, l’autore predilige l’uso di analogie, simboli e associazioni di immagini. Mishima in particolare, rispetto agli altri maggiori autori giapponesi, si mostra capace, partendo da esperienze concrete, reali e spesso crude, di passare a ragionamenti dalla profonda natura filosofica. La sua prosa non lesina di affrontare questi temi in modo diretto e onesto, un fatto piuttosto innovativo per l’epoca. 

In questo libro in particolare, si mostra capace di affrontare temi profondamente scomodi, controversi e carnali, usandoli come spunti per complesse ed intime riflessioni, nonché per parlare dell’esperienza umana con parole di una bellezza vivida e sconcertante. 

Lo sguardo in prima persona è essenziale al fine di raggiungere una più profonda esplorazione psicologica del protagonista. Esso offre uno sguardo intimo sul suo mondo interiore e sull’evoluzione del suo io. Tramite lui si analizzano l’essenza dell’identità e dell’individualità all’interno del contesto storico e sociale del Giappone della metà del Novecento.

“Il sole del pomeriggio batteva senza sosta la superficie del mare, e tutta la baia er a un’unica, stupenda distesa di fulgore. All’orizzonte campeggiavano alcune nuvole estive, ferme nel silenzio, immergendo parzialmente in acqua le forme sontuose, funeree, profetiche. I muscoli delle nuvole erano pallidi come alabastro.”

Il romanzo è stato tradotto in decine di lingue ed è considerato tra le opere più importanti dell’autore. D’altronde, Mishima ha sempre riscosso un enorme successo in Occidente, rimanendo fino ad oggi lo scrittore giapponese più tradotto nel mondo, dove continua a essere studiato e celebrato per il suo significato letterario e per il suo contributo alla comprensione delle tematiche LGBTQ+ nella letteratura e nella società giapponese moderna. 

Al contrario, la sua popolarità si figura come estremamente scarsa nello stesso Giappone, dove la sua vita trasgressiva ed i temi apertamente affrontati nei suoi scritti sono stati a lungo visti con ostilità. Ancora oggi in Giappone è estremamente raro trovare Mishima tra gli autori affrontati nei programmi scolastici e molti sono i giapponesi che non hanno mai nemmeno sentito nominare lo scrittore. 

Si tratta di un libro potente, controverso, irriverente, provocante, e allo stesso tempo profondo, seducente, lirico. In una parola: sublime.

Recensione di Lorenzo Bonfatti

Ad alta voce || Mondadori Book Mestre – 13 ottobre 2023

L’associazione Takamori è lieta di annunciarvi che verremo ospitati il 13 ottobre alle 18.30 presso il Mondadori Bookstore Mestre per la rubrica di eventi “Ad alta voce“, uno spazio in cui parleremo de “Il teatro fantasma” di Yokomizo Seishi edito da Sellerio editore.

Vi aspettiamo e vi rimandiamo alla nostra personale recensione del libro!

Yuuri || J-Sound Takamori

Bentornati a un altro appuntamento con Takamori J-Sound! In questo short vi parleremo dell’artista giapponese Wagakki Band.

Yuri è un cantautore originario della prefettura di Chiba, comincia la sua carriera per strada cantando fra le vie di Shibuya a Tokyo, debuttando ufficialmente nel 2020 con il singolo Peter Pan, rivelandosi fin da subito una delle voci più interessanti del panorama J-POP.

Continuate a seguirci per altri contenuti sulla musica giapponese!

Un’estate a Zushi – Tachibana Sotoo || Luni Editrice

L’associazione Takamori è lieta di segnalarvi il seguente testo pubblicato sul sito Web della Luni Editrice

L’opera di Tachibana Sotoo viene qui presentata per la prima volta al lettore italiano attraverso due racconti scritti nella seconda metà degli anni Trenta del Novecento.

Un’estate a Zushi è un racconto di fantasmi pubblicato nell’agosto del 1937. L’ambientazione nel cimitero di uno sperduto tempio di montagna, la presenza di figure sinistre e la suspense creata dallo sviluppo della narrazione fanno rabbrividire il lettore, che tradizionalmente cercava un po’ di refrigerio dalla calura estiva anche attraverso l’ascolto o la lettura di storie di paura.

Nonostante sia palpabile la tensione creata dall’entrata in guerra del Giappone contro la Cina, la triste vicenda del giovane principe indiano è l’occasione per descrivere non solo le condizioni politiche e sociali dell’India dell’epoca, ma anche il caleidoscopico paesaggio urbano della Tokyo di quegli anni, soprattutto i quartieri di intrattenimento con i cineteatri, i bar affollati di stranieri e gli spettacoli di rivista. Un mondo destinato a spegnersi di lì a poco nel periodo più buio del secondo conflitto mondiale.

