King Gnu – Ceremony || Recensione

Parlando di J-pop e J-rock non si possono non citare i King Gnu, una tra le band giapponesi emergenti più di successo dell’ultimo decennio. Nascono nel 2013 dalla mente del chitarrista e voce principale del gruppo Tsuneda Daiki, che battezzò la band dapprima con il nome “Mrs.Vinci”, salvo poi nel 2017, con il graduale inserimento degli attuali altri tre membri del gruppo, cambiarne il nome in King Gnu.

Il gruppo aveva già acquisito un certo successo con I precedenti album Tokyo Rendez-Vous (2017) e Sympa (2019) ma è con il loro ultimo album Ceremony uscito nel 2020, che il gruppo compie il vero salto qualitativo, arrivando in quell’anno a piazzarsi sesti nella classifica degli album più venduti in Giappone, e decimi a livello di vendite mondiali.

L’album, così come la loro musica, è un misto eclettico di vari generi musicali tra cui J-rock, J-pop, Pop rock, elettronica, che permettono al gruppo di spiccare per la loro creatività e originalità nel creare arrangiamenti musicali unici e sperimentali che emanano una forte energia e vivacità.

Ceremony nello specifico è composto da 12 tracce, di cui una intro e una outro. Tra queste spiccano diversi brani tra cui:

  • Teenager Forever, dal tono vibrante, energico, scanzonato, analizza temi legati all’adolescenza e alla transizione verso l’età adulta, caratterizzati da numerose incertezze verso il futuro e verso le proprie capacità di affrontarlo. La canzone però invita, con il suo tono leggero e scanzonato, a soppesare meno tali preoccupazioni e a focalizzarsi invece sul presente e sulle piccole cose, che dopotutto, sono ciò che veramente ci possono rendere felici.
  • Hakujitsu (白日), in assoluto la hit per eccellenza del gruppo con oltre 162.300.00 ascolti su Spotify, e non a caso, visto che è probabilmente il vero fiore all’occhiello di Ceremony, che mescola un sound emotivo, ma allo stesso tempo coinvolgente, energico e incredibilmente catchy, e che rappresenta un’ode all’ottimismo invitando l’ascoltatore a guardare al futuro con speranza e positività, nonostante gli ostacoli che inevitabilmente ci saranno e i rimpianti passati.
  • Hikōtei (飛行艇), dal sound più potente e ambizioso dei brani precedentemente citati, invita l’ascoltatore ad alzarsi metaforicamente in volo, come un idrovolante, lasciandosi trasportare dal vento e dal vasto cielo, metaforicamente rappresentati come un’opportunità di libertà e realizzazione personale che si può attuare solo esplorando l’ignoto e abbracciando le incertezze del futuro. L’invito è quello di “Rock your life” ovvero di vivere la propria vita con passione ed entusiasmo, abbracciando la vita e ciò che comporta senza timore delle proprie imperfezioni e di godere sia dei successi che dei fallimenti.

In generale i King Gnu rappresentano una pietra miliare del panorama J-rock e J-pop contemporaneo, rientrando sicuramente di pieno merito tra le band giapponesi emergenti più interessanti degli ultimi anni. Per tale ragione invitiamo i nostri lettori a farsi un favore e a fiondarsi subito all’ascolto, nonché invitiamo a “Rock your life”! In pieno stile King Gnu.

Recensione di Giuliano Defronzo

Dios || Recensione

Per parlare del gruppo musicale “Dios” è fondamentale introdurre il chitarrista giapponese e membro fondatore del gruppo Ichika Nito, chitarrista divenuto famoso sui social grazie al suo stile estremamente tecnico a cui unisce il suo grande gusto melodico e la sua capacità di riempire gli spazi creando l’illusione con la sua chitarra di star suonando più strumenti contemporaneamente, creando a tratti atmosfere quasi da musica classica. Ichika Nito, che grazie al suo successo online è arrivato ad essere un chitarrista affiliato al marchio giapponese di chitarre e bassi Ibanez (アイバニーズ, Aibanīzu ), è oggi una delle influenze maggiori per tanti chitarristi in tutto il mondo.

