meltbanana

Quando mi è stato proposto di recensire gruppi giapponesi avevo già in mente qualche band della scena underground nipponica da poter presentare a chi, magari, con i generi underground (e quindi tutti quei generi musicali poco o per nulla conosciuti dalla società di massa e considerati “outsider” dall’industria musicale a livello globale) non ha mai avuto a che fare finora. Essendo però molte volte band altamente sperimentali e di difficile ascolto ad un orecchio “profano”, inizialmente ho avuto qualche remora nel promuovere gruppi estremi. 

Ci ho pensato su, e sono arrivato alla conclusione che chissenefrega se il 90% di chi leggerà l’articolo (dato che non sto scrivendo per una rivista specialistica tipo Rumore o Noisey) riterrà inascoltabili i Melt-Banana, ma da musicista non posso non buttar giù due righe su uno dei gruppi più importanti della scena Noise non solo giapponese, ma internazionale, tanto che molti dei loro dischi sono stati prodotti da Steve Albini, un vero e proprio guru della musica indipendente, chitarrista degli Shellac nonché noto per aver prodotto dischi di alcuni tra i più importanti gruppi alternative rock americani: basti pensare ai Nirvana in primis, ma anche Stooges, Pixies, Foo Fighters, Sonic Youth, e altri ancora.

Ma ora torniamo ai Melt-Banana. La band è stata formata nel 1992 a Tokyo da Yasuko Onuki (voce), Ichirō Agata (chitarra/effetti), Rika Hamamoto (basso), a cui successivamente si aggiunse Toshiaki Sudō (batteria). Ad oggi i Melt-Banana hanno pubblicato 8 full-length album e la bellezza di ben 23 EP, molti dei quali sono collaborazioni con altri gruppi. Nel 1997 crearono la loro etichetta discografica, la A-Zap, e successivamente Sudō lasciò la band; dunque il gruppo venne aiutato da diversi batteristi per completare il tour ed i successivi dischi. Ad oggi il gruppo possiede questa peculiarità di essere privo di un batterista fisso, perciò vengono periodicamente aiutati da turnisti.

L’ultimo full-lenght dei Melt-Banana, Fetch, risale al 2013, ma oggi parlerò di un altro disco, per due motivi: il primo, è che sono passati già 3 anni da Fetch, e quindi avrebbe poco senso per me promuovere spacciando per “nuovo” un lavoro che, quando uscì, non avevo ancora terminato il liceo (ahimè); il secondo è che in questo album sono contenuti alcuni tra i pezzi che ascoltai quando li scoprii anni fa e dissi “che figata”. Dunque, ecco a voi Cell-Scape.