Pur appartenendo a generi diversi, i due racconti sono accumunanti dalla presenza di una voce narrante spontanea, a tratti poetica e intimista, talvolta mordace e greve. Spesso sembra coincidere con quella dell’autore per la sapiente mescolanza di realtà e finzione letteraria […]

Per continuare premere sul link inserito ad inizio pagina. A presto con nuove pubblicazioni!

No longer human || Recensione

Regista: Ninagawa Mika

Anno: 2019

Durata: 2 ore

Genere: Drammatico, romantico

Attori principali: Oguri Shun, Nikaidō Fumi, Sawajiri Erika, Miyazawa Rie

No longer human di Ninagawa Mika è un film che, riprendendo il titolo di uno dei più celebri romanzi di Dazai Osamu, mostra la vita dello scrittore stesso e di come è arrivato a scrivere i suoi due romanzi di più grande successo: Shayō (Il sole si spegne) e Ningen shikkaku (Lo squalificato, traduzione italiana di No longer human).

La vita dissoluta, fatta di alcol, droghe e donne che lo distraggono dalla vita da padre di famiglia, porta ad una costante ricerca del malessere, l’unico che gli permette di scrivere i suoi capolavori. Sono le sue esperienze negative che gli permettono di essere l’autore che è.

Fin dai primi minuti si capisce che la sua vita è bloccata in un vortice da cui non riesce ad uscire, sempre lontano dalla famiglia. Nonostante la vita sfrenata fatta di debiti e tradimenti, la moglie Michiko è sempre pronta a riaccoglierlo a casa, pur sapendo delle sue relazioni parallele. Due in particolare sono presentate: quella con Ota Shizuko (interpretata da Sawajiri Erika) e quella con Yamazaki Tomie (interpretata da Nikaidō Fumi).

La prima relazione sarà quella che ispirerà Shayō, grazie al diario di Shizuko, la quale, in cambio del favore di far leggere il suo diario a Dazai, chiede dallo scrittore un figlio. Nonostante la riluttanza, lui acconsente. Dopo aver mantenuto la promessa di mettere incinta la ragazza, scrive il suo romanzo, ottenendo un enorme successo di pubblico. Non mancano le critiche da parte di Mishima Yukio e Kawabata Yasunari.

Nonostante il grande successo, Dazai non riesce a farsi pubblicare facilmente, in quanto si trova in un periodo caratterizzato dalla sfiducia negli intellettuali e dalla disillusione generale in seguito alla seconda guerra mondiale.

In una delle varie serate per locali, incontra Tomie, con la quale inizia una relazione che durerà fino al suicidio dei due, seguendo una promessa che si sono fatti: Dazai deve scrivere il suo ultimo capolavoro e poi possono lasciarsi morire per abbandonare quella vita di malessere e vivere insieme nella morte.

La moglie, per poter pagare i debiti del marito, lo forza a distruggere la famiglia che entrambi hanno creato per poter scrivere l’ultimo capolavoro, anche per potersi liberare dalla grande sofferenza che le comporta vedere il marito con altre donne.

Dopo la stesura di Ningen shikkaku, arriva il momento per i due amanti di suicidarsi, anche se Dazai non sembra convinto della conferma che dà all’amante alla sua rinnovata richiesta di morire insieme. Tuttavia, l’autore mantiene la promessa e i due si buttano nel bacino di Tamagawa.

Con la prima amante, viene presentato in modo esemplare il periodo di transizione in cui si trova il Giappone: Dazai Osamu indossa ancora gli abiti tradizionali, sempre di colore scuro, austeri, mentre Shizuko indossa abiti occidentali dai colori accesi. Ciò sta a rappresentare anche la visione che la ragazza ha della vita: nonostante l’abbandono che subisce da parte dell’autore che lei tanto ama, prosegue la sua vita felicemente con la figlia.

Al contrario, si possono notare dei toni più scuri negli abiti occidentali della seconda amante, infatti sarà con lei che Dazai si toglierà la vita.

Si possono notare alcune somiglianze tra la vita dell’autore rappresentata nel film e Shayō: la moglie Michiko potrebbe essere vista come l’ultima vera donna giapponese, dedita ai figli e alla casa e sempre in abiti tradizionali, anche se non aristocratica, come nel caso invece della madre della protagonista del romanzo; la scena che vede Dazai bere insieme agli altri clienti del locale ignorando la presenza di Shizuko, già incinta e alla quale viene chiesto se vuole mangiare dei noodles nell’attesa, che è molto simile a quella che vede la protagonista di Shayō, Kazuko, aspettare che il suo amato Uehara, anche lui sposato, si allontani dagli intellettuali con cui sta bevendo, sempre mangiando noodles.
Le idee di distruzione e nichilismo necessarie a Dazai per scrivere un capolavoro, che vengono portate avanti dall’inizio alla fine del film, vengono espresse visivamente in una delle ultime scene. Durante la stesura di Ningen shikkaku, la stanza che circonda l’autore di disassembla in uno spazio indefinito, fino a raggiungere la sua essenza, ovvero la struttura in legno che la compone.