Nel 2021, il chitarrista, insieme al cantante Tanaka (precedentemente noto come Boku no Lyric no Bōyomi), e all’eclettico musicista, compositore e beat maker Sasamomaly, forma il gruppo musicale Dios, che unisce J-pop, parti vocali rappate, J-rock, influenze R&B, creando uno stile ricco, variegato e moderno.

Il trio rilascia nel 2022 il proprio primo album CASTLE, che affronta varie tematiche relative alla sfera delle emozioni e relazioni umane, in cui spicca la voce al contempo delicata e potente del cantante Tanaka. Il lavoro presenta arrangiamenti di stampo pop spesso semplici ma efficaci, con cui contrastano le impressionanti parti di chitarra molto tecniche di Nito, che riesce a non perdere mai il grande senso melodico che lo contraddistingue. I suoni moderni di Sasamomaly concludono e riempiono il lavoro, rendendo sempre freschi ed estremamente orecchiabili i pezzi dell’album.

I video musicali del gruppo offrono un’esperienza audiovisiva dinamica e mai banale, come si può riscontrare nel loro primo singolo Runaway (逃避行) il cui video musicale è pubblicato su YouTube cliccando qui

Il gruppo, giovane e che ha finora rilasciato un solo album con i propri relativi singoli, non può che lasciare agli ascoltatori grandi aspettative per il loro futuro.

Recensione di Calogero Frangiamone

Yūri || Recensione

Yūri (優里) è un cantautore e youtuber giapponese di grande successo nella scena musicale j-pop e pop-rock degli ultimi anni. Nato a Makuhari nel 1994, il sogno di Yūri è sempre stato quello di fare il cantante, influenzato da artisti come Bon Jovi e AC/DC che ascoltava grazie alla madre sin da piccolo.
La sua carriera inizia nel 2014, quando è entrato a far parte della rock band “The Bugzy” come cantante, lavorando con loro fino allo scioglimento del gruppo nel maggio 2019. Da quel momento in poi, Yūri inizia la sua carriera da solista, esibendosi prima per le strade di Tokyo e poi pubblicando le sue performance sul suo canale YouTube “Yuuri Channel Official” a partire dal 2020.
Avendo già riscosso successo tra le vie della città, decide di pubblicare il suo primo singolo “Kakurenbo” (かくれんぼ) nel dicembre 2019: un brano che, con i suoi versi dolci ma malinconici, paragona una storia d’amore al gioco del nascondino, una continua ricerca che si conclude con un triste addio alla persona amata.
La canzone riesce ad attirare l’attenzione del pubblico, guadagnando oltre 40 milioni di visualizzazioni con il suo video musicale. A ottobre 2020 la sua carriera raggiunge un picco con il singolo “Dry Flower” (ドライフラワー), arrivato al primo posto della classifica Billboard Japan Hot 100: anche in questo caso il cantautore narra della triste fine di una storia, confessando di essere già consapevole che il loro ricordo si affievolirà, come un fiore che appassisce. Nei seguenti mesi Yūri pubblica un singolo dopo l’altro, aggiungendo talvolta un pizzico di rock nelle sue canzoni ballad, e rivela in un’intervista di Billboard che, quando scrive le sue canzoni, il suo intento è quello di raggiungere il maggior numero di persone possibile con la sua voce e le sue parole, ma finendo poi per riempire i suoi testi con i sentimenti che più gli sta a cuore trasmettere.

Scrivo e canto canzoni per gli altri, ma cerco di creare musica che in primo luogo piaccia a me, in modo da non finire per rimpiangere di aver fatto diversamente.