La copertina non sarà delle più esteticamente accattivanti, anzi, potremmo pure sbilanciarci dicendo che è tremenda (era pur sempre il 2003), ma in un certo senso suggerisce quello a cui l’ascoltatore sta per andare incontro premendo play: un universo caotico e cybernetico in cui gli strumenti classici di un gruppo sono affiancati da effetti e ambienti computerizzati, cosa che a ben vedere ad una band giapponese riesce sempre molto bene. E qui Agata è un maestro nel sovrapporre riff e aggiungere effetti che, apparentemente sconnessi, danno ai brani del gruppo una dose non indifferente di rumorismo. E’ in questo universo, quindi, che il primo brano, Phantasmagoria, un brano puramente ambient, ci teletrasporta. Il disco trasmette i ritmi e la carica frenetica tipica dei Melt-Banana con il pezzo successivo (nonché il primo che ascoltai e tuttora uno dei miei preferiti), Shield for Your Eyes, a Beast in the Well on Your Hand. Abituatevi da ora a questi titoli estremamente lunghi e impossibili da ricordare, perché l’intero lavoro ne è provvisto. Questa scelta stilistica, che è presente non di rado in gruppi underground soprattutto della scena Math e Noise, è un modo per dire al proprio ascoltatore “sì, facciamo musica incasinata e difficile da ascoltare, e anche i nostri titoli rispecchiano quello che suoniamo”. Il brano successivo, A Dreamer Who is Too Weak to Face Up to si apre con un duo voce-batteria, per essere poi affiancati da una riff di chitarra con sonorità che ricordano molto il metal. Già alla fine di questo pezzo l’ascoltatore si sarà fatto un’idea generale dei tratti distintivi dei Melt-Banana: soluzioni ritmiche frenetiche, con una batteria hardcore, una chitarra dal suono acido e riff che richiamano al punk, il tutto racchiuso in un’ottica puramente rumorista. Lo stile vocale della cantante Onuki poi, che è un misto tra il parlato e l’urlato, ricorda molto quello stile che è appunto proprio dei capisaldi del genere. Passiamo poi a Lost Parts Stinging me so Cold, il mio pezzo preferito in assoluto (e l’unico per il quale non ho dovuto fare copia-incolla per scriverlo). Qui il riff portante di chitarra è tipicamente noise, che però non scade nel banale grazie all’abilità con cui Agata rimaneggia i suoni e rende lo stile di questa band unico, tanto che la scena giapponese, grazie a loro e altri gruppi come Boredoms, al di fuori del paese è conosciuta anche come Japanoise. Un blast beat di batteria ci introduce al quinto pezzo, Chain-Shot to Have Some Fun, dove un altro riff graffiante costituisce il ritornello, ed una sorta di apparente calma a metà brano precede il caos finale. Feedback e urla campionate sono le premesse della canzone numero 6, Like a White Bat in a Box, Dead Matters Go On, che nonostante ciò presenta un tema di chitarra e basso che potremmo quasi definire “allegro” (gli stessi Melt-Banana hanno definito questo un disco “pop“, vi lascio immaginare le sonorità degli altri lavori). Con Key is a Fact That a Cat Brings, invece, si riesce a scorgere un’infuenza del punk più classico, anche se a questo punto di ascolto dell’opera e anche nel pezzo successivo A Hunter in the Rain to Cut the Neck Up in the Present Stage ho iniziato a maturare i contro dell’intero album che verranno illustrati complessivamente in chiusura. Infine arriviamo a If it is the Deep Sea, I Can See You There, unico pezzo -quasi- melodico del disco, in cui per la prima volta sentiamo Onuki cantare (nel vero senso della parola), dove i ritmi si abbassano e il ritornello (grazie anche alla voce, appunto) trasmette delle note di tristezza. Anche questa è stato una canzone che ho molto apprezzato. Il disco, come in una tipica ring composition, si chiude con un altro brano ambient, Outro for Cell-Scape, che riprende molto l’intro con l’unica sottile differenza che questo si estende per ben 10 minuti.

Ora, da quello detto finora avrete già dedotto che i Melt-Banana sono una band che, in quanto musicista, rispetto profondamente, e, in quanto appassionato di musica indipendente, hanno saputo catturare la mia curiosità fin da subito e posso affermare che alcuni pezzi mi piacciono moltissimo. Tuttavia, ascoltando Cell-Scape  per intero non ho potuto fare a meno di notare che alcuni interludi e groove (soprattutto di batteria) sono molto simili fra loro, di modo che arrivati verso la fine del disco i pezzi rischiano di perdere identità. Ciò non toglie che ogni singolo brano contiene quella parte, che sia un semplice stacchetto o un intero ritornello, che rende il tutto interessante e degno di essere ascoltato fino in fondo. Tuttavia, essendo lo stile vocale di Onuki un cantato parlato, la mancanza di una vera e propria linea melodica vocale lascia agli strumenti l’arduo onere di colmare questo vuoto. Purtroppo a mio parere, a differenza di altri gruppi come Slint, o i già citati Shellac, che sono in bilico tra lo strumentale e il cantato, e che quindi riescono a creare “masterpiece” anche senza l’ausilio della voce, ciò in questo caso non avviene. Nel complesso però, i Melt-Banana sono senza dubbio una band che vale la pena soffermarsi ad ascoltare, anche solo per sentire qualcosa di nettamente diverso dalla solita poltiglia trita e ritrita proposta dalla musica commerciale. E, per chi si volesse spingere oltre, andando a ricercare gruppi affini a loro nel panorama italiano, consiglio gli Zeus! talentuoso duo basso-batteria che non a caso hanno aperto ai Melt-Banana durante la loro ultima visita in Italia e con i quali ho avuto l’onore di suonare a fianco del mio gruppo qualche anno fa. Di seguito i link Youtube di alcuni dei pezzi cui consiglio l’ascolto.

Recensione a cura di: Enrico Fiore

Lost Part Stinging me so Cold

 

If it is the Deep Sea, I can see you there