Sakamoto Shintarō – Let’s Dance Raw (ナマで踊ろう)

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 Sakamoto Shintarō – Let’s Dance Raw (ナマで踊ろう)

 

L’ARTISTA

Sakamoto Shintarō è un compositore, produttore e cantante giapponese, nato ad Osaka nel 1967. Comincia la sua carriera nel 1989 a Tokyo come membro fondatore della band Yura Yura Teikoku (ゆらゆら帝国), di cui sarà il leader per vent’anni. Il gruppo rilascerà dieci album e si affermerà come una delle realtà musicali più originali ed eclettiche della scena giapponese, esplorando in particolare il genere del rock psichedelico. Acquisisce particolare notorietà grazie all’album del 2007 Kudou Desu (空洞です, Hollow Me in inglese), disco dalle sfumature più pop da cui vengono estratti due brani che faranno parte della colonna sonora del celebre Love Exposure (2007), pellicola del regista Sono Sion.

A seguito dell’inaspettato scioglimento della band nel 2010, Shintarō ha avviato una carriera da solista che lo ha visto finora coinvolto in vari progetti, dalla produzione di album in studio alla collaborazione con artisti internazionali. Ognuno di questi si è rivelato un successo di critica, portando il nativo di Osaka ad occupare un ruolo di rilievo anche nel panorama musicale degli ultimi anni.

 LET’S DANCE RAW (2014)

L’album che proponiamo oggi si chiama Let’s Dance Raw (ナマで踊ろう), rilasciato nel 2014 dalla Zelone Records, etichetta discografica fondata dallo stesso Sakamoto. Il disco è composto da dieci tracce:

  1. Future Lullaby Risultato immagini per let's dance raw
  2. Birth Of Super Cult
  3. Extremely Bad Man
  4. Let’s Dance Raw
  5. Like An Obligation
  6. Gently Disappear
  7. You Can Be A Robot, Too
  8. Why Can’t I Stop?
  9. Never Liked You, But Still Nostalgic
  10. This World Should Be More Wonderful

 

 

 

Let’s Dance Raw è un album estremamente godibile, caratterizzato da una mescolanza di stili diversi che creano un sound particolarmente vintage. Echi psichedelici e ritmi funk, lounge e country, contribuiscono a creare una combinazione di suoni variegata e originale, sebbene si possa avere l’impressione che i brani pecchino di espressività. Vengono impiegati vari strumenti, dal banjo a percussioni dai ritmi latini, ma è la steel guitar hawaiana – appoggiata sulle ginocchia di Shintaro nella copertina – a rubare la scena e ad essere l’elemento unificatore dell’album. Quello che colpisce è l’eleganza e la precisione con cui è strutturata ogni traccia, frutto di una produzione di livello notevole. La qualità di quest’ultima sta nella rivisitazione di sound passati e nella loro decisamente riuscita rielaborazione in chiave più fresca e frizzante.

Fin dalla delicata e fiabesca traccia iniziale, Future Lullaby, siamo trascinati in un viaggio coinvolgente, caratterizzato da un’atmosfera onirica ed esotica, alla quale la voce quasi biascicata e oscura di Sakamoto si adatta perfettamente. L’ascolto di ogni brano è particolarmente piacevole e rilassante, e il groove di brani come Extremely Bad Man e la title track Let’s Dance Raw non potrà che catturarvi e divertirvi.

La mescolanza di stili e mood ne fanno un album di spessore, formato da strati molto diversi ma ben coesi tra di loro che lo rendono per questo un prodotto affascinante ed accattivante. Il sound caldo e avvolgente lo rende un ascolto perfetto per chi ha bisogno di rilassarsi e trovare un po’ di quiete, o magari per chi sogna di trovarsi in qualche paradiso tropicale, lontano da tutti.

— recensione di Daniele Cavelli


Guarda anche:

 

MOSTRA “TOKYO ZENTAI” di LAURA LIVERANI

Fotografie di Laura Liverani con interviste di Erina Suto

“Quando il corpo è ricoperto dalla sensazione estatica del lycra, mi sento immerso in un sublime senso di tranquillità. Qualcosa che sentiamo prima di nascere, quando siamo ancora nell’utero di nostra madre.”

— Rawen, impiegato e appassionato di Zentai

Lo Zentai

Lo Zentai, acronimo di zenshen taitsu, è una tuta di spandex che copre tutto il corpo, dalla testa ai piedi, volto compreso. Non è del tutto chiaro come e quando la passione per il lycra attillato si sia trasformata nella sottocultura Zentai diffusa in Giappone oggi.