Nel 2020 parte il suo primo progetto in collaborazione con una serie televisiva giapponese, la serie drama “Super Rich”, per cui ha composto la sigla “Betelgeuse” e con cui è apparso sul canale YouTube “THE FIRST TAKE” che gli diede maggiore visibilità, raggiungendo in breve tempo i primi posti delle classifiche giapponesi.
Ormai popolare su YouTube anche per i suoi video di sfide al karaoke, cover e contenuti collegati alla musica, Yūri continua la sua carriera sotto l’etichetta Ariola Japan con canzoni che ogni volta catturano il pubblico grazie alla sua voce capace di assumere le più diverse sfaccettature, dalle più dolci alle più intense, riuscendo a comunicare in maniera diretta con tutti i suoi ascoltatori.

Recensione di Maria Elisa Contarelli

Yonezu Kenshi (米津玄師) – Stray Sheep

Abbiamo già introdotto Yonezu Kenshi come pilastro del J-pop e, più estensivamente, dello scenario coinvolgente la musica giapponese, nella recensione del suo singolo, Lemon, rilasciato nel 2018 (articolo completo nel link a piè di pagina), che lo vede già occupare una posizione importante nella produzione pop del tempo. A testimonianza di ciò, il video musicale brano di più rilievo dell’album – al quale conferisce il nome stesso – Lemon, si trova a oggi vicino agli 800 milioni di visualizzazioni, rendendolo così il video più visto nella storia della musica giapponese.

Il successo di Lemon, però, non è stato determinato da un boom virale che lo ha fatto balzare alle stelle della scena pop, bensì è stato il frutto di un processo graduale che lo ha visto scalare le classifiche ottenendo il primo posto con Bremen nel 2015, e registrare il milione di copie vendute con Bootleg nel 2017. Il successo di Bootleg fu tale che Yonezu limitò la sua attività al rilascio di singoli (tra cui, appunto, Lemon) e alla produzione di sigle per serie televisive e cartoni animati, insieme alla produzione di brani per altri artisti, come Suda Masaki (菅田将暉) nella composizione di Machigaisagashi (まちがいさがし). 

La sua esponenziale ascesa lo porta alla posizione di musicista giapponese più popolare nel panorama musicale moderno, e la conferma definitiva la troviamo nella pubblicazione del suo quinto (settimo se consideriamo la produzione con il nome d’arte Hachi)  e ultimo album, Stray Sheep, pubblicato nel 2020.

Come si può evincere dal titolo, l’intero album segue le linee principali che hanno caratterizzato la sua produzione – come passo andante, ricercatezze ritmiche e testi di elogio all’amore e al cambiamento – ma non è una progressione naturale, una parabola uniforme: è infatti un album in cui vi sono sia rimandi al passato, con l’inclusione di brani come Lemon, Flamingo, Uma to Shika (馬と鹿) e Umi no Yuurei (海の幽霊), ma anche un affacciarsi a un nuovo sé – il quale ha ancora tanto da comunicare con la sua arte – con distorsioni dissonanti e composizioni sperimentali a livello sia di arrangement che di contenuti.

Il brano che apre il sipario è Campanella, per il cui titolo adotta la traslitterazione カンパネルラ; non è un caso, visto che fa riferimento all’omonimo protagonista di Una notte sul treno della Via Lattea (銀河鉄道の夜), capolavoro della letteratura giapponese scritto da Miyazawa Kenji – autore affermatissimo nella letteratura del periodo Shōwa di grande influenza folcloristica locale. Troviamo un Yonezu migliorato non solo dal punto di vista composizionale, ma anche tecnico: il suo range vocale va su e giù in finestre brevissime come una molla, gestisce magistralmente falsetti e mostra eccezionale padronanza di tecniche come l’increspatura nella nota più alta della canzone. Il brano è incredibilmente stratificato ritmicamente, con una ricchezza di strumenti e di suoni sia tratti dalla natura – scenario importante del brano con i riferimenti al deserto del Thal in Pakistan, le conifere, il mare e gli uccelli – sia “artificiali”, con sintetizzatori, interferenze elettroniche ed elementi solenni come le campane. 

