THE CABS

 

La scena math rock giapponese è florida. Il termine, dalla natura molto generica, fa riferimento ad una serie di concetti che non sono comuni al rock convenzionale (principalmente tempi dispari, melodie angolari e intrecciate) che molti musicisti giapponesi continuano ad incorporare spontaneamente nella loro musica. Le Tricot, da poco reduci da un tour europeo che le ha portate anche sul palco dell’ ArcTangent di Bristol, sono le principali rappresentanti in occidente.

Mentre nel 2013 le tre Tricot si preparavano a pubblicare il loro primo album, un altro trio, i The Cabs, si scioglieva in circostanze del tutto inusuali: il chitarrista Takahashi Kunimitsu scompare facendo perdere ogni traccia di se, proprio a ridosso dell’inizio del tour a supporto dell’album di debutto. La band decide di sciogliersi e lo annuncia con un post sul loro sito ufficiale, ora chiuso: a onor del vero Takahashi era il principale songwriter della band, come continuare senza di lui? La fama della band ha però continuato a crescere (su youtube abbondano le cover band), consacrandoli come uno dei gruppi più rilevanti della scena. Dopo lo scioglimento, il bassista\cantante Yoshikatsu Shuto ha continuato a suonare coi KEYTALK (il j-pop più lontano da ciò che rappresentano i the cabs) e il batterista Itta Nakamura coi Plenty; Takahashi si è infine dedicato alla realizzazione della sigla dell’anime Tokyo Ghoul prima di scomparire un’altra volta (capita che aggiorni il suo account soundcloud con nuovi brani, ogni tanto).

La discografia ufficiale della band si compone di soli due ep e un full lenght, tutti presenti sul bandcamp di zankyo records, ma disponibili solo per il download e non per lo streaming. Fortunatamente, i video dei tre singoli estratti dai rispettivi album, le cui visualizzazioni superano il milione, sono sufficienti per convincere un ascoltatore curioso a decidere di mettere le proprie mani sopra i lavori completi. Il primo ep del 2011 Hajime Ichiban no Dekigoto è quello in cui vengono messe più in mostra le inclinazioni aggressive della band. Il risultato è la presenza di due tracce esplosive (For Charles Bronson e Haiku about Kdyla), su cui il chitarrista grida per i due minuti della durata.Invece le altre tre tracce, con un mix più equilibrato tra aggressività e melodia, rispecchiano la direzione che la band prenderà nell’ep seguente. La vera gemma è il singolo Soldiers of February, con la sua strumentale luminosa, la strofa start and stop e un ritornello estremamente orecchiabile interrotti da controllati impeti di rabbia verso la metà e alla fine della traccia (e il video è ipnotico).

Il secondo ep Recur Breath mostra la progressione di una band che perfettamente è a suo agio negli slanci caotici come nelle melodie intricatissime ma orecchiabili che tessono i tre strumenti. Il singolo Spiral of Kielce è un brano intenso, spericolato in cui il batterista brilla accelerando senza sosta tra le maglie strettissime dell’arpeggio di chitarra. Con l’album di debutto Regenerative Landscape i the cabs decidono di investire più nella vena indie rock della loro musica, raccogliendo il disappunto di qualche fan. In realtà, l’album è ricco di momenti in cui impera il disordine (come in Like a Flower, purusha, Shouted all out o sarasa, canzone caotica che sarebbe stata bene nel primo ep) e tutto l’album in generale è decisamente un album dei the cabs. Anschluss, singolo promozionale dell’album, è una buona rappresentazione del nuovo equilibrio sonico raggiunto dalla band; in generale, tutto Regenerative Landscape conserva i tratti particolari dei vecchi lavori, ma li distribuisce consciamente per tutta la durata dell’album. Così la storia dei The cabs è stata interrotta prematuramente, poco prima che potesse avere un continuo magari anche all’estero.

(Recensione di Jacopo Corbelli)

2017-18年・隆盛日本映画観賞会 FESTIVAL DEL CINEMA GIAPPONESE TAKAMORI (1)

プラチナデータ

Platina Data
(Giappone, 2013)

Film diretto da Ootomo Keishi
Con: Ninomiya Kazunari, Toyokawa Etsushi, Suzuki Honami

Durata: 133 minuti

Lingua originale, sottotitoli italiani di Federico De Marchi

Sala Eventi, Mediateca di San Lazzaro di Savena (BO), Lunedì 16 ottobre 2017 ore 20,30

Nell’anno 2017 il governo giapponese sostiene segretamente lo sviluppo di un sistema in grado di classificare e ricercare persone basandosi sul loro DNA, apparentemente con lo scopo di costruire una società più sicura. Il progetto sembra andare per il verso giusto fino a quando i due sviluppatori principali del software vengono assassinati. Il sospettato principale è Ryuhei Kagura, giovane genio creatore del sistema, che però si dà alla fuga nel tentativo di provare la propria innocenza. Sta all’investigatore Reiji Asama andare in fondo alla questione e scoprire la verità sul Platina Data.