Negli ultimi anni gli appassionati di tute attillate hanno cominciato a connettersi tra di loro, andando a creare una vera e propria comunità: si ritrovano nei club e ad eventi di vario tipo. Alcuni invece preferiscono indossare la tuta Zentai a casa, da soli o con il proprio partner. I praticanti dello Zentai sono studenti, casalinghe, impiegati, professionisti, e le ragioni per cui indossano le tute sono le più disparate.

Per molti, il costume di spandex, cancellando l’identità personale e sociale e garantendo l’anonimato, può alleviare la pressione al conformarsi alle rigide regole della società giapponese. La fotografa Laura Liverani ha incontrato e ritratto gli appassionati di Zentai nelle loro case, nei club e nelle strade di Tokyo per una commissione per Clothes for Humans di Benetton.

Laura Liverani

Laura Liverani è fotografa documentarista e docente universitaria. Dopo la laurea in DAMS all’Università di Bologna e in Photographic Studies alla University of Westminster di Londra, oggi vive e lavora tra l’Italia e il Giappone. Svolge progetti fotografici indipendenti e assegnati, spaziando dal lavoro di ricerca personale alle commissioni editoriali e commerciali.

Le sue fotografie circolano in esposizioni e festival in tutto il mondo, tra cui l’Istituto Italiano di Cultura e la G/P Gallery di Tokyo, il Singapore International Photography Festival e la Japan Foundation di Sydney. Le sue foto sono apparse su D – la Repubblica, Marie Claire, The Guardian, Washington Post, Geo, Clothes for Humans di Benetton, Japan Times e New Scientist.

Da molti anni è coinvolta in progetti di insegnamento della fotografia per associazioni culturali, ONG e università. Nel 2011 è Artist in Residence alla Middlesex University di Londra. Oggi insegna fotografia presso l’università del design ISIA di Faenza, al National College of Art di Dublino e alla HSD University of Applied Sciences di Düsseldorf. Nel 2015 vince la prima edizione del Premio Voglino con il suo progetto a lungo termine sugli Ainu del Giappone. Nel 2018 ha realizzato tutte le fotografie del terzo volume di The Passenger, dedicato al Giappone, per Iperborea. Dal 2017 fa parte dell’agenzia Prospekt Photographers.

OPENING venerdì 28 Febbraio ore 19:30 INGRESSO LIBERO
DOVE: Odeon Gallery, via Mascarella 3, 40126 Bologna
QUANDO: dal 28 Febbraio al 21 Marzo, la mostra rimarrà aperta durante gli orari di apertura del cinema Odeon.

Per maggiori informazioni consultate l’evento Facebook a questo link.

 

JFS SPRING EDITION: TŌKYŌ NANMIN 25/02/2020


PROMOZIONE JFS
: ingresso 3 euro

Tōkyō Nanmin  東京難民

(Giappone, 2014)
Regia: Sasabe Kiyoshi
Cast: Nakamura Aoi, Otsuka Chihiro, Aoyagi Shō
Durata: 130 minuti

Lingua giapponese con sottotitoli professionali in italiano Takamori.

Quando il padre fa perdere le sue tracce e smette di aiutarlo finanziariamente, la vita del giovane Osamu va in frantumi. Dopo essere stato espulso dall’università e sfrattato dal suo appartamento, comincerà un’odissea per le strade di Tōkyō in cui il ragazzo dovrà vivere tra spossanti lavori giornalieri e notti passate negli internet cafè. Infine verrà assunto in un host club gestito dalla yakuza, e trovandosi ad un punto critico Osamu sarà costretto a lottare per guadagnarsi una vita dignitosa.

Clicca qui per guardare il nostro video!

Dove: Cinema Rialto, Via Rialto, 19, 40126 Bologna
Quando: ore 21:00

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My darling is a foreigner (2010)

  ダーリンは外国人

My darling is a foreigner 

(Giappone, 2010)

Regia: Ue Kazuaki

Cast: Inoue Mao, Jonathan Sherr

Genere: commedia, sentimentale

Durata: 100 minuti

Tratto dal manga ダーリンは外国人 (Darling wa gaikokujin) di Oguri Saori, racconta l’esperienza autobiografica dell’autrice con il giornalista americano Tony Laszlo.