La canzone inoltre sposta il punto di vista da cui viene raccontata la storia di Miyazawa: il protagonista principale non è più il narratore, Giovanni, ma il colpevole, Zanelli, che ha causato la morte di Campanella gettandolo nel fiume, rivoluzionando l’esperienza dell’ascoltatore/lettore e aprendo una finestra che si staglia sul sé più intimo. Yonezu stesso infatti ci dice:

  • È una canzone incentrata su Campanella, ma il cantante non è Giovanni, semmai Zanelli. Zanelli è un prepotente e la causa diretta della morte di Campanella. Una parte di me prova molta empatia per Zanelli. Quando gli esseri umani commettono errori, direttamente o indirettamente, possono causare la morte di qualcuno. Penso che ogni tipo di scelta sia collegata alla morte altrui. Per riferirmi all’attualità, è possibile che io sia portatore di una malattia senza saperlo e che involontariamente infetti qualcuno, facendolo ammalare gravemente e morire. Ogni tipo di scelta può portare alla potenziale morte di qualcuno. Credo che Zanelli sia uno che ha assistito di persona a tutto questo. È stato direttamente coinvolto nella morte di Campanella e vive trascinandosi dietro questa ferita. Credo che questo si colleghi alla mia natura autopunitiva. 

Un altro pezzo che ha riscontrato enorme successo è Flamingo, uscito come singolo nel 2018 e riportato nell’album. È un pezzo bizzarro ed eccentrico, caratterizzato da una trama annebbiata e linguaggio oscuro, con l’inserzione di suoni riecheggianti onomatopee; la linea vocale ondula dall’alto verso il basso come una funzione trigonometrica, e nella composizione vi è una forte componente funk.

Troviamo anche la self-cover di un pezzo scritto per l’emittente televisiva NHK e successivamente diventato tema delle Olimpiadi di Tokyo 2020, Paprika, reinterpretata e ricomposta secondo la componente folk già riscontrata in Flamingo;  Kanden (感電), colonna sonora del dorama Netflix MIU404, in cui la pluralità di strumenti, il ritmo agile e un orecchiabile ritornello la rendono uno dei pezzi di stampo pop più interessanti; Yasashii hito (優しい人), la quale interrompe come un fulmine a ciel sereno – con il suo stampo intimistico nella forma di una ballata povera di strumenti ma ricca di spiritualità – l’andamento dell’album.

Sullo stampo della ballata intimistica, infine, troviamo Canary (カナリヤ), pezzo di chiusura che sottolinea l’importanza del cambiamento nella nostra lunga vita in quanto esseri umani ed evidenziando come, anche in amore, è giusto abbandonarci al fiume inarrestabile della naturale evoluzione degli eventi, prendendo consapevolezza di come anche i sentimenti possano cambiare; il cambiamento porta dolore, ma è giusto accettarlo come parte di noi.

Stray Sheep è quindi il ritratto di una profonda sensibilità e il frutto di un’evoluzione sia graduale, ma anche inaspettata dell’anima in quanto essere umano e musicista di Yonezu; l’ascolto lascia quindi un senso di completezza per tutte le aree emotive toccate, lasciando anche la curiosità di assistere al coronamento dell’evoluzione inaugurata dalle componenti dissonanti e sperimentali.

Recensione di Giovanni Varia

Takagi Masakatsu – Kagayaki || Recensione


L’album di cui vi parleremo oggi non è in alcun modo riassumibile in poche semplici parole. Kagayaki (2014) è un viaggio sensoriale e come tale deve essere considerato. Non è un classico album puramente musicale, è un portale che concede all’ascoltatore di immergersi totalmente nei suoni, nella natura e nella cultura della più profonda tradizione rurale giapponese.

