Daijōbu 3 Kumi, pellicola biografica tratta dal romanzo dell’attore protagonista Ototake Hirotada, affronta con leggerezza e semplicità la tematica difficile della disabilità. Il Professore Akao Shinnosuke, affetto dalla sindrome Tetra-amelìa, è stato assegnato in via del tutto eccezionale alla terza classe dell’istituto di Matsura, insieme al suo assistente Shiraishi. Questo susciterà curiosità negli studenti, ma anche timore nei confronti del “diverso”, tanto da far sorgere dubbi sul suo futuro operato. Il Professor Akao e Shiraishi dovranno fare i conti con le dinamiche di classe quotidiane, in cui saranno presenti tensioni, scontri, ma anche gioie da condividere a pieno. I due insegnanti avranno il complesso compito di insegnare ai bambini i valori della vita, cercando di far capire loro quanto la diversità sia un pregio e anche quanto sia importante impegnarsi per raggiungere un obiettivo.
Lingua Originale, Sottotitoli italiani di Chiara Alessandrini
Mediateca di San Lazzaro di Savena, Sala Eventi,
Lunedì 12 Dicembre 2016 ore 20,30
Poco prima dello scoppio della Seconda Guerra Mondiale, la vita dei membri della famiglia Nogami vengono stravolte quando il padre, Shigeru, viene arrestato con l’accusa di complotto contro la nazione. Rimasta sola con le proprie figlie ancora bambine, sua moglie Kayo si impegnerà con tutte le sue forze nel tentativo di tenere unita la propria famiglia, lottando incessantemente e senza abbattersi per resistere alle maldicenze e sopravvivere alle avversità, nella speranza che Shigeru torni a casa. Un film che parla di forza, determinazione ed amore materno, basato sul racconto autobiografico di Nogami Teruyo.
‘Il segreto del lago’ è un romanzo di Higashino Keigo, scrittore e saggista giapponese. È noto soprattutto per i suoi romanzi gialli e i libri di stampo thriller-poliziesco. Nel 1999 ha vinto un premio per il romanzo Himitsu (“Segreto”), tradotto in italiano col titolo ‘La seconda vita di Naoko’.
‘Il segreto del lago’ è un giallo dalle sfumature noir, ma è anche un romanzo psicologico e di critica alla società giapponese. Quattro coppie di genitori si ritrovano legate da un unico obiettivo: gli esami d’ammissione alle scuole private giapponesi sono duri e richiedono impegno, ed è per questo che i loro figli devono dare il massimo per potervi accedere. Le quattro coppie decidono di spendere le vacanze estive in due cottage adiacenti alle sponde del lago Himegami, un posto tranquillo e idilliaco dove trascorrere un breve soggiorno mentre i rispettivi figli si preparano ad affrontare i temutissimi esami grazie all’aiuto di un professore privato. L’apparente tranquillità viene spezzata dall’arrivo di un ospite: Eriko. Eriko non è semplicemente una donna bella ed enigmatica, ma è anche l’amante di Shunsuke, patrigno di Shota, un bambino molto intelligente e che tuttavia Shunsuke non sente davvero ‘suo’.
Il cottage all’apparenza tranquillo si trasforma improvvisamente in una scena del crimine. Sembrano esserci le premesse per un delitto perfetto: un gruppo di coppie complici di un omicidio e pronte a difendersi a qualunque costo, un cottage avvolto nell’oscurità ed un lago depositario dei segreti più oscuri. Ma se alcuni segreti vengono seppelliti, altri sono pronti a venire a galla e Shunsuke Namiki, l’outsider del gruppo ed anche l’ultimo arrivato, non accetta che la moglie abbia ucciso Eriko, la sua amante. Egli non si rassegna al fatto che qualcosa di molto più oscuro stia accadendo sulle sponde del lago Himegami. Qualcosa di losco lega il gruppo, che tra frasi spezzate ed occhiate furtive gli sta nascondendo una grande verità che lui è intenzionato a scoprire a tutti i costi. La trasformazione in un vero e proprio detective porta giustizia a Shunsuke, che in un finale molto teso, una volta scoperta la verità diverrà testimone di qualcosa di più grande e più contorto di un semplice omicidio. Perché ci sono delle verità che nemmeno noi stessi siamo pronti ad accettare ed alla fine, tutto ciò che rimane da fare, è tornare alla quotidianità.