HIBANA: SPARKS

Benritrovati a tutti nella nostra sezione dedicata alla recensione dei dorama. Questa volta in serbo per voi, cari lettori, ho una tra le prime serie TV di origine nipponica ad essere approdata su Netflix. A differenza delle precedenti, questa volta devo ammettere che la serie non è di così facile comprensione, a causa di alcuni “sentire” tipicamente giapponesi su cui fa perno.

Hibana: Sparks” è un adattamento dell’omonimo bestseller di Matayoshi Naoki, e racconta la storia di un giovano comico in erba, Tokunaga, che cerca di realizzare il suo sogno di diventare un comico manzai di successo ( Il manzai è una forma di comicità giapponese nella quale un duo, condividendo un microfono, esegue sketch basati sulla rapidità delle battute e su giochi di parole ). In mezzo alle tante difficoltà, delusioni e soddisfazioni del protagonista scopriamo il vastissimo mondo che si nasconde alle spalle delle scena comica di successo in Giappone, e le relative dinamiche. A fare però da filo conduttore della vicenda è il particolare rapporto che si instaura tra Tokunaga e Kamiya, un comico presente sulla scena già da tempo. Tra i due infatti si instaura subito un rapporto Senpai-Kohai che risulta essere di difficile comprensione per noi occidentali a causa delle sue dinamiche peculiari, soprattutto per chi è anche a digiuno di anime e manga. Tutto ha inizio quando Tokunaga chiede di diventare allievo di Kamiya, che accetterà a patto che il giovane scriva una sua biografia. Inizia così un legame molto particolare tra i due, che si ritrovano spesso a condividere pesanti sbornie ed esperienze fuori dalle righe. Ed è proprio sullo sfondo di una Tokyo notturna, popolata dai personaggi piu strani che Kamiya condivide la sua saggezza di comico manzai  navigato, impartendo lezioni di vita e comicità al giovane e adorante Tokunaga. Questo rapporto si sviluppa secondo queste dinamiche durante un arco di tempo lungo 10 anni, 1 per ogni puntata, che culmina celatamente in un rapporto omoerotico tra i due protagonisti.

Come potrete vedere in questo dorama vengono affrontati molti temi attuali che rendono la serie piu profonda ed impegnata rispetto alle precedenti; da questo punto di vista anche la regia, a mio parere, fa un passo in avanti distaccandosi da una fotografia piatta e immobile. Inoltre, se avete seguito questa rubrica e avete già potuto vedere Tokyo stories: Midnight Diner noterete due simpatici cameo di personaggi già incontrati. Mi sento di consigliarvi questa serie nonostante le difficoltà sopracitate, perchè vi permetterà di entrare meglio nell’ ottica di quella che è la società giapponese, lontana dalle idealizzazioni occidentali, con i suoi pregi e i suoi difetti. Buona Visione a tutti!

(Recensione di Giacomo Becchi)

LEGGERO IL PASSO SUI TATAMI – ANTONIETTA PASTORE

 

Autore: Antonietta Pastore

Editore: Einaudi

Collana: L’arcipelago Einaudi

Anno edizione: 2010

Pagine: 192

Leggero il passo sui tatami racconta la preziosa esperienza di sedici anni di vita quotidiana in Giappone della protagonista, Antonietta Pastore. Siamo nella primavera del 1977 a Itami, a nord-ovest di Osaka. Una semplice cartina della rete ferroviaria in versione inglese permette all’autrice di riuscire a orientarsi nell’ “arcana dimensione pittorica” giapponese e di muoversi in piena autonomia fuori città. Il “furto” della cartina da parte di un bambino dà inizio alla scoperta di un mondo difficile da decifrare, ma dotato di una raffinatezza che seduce. Tuttavia, al periodo iniziale di entusiasmo subentra una fase di rifiuto nei confronti della popolazione autoctona rinchiusa nella propria rigidità e formalità, compostezza e cortesia facendo sentire l’autrice “a metà fra l’integrazione nella popolazione locale e l’isolamento in uno di quei circoli composti da occidentali […] arroccati nelle usanze dei loro luoghi di origine”. Ma la scoperta dell’esistenza della letteratura giapponese rivelerà le passioni dell’animo di questo popolo e sconvolgerà la vita dell’autrice, ignara che un giorno sarebbe diventata la traduttrice di scrittori giapponesi del calibro di Soseki, Murakami, Abe, Ikezawa e Inoue. Leggero il passo sui tatami raccoglie riflessioni, aneddoti conditi con una dolce ironia e uno stile scorrevole dai quali spicca un’attenzione ai particolari e una personalità dinamica ed energica che contagia il lettore nel processo di decostruzione di stereotipi e preconcetti inconsapevoli. Il punto di approdo è la consapevolezza che non tutte le differenze culturali sono inconciliabili e il piacere di “vivere sui tatami, su queste stuoie fresche e gradevoli al tatto, che rendono intimo lo spazio e leggero il passo”.