Takagi Masakatsu, l’autore dell’album, all’epoca della suarealizzazione era già conosciuto come un artista e compositoreaffermato, avendo realizzato nel corso della sua carriera ben 16 album, tra cui la colonna sonora del film d’animazione “Wolf Children” (2012) e del film documentario dello Studio Ghibli “Ilregno dei sogni e della follia” (2013).

Fino ad allora Takagi Masakatsu aveva sempre vissuto nella suacittà natale di Kyoto, tuttavia nel 2013, un anno prima dellarealizzazione di Kagayaki, si trasferisce per la prima volta in un paese rurale delle montagne giapponesi, nella prefettura di Hyōgo. Qui l’artista decide di vivere la vera vita tradizionalegiapponese, in comunione con l’intera comunità del villaggionel quale si ritrova immerso. Come è forse intuibile, l’albumKagayaki è il diretto figlio di questo nuovo trascorso emotivo e spirituale dell’artista. 

È un ascolto musicale che racchiude in sé questo rinnovato senso di comunione con la tradizionalità giapponese e la natura, includendo all’interno dell’album registrazioni di quotidianità, canti tradizionali, bambini che giocano, il frinire delle cicale giapponesi, l’acqua dei fiumiciattoli che scorre indisturbata, il rumore delle piante mosse dal vento, il tutto unito ad una musicalità festiva e celebrativa tipica, fatta di strumenti tradizionali in commistione a strumenti più classici come il pianoforte, strumento principale di Takagi Masakatsu e pertanto ricorrente all’interno di tutto l’ascolto.

L’unione peculiare di questi tratti fanno sì che chiunque ascolti Kagayaki ne sia in qualche modo trasportato all’interno dellavita tradizionale e festiva di quella piccola comunità giapponeseluminosa e vibrante. 

È un album che racchiude momenti di vita quotidiana e che come tale è fatta di momenti più lenti, e di momenti più vivaci. L’album infatti non presenta un ritmo costante, apparendo più come una raccolta di registrazioni di vita comune che come un vero e proprio album musicale, ma ciò non deve trarre ininganno, poiché è proprio questa caratteristica a rendere tale opera così unica nel suo genere.

Tra le canzoni più memorabili dell’album segnaliamo Ooharu, dove il timido inizio di pianoforte viene a mano a mano  accompagnato da canti e persone in festa, in un climax che va sempre in un crescendo. Troviamo poi la serie delle canzonidelle feste utagaki, dove in particolare la seconda traccia, Utagaki #2, risalta più di tutte con la sua forza, presentando una commistione peculiare tra strumenti tradizionali e più classici come il pianoforte e il violoncello. 

Kagayaki racchiude dentro di sé una intera comunità, fatta di persone, canti, celebrazioni, dialoghi, ed è proprio per questoche l’ascolto di tale opera è capace di essere così immersiva nelsuo ascolto. Fatevi quindi un favore e immergetevi per 1h e 15min in questo mondo che pare essere uscito da una vera e propria favola giapponese. 

– Recensione di Giuliano Defronzo

Takayan || Recensione


Controverso, Colorato, Kawaii, Takayan, classe ‘98, sta gradualmente ma costantemente ritagliandosi sempre di più uno spazio di merito all’interno del panorama J-pop e Japanese Hip Hop. 

Takayan comincia la sua carriera musicale, come lui stesso ammette, per “puro divertimento” con la pubblicazione sul suo canale Youtube della prima canzone “Mada Wakaranai” まだわかんない, ormai 8 anni fa, all’età di 17 anni. 

Nelle prime video canzoni è evidente come il suo atteggiamento rispecchia il suo stesso modo di vedere la musica come un iniziale svago. Canta spavaldamente a petto nudo, con indosso occhiali da sole, ostentando e “flexando” I suoi muscoli, mettendo indubbiamente in mostra un lato di sè tronfio e sfacciato, intento solo a divertirsi con la sua musica. 