‘Il segreto del lago’ è un romanzo insolito, una sorta di critica alla mentalità nipponica nel momento in cui ogni mezzo diventa lecito pur di riuscire a far entrare il proprio figlio in una scuola prestigiosa. Un romanzo profondo dal punto di vista psicologico e non solo, grazie anche ai colpi di scena che come in un romanzo di Agatha Christie non possono mai mancare.
Quando mi è stato proposto di recensire gruppi giapponesi avevo già in mente qualche band della scena underground nipponica da poter presentare a chi, magari, con i generi underground (e quindi tutti quei generi musicali poco o per nulla conosciuti dalla società di massa e considerati “outsider” dall’industria musicale a livello globale) non ha mai avuto a che fare finora. Essendo però molte volte band altamente sperimentali e di difficile ascolto ad un orecchio “profano”, inizialmente ho avuto qualche remora nel promuovere gruppi estremi.
Ci ho pensato su, e sono arrivato alla conclusione che chissenefrega se il 90% di chi leggerà l’articolo (dato che non sto scrivendo per una rivista specialistica tipo Rumore o Noisey) riterrà inascoltabili i Melt-Banana, ma da musicista non posso non buttar giù due righe su uno dei gruppi più importanti della scena Noise non solo giapponese, ma internazionale, tanto che molti dei loro dischi sono stati prodotti da Steve Albini, un vero e proprio guru della musica indipendente, chitarrista degli Shellac nonché noto per aver prodotto dischi di alcuni tra i più importanti gruppi alternative rock americani: basti pensare ai Nirvana in primis, ma anche Stooges, Pixies, Foo Fighters, Sonic Youth, e altri ancora.
Ma ora torniamo ai Melt-Banana. La band è stata formata nel 1992 a Tokyo da Yasuko Onuki (voce), Ichirō Agata (chitarra/effetti), Rika Hamamoto (basso), a cui successivamente si aggiunse Toshiaki Sudō (batteria). Ad oggi i Melt-Banana hanno pubblicato 8 full-length album e la bellezza di ben 23 EP, molti dei quali sono collaborazioni con altri gruppi. Nel 1997 crearono la loro etichetta discografica, la A-Zap, e successivamente Sudō lasciò la band; dunque il gruppo venne aiutato da diversi batteristi per completare il tour ed i successivi dischi. Ad oggi il gruppo possiede questa peculiarità di essere privo di un batterista fisso, perciò vengono periodicamente aiutati da turnisti.
L’ultimo full-lenght dei Melt-Banana, Fetch, risale al 2013, ma oggi parlerò di un altro disco, per due motivi: il primo, è che sono passati già 3 anni da Fetch, e quindi avrebbe poco senso per me promuovere spacciando per “nuovo” un lavoro che, quando uscì, non avevo ancora terminato il liceo (ahimè); il secondo è che in questo album sono contenuti alcuni tra i pezzi che ascoltai quando li scoprii anni fa e dissi “che figata”. Dunque, ecco a voi Cell-Scape.
La copertina non sarà delle più esteticamente accattivanti, anzi, potremmo pure sbilanciarci dicendo che è tremenda (era pur sempre il 2003), ma in un certo senso suggerisce quello a cui l’ascoltatore sta per andare incontro premendo play: un universo caotico e cybernetico in cui gli strumenti classici di un gruppo sono affiancati da effetti e ambienti computerizzati, cosa che a ben vedere ad una band giapponese riesce sempre molto bene. E qui Agata è un maestro nel sovrapporre riff e aggiungere effetti che, apparentemente sconnessi, danno ai brani del gruppo una dose non indifferente di rumorismo. E’ in questo universo, quindi, che il primo brano, Phantasmagoria, un brano puramente ambient, ci teletrasporta. Il disco trasmette i ritmi e la carica frenetica tipica dei Melt-Banana con il pezzo successivo (nonché il primo che ascoltai e tuttora uno dei miei preferiti), Shield for Your Eyes, a Beast in the Well on Your Hand. Abituatevi da ora a questi titoli estremamente lunghi e impossibili da ricordare, perché l’intero lavoro ne è provvisto. Questa scelta stilistica, che è presente non di rado in gruppi underground soprattutto della scena Math e Noise, è un modo per dire al proprio ascoltatore “sì, facciamo musica incasinata e difficile da ascoltare, e anche i nostri titoli rispecchiano quello che suoniamo”. Il brano successivo, A Dreamer Who is Too Weak to Face Up to si apre con un duo voce-batteria, per essere poi affiancati da