(Recensione di Michela Squadraroli).

TAEKO ONUKI – 大貫妙子

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Bentornati a tutti! Oggi abbiamo in serbo per voi un’altra spumeggiante puntata alla scoperta della cultura musicale nipponica, incentrata questa volta sulla figura musicale di Ohnuki. Taeko nasce il 28 Novembre del 1953 nella quartiere di Suginami (杉並区) Tokyo (東京) Comincia la sua carriera musicale formando la banda pop Sugar Babe, insieme a  Muramatsu  Kunio(村松 邦男) e a  Yamashita Tatsuro (山下 達郎) (di cui probabilmente sentirete parlare più avanti, ovviamente sempre sul nostro sito!) nell’anno 1973. Il suo primo album fu “Gray Skies” (1)*, uscito nel 1976. Dopo questo suo primo contributo musicale, vennero poi pubblicati altri 25 album nel corso dei vari anni a seguire, arrivando persino ad aggiudicarsi il 21esimo Japanese Academy Award Best Song Award, nel 1998, producendo anche la colonna sonora del film “Tokyo Biyori” (東京日和). Altri Album molto interessenati da ascoltare sono anche “Mignonne” (2)* (1978), e “Romantique” (3)* (1980).

1-(Gray Skies)* link > https://www.youtube.com/watch?v=2cb8E8hSy1k

2-(Mignonne)* link > https://www.youtube.com/watch?v=pQpK0C7isMw

3-(Romantique)* link > https://www.youtube.com/watch?v=EeU38uq0fJI

Oggi vi parleremo del suo album “Sunshower”, uscito nell’anno 1977 (25 Luglio), nel quale possiamo riscontrare una forte componente Funk/Soul ma anche Pop, ed in cui ritroviamo anche vari riconoscimenti musicali “esterni”, quali quello dello stesso  Yamashita Tatsuro ( 山下 達郎) alla voce, Chris Parker alla batteria e Sakamoto Ryuichi (坂本 龍一) alla tastiera.

Le seguenti le varie tracce dell’LP musicale:

  1. Summer Connection
  2. くすりをたくさん
  3. 何もいらない
  4. 都会
  5. からっぽの椅子
  6. Law Of Nature
  7. 誰のために
  8. Silent Screamer
  9. Sargasso Sea
  10. 振子の山羊
  11. サマー.コネクション
  12. 部屋
  13. 荒凉

 

Il senso di J-Pop (o Pop giapponese, che dir si voglia) che fuoriesce da questo album è ben definito e viene espresso da un mid-tempo che si intreccia alla perfezione con la soffice voce di Ohnuki; il tutto viene supportato ed amplificato da assoli strumentali come nel brano くすりをたくさん (tradotto in inglese con Drugs, drugs, drugs), o anche in 都会 (Tokai), che è stato fortemente ispirato dal grandissimo Stevie Wonder ed è senza dubbio uno dei suoi pezzi più famosi e conosciuti. Si tratta quindi di un insieme di brani che rispecchiano molto bene il senso di quello che viene definito “City-Pop” (o, in lingua originale, シティーポップ), che unisce un genere come il Classic Pop ad elementi di Cool Jazz (generalmente tradotto in italiano come Jazz “fresco”, o anche Jazz “rilassato“) e che comincia a prendere piede all’interno del contesto musicale giapponese attorno agli anni ’90. Nel pezzo 振子の山羊 (“Swinging Goats”) possiamo notare un “salto” nella musica fusion (quindi jazz, rock e funk riuniti), ben riuscito e molto piacevole all’orecchio.

Si tratta quindi di un’opera musicale originale, varia e ben “costruita”, della quale consiglio fortemente un ascolto per immergersi nel pop nipponico e nelle sue numerose sfaccettature, a partire dall’azzeccato abbinamento col mondo del jazz. Ringrazio tutti, come al solito, per la lettura e (spero) anche per l’ascolto all’album e all’artista qui recensiti, e per adesso vi saluto, dicendovi che tra non molto una nuova recensione sarà sicuramente pronta per gli amanti e per i più curiosi!

Jaa Mata nee, minna!

(Recensione di: Simone Cozza)