Negli anni seguenti, Takayan continuerà la sua carriera artistica pubblicando congiuntamente a produzioni originali, video cover di artisti più famosi, contribuendo in questo modo a farsi lentamente conoscere agli occhi dei più. Lentamente quello che era cominciato come un semplice passatempo, sta diventando la sua principale occupazione.

È il suo canale Youtube il principale mezzo con cui si farà conoscere al grande pubblico, tra singoli, canzoni cover, e live tramite le quali continua a sfoggiare il suo carattere sicuro di sè mostrandosi sempre a petto nudo, pronto a sfoggiare I propri muscoli. Rispetto agli esordi però, il suo atteggiamento spavaldo sfuma per amalgamarsi con un rinnovato interesse verso il “kawaii”, modello di bellezza tipico giapponese, caratterizzato da atteggiamenti e lineamenti “cute”, che mirano a richiamare un tipo di bellezza delicato e “infantile”. Il contrasto salta quindi subito all’occhio: Un uomo pieno di muscoli che si atteggia da ragazza carina, infantile e solare, e che si veste anche come tale.

L’apparenza non deve ingannare però, poiché dietro a una musica così gioiosa e colorata, si nascondono temi cupi e delicati.

Pubblica per la prima volta un album verso fine 2018, “Slave” どれい, che tuttavia a causa dei temi trattati, è stato vittima anni più tardi di un taglio da tutte le piattaforme, insieme a diverse altre canzoni rilasciate nello stesso periodo.

Takayan tratta infatti temi come la depressione, l’autolesionismo, Break-up amorosi, tradimento, suicidio, e tanti altri, nella speranza di raggiungere e aiutare, attraverso la sua musica, chiunque stia attraversando un momento difficoltà e abbia bisogno di un conforto. 

Tra le sue canzoni più famose vari esempi sono “Toy”, dal tono che ricorda il genere lo-fi, dove il tema centrale è il fallimento di un amore che si rivela in realtà essere unilaterale e dove la controparte ha sfruttato i sentimenti del partner al mero scopo di soddisfare i propri desideri sessuali, appunto come un “giocattolo”. Troviamo poi canzoni come “Cheating is a Crime” 浮気は犯罪行為, dove si approfondisce il tema del tradimento in una canzone dai tono più cupi, taglienti e rabbiosi, oppure canzoni più simili al puro genere J-Pop come “Just Disappear” dove la protagonista della canzone nonostante tutte le difficoltà, i lutti passati e le conseguenti azioni atte a sopperire quel dolore incolmabile, accetta il proprio passato e riesce a ritrovare la forza e la speranza necessaria per poi un giorno, superare definitivamente quel dolore. 

L’atteggiamento kawaii di Takayan non è dunque meramente casuale. Sebbene sia vero infatti che si traspone in tale modo, come lui stesso afferma in una delle sue tante live, semplicemente perché gli piace, è anche vero che tale atteggiamento è un modo di porsi finalizzato a farsi sentire più vicino al suo pubblico e poterlo così confortare, apparendo come una figura di supporto, sempre pronto a sostenere il proprio ascoltatore con il suo modo di fare gioioso, nonostante le apparenze da uomo grosso e muscoloso che potrebbero far pensare il contrario. 

Dietro ad ogni momento di difficoltà infatti, è sempre possibile trovare la luce ed è unicamente possibile farlo partendo da se stessi. Ognuno di noi è capace di ritrovare la felicità e la via del conforto da una situazione buia, e Takayan vuole insegnare proprio questo.

Con il suo atteggiamento kawaii e solare, Takayan è quindi un esempio di come anche nei momenti più bui della vita, o presunti tali, si possa affrontare il tutto, con un atteggiamento più che positivo, affrontando ogni ostacolo a testa alta e con un pieno sorriso in volto.

Recensione di Giuliano Defronzo