una riff di chitarra con sonorità che ricordano molto il metal. Già alla fine di questo pezzo l’ascoltatore si sarà fatto un’idea generale dei tratti distintivi dei Melt-Banana: soluzioni ritmiche frenetiche, con una batteria hardcore, una chitarra dal suono acido e riff che richiamano al punk, il tutto racchiuso in un’ottica puramente rumorista. Lo stile vocale della cantante Onuki poi, che è un misto tra il parlato e l’urlato, ricorda molto quello stile che è appunto proprio dei capisaldi del genere. Passiamo poi a Lost Parts Stinging me so Cold, il mio pezzo preferito in assoluto (e l’unico per il quale non ho dovuto fare copia-incolla per scriverlo). Qui il riff portante di chitarra è tipicamente noise, che però non scade nel banale grazie all’abilità con cui Agata rimaneggia i suoni e rende lo stile di questa band unico, tanto che la scena giapponese, grazie a loro e altri gruppi come Boredoms, al di fuori del paese è conosciuta anche come Japanoise. Un blast beat di batteria ci introduce al quinto pezzo, Chain-Shot to Have Some Fun, dove un altro riff graffiante costituisce il ritornello, ed una sorta di apparente calma a metà brano precede il caos finale. Feedback e urla campionate sono le premesse della canzone numero 6, Like a White Bat in a Box, Dead Matters Go On, che nonostante ciò presenta un tema di chitarra e basso che potremmo quasi definire “allegro” (gli stessi Melt-Banana hanno definito questo un disco “pop“, vi lascio immaginare le sonorità degli altri lavori). Con Key is a Fact That a Cat Brings, invece, si riesce a scorgere un’infuenza del punk più classico, anche se a questo punto di ascolto dell’opera e anche nel pezzo successivo A Hunter in the Rain to Cut the Neck Up in the Present Stage ho iniziato a maturare i contro dell’intero album che verranno illustrati complessivamente in chiusura. Infine arriviamo a If it is the Deep Sea, I Can See You There, unico pezzo -quasi- melodico del disco, in cui per la prima volta sentiamo Onuki cantare (nel vero senso della parola), dove i ritmi si abbassano e il ritornello (grazie anche alla voce, appunto) trasmette delle note di tristezza. Anche questa è stato una canzone che ho molto apprezzato. Il disco, come in una tipica ring composition, si chiude con un altro brano ambient, Outro for Cell-Scape, che riprende molto l’intro con l’unica sottile differenza che questo si estende per ben 10 minuti.
Ora, da quello detto finora avrete già dedotto che i Melt-Banana sono una band che, in quanto musicista, rispetto profondamente, e, in quanto appassionato di musica indipendente, hanno saputo catturare la mia curiosità fin da subito e posso affermare che alcuni pezzi mi piacciono moltissimo. Tuttavia, ascoltando Cell-Scape per intero non ho potuto fare a meno di notare che alcuni interludi e groove (soprattutto di batteria) sono molto simili fra loro, di modo che arrivati verso la fine del disco i pezzi rischiano di perdere identità. Ciò non toglie che ogni singolo brano contiene quella parte, che sia un semplice stacchetto o un intero ritornello, che rende il tutto interessante e degno di essere ascoltato fino in fondo. Tuttavia, essendo lo stile vocale di Onuki un cantato parlato, la mancanza di una vera e propria linea melodica vocale lascia agli strumenti l’arduo onere di colmare questo vuoto. Purtroppo a mio parere, a differenza di altri gruppi come Slint, o i già citati Shellac, che sono in bilico tra lo strumentale e il cantato, e che quindi riescono a creare “masterpiece” anche senza l’ausilio della voce, ciò in questo caso non avviene. Nel complesso però, i Melt-Banana sono senza dubbio una band che vale la pena soffermarsi ad ascoltare, anche solo per sentire qualcosa di nettamente diverso dalla solita poltiglia trita e ritrita proposta dalla musica commerciale. E, per chi si volesse spingere oltre, andando a ricercare gruppi affini a loro nel panorama italiano, consiglio gli Zeus! talentuoso duo basso-batteria che non a caso hanno aperto ai Melt-Banana durante la loro ultima visita in Italia e con i quali ho avuto l’onore di suonare a fianco del mio gruppo qualche anno fa. Di seguito i link Youtube di alcuni dei pezzi cui consiglio l’ascolto.
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