 

Essere un 外国人 (gaikokujin)

Nel film Saori, il cui sogno è diventare disegnatrice di manga, vede Tony, per caso, sul treno e, subito dopo, lo incontra durante un evento a cui entrambi stanno lavorando. Lui è un appassionato di lingua giapponese e, infatti, la parla fluentemente. Tuttavia, è comunque considerato un “gaikokujin“, uno straniero. Questo emerge già da una delle prime scene, in cui lui chiede informazioni per strada in perfetto giapponese ma, in un primo momento, viene liquidato con un “non parlo inglese”, finché non usa una forma più dialettale e riesce ad ottenere l’attenzione del passante.

Il tema è riproposto poi con l’incontro tra Tony e la famiglia di Saori, in occasione del matrimonio della sorella. I genitori di Saori scambiano inizialmente Tony per l’officiante della cerimonia (avendo entrambi tratti occidentali), per poi rimanere stupiti e delusi quando viene presentato loro come il fidanzato della figlia. La madre inizialmente si lamenta della situazione, ma poi finisce per accettare Tony e farlo sentire incluso. Cosa che non avviene, invece, con il padre, che si dichiara contrario e fermamente deciso a non accettare la relazione.

La situazione cambia con la morte improvvisa del padre di Saori. Oltre al dolore per la perdita, la giovane sente il peso della definitiva non accettazione di Tony, il quale a sua volta si sente privato della possibilità di riscattarsi. Questo già sembra far vacillare le loro certezze riguardo alla relazione, inoltre Tony fa visita alla famiglia negli Stati Uniti aggiungendo la distanza fisica a quella emotiva.

Convivere con le differenze

A riportare equilibrio ci pensa la madre di Saori, che mostra alla figlia un libro comprato dal marito per imparare a fare conversazione in inglese. Questo prova che, a dispetto dell’apparente rigidità, era disposto a scendere a compromessi per la figlia e superare i propri limiti, linguistici e non. Inoltre, la madre racconta la storia della loro colazione “particolare” composta da toast e zuppa di miso. All’inizio del loro matrimonio, infatti, preparava al marito una colazione tradizionale, nonostante lei volesse dei semplici toast. Quando arrivò ad ammettere che ne aveva abbastanza, il marito, sorpreso, le rispose tranquillamente che poteva cucinare quello che voleva, purché ci fosse della zuppa di miso per lui. Così cominciò quella che poi diventò una tradizione di famiglia. La morale è che le diverse tradizioni possono convivere ed evolversi nel tempo, diventando a loro volta nuove tradizioni. La vita, di coppia e non solo, è riconoscere le differenze dell’altro, accettarle e condividerle.

Indirettamente, Saori ottiene anche l’approvazione del padre, trovando il coraggio di ricongiungersi con Tony.

Siamo tutti stranieri

Anche Saori, pur vivendo nel suo Paese di origine, sperimenta la sensazione di isolamento e incomprensione quando si ritrova circondata dagli amici di Tony, che parlano solo inglese tra loro e che lei fatica a capire. Quando poi raggiunge Tony in America, pensa tra sé “tutti stranieri”, per poi fermarsi e capire che è lei, lì, ad essere la straniera. Sono il contesto e il punto di vista a fare la differenza. Siamo tutti stranieri quando ci allontaniamo dalla nostra casa, dai nostri cari, dalle nostre abitudini e dalla nostra lingua. Eppure è proprio attraverso la lingua che possiamo sentirci accolti e accogliere l’altro. Saori, arrivata in America, durante una cena con la famiglia di Tony, tira fuori un foglio di carta per leggere un discorso in inglese che si era preparata. Con sua sorpresa, anche gli altri hanno fatto lo stesso, e la ringraziano per la cena con un “Gochisousama”. 

Conclusioni

È una commedia carina e dolce, che tratta in modo leggero quello che è un tema sempre più comune, in un mondo come il nostro in cui le persone si trasferiscono anche molto lontano dal proprio Paese. Le barriere linguistiche, culturali, sociali ci sono, ma possono essere abbattute. Le tradizioni e le società sono un prodotto umano e, come tali, si possono sempre evolvere nel tempo e arricchire grazie alla “diversità”.

 

—  recensione di Cecilia Manfredini.


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Fujinami Film Festival

Vi presentiamo oggi la rassegna cinematografica “di senno e di spada” dell’associazione culturale Fujinami, in collaborazione con l’associazione culturale takamori. Il fine della rassegna “di senno e di spada- Educare alla narrazione filmica giapponese” è quello di educare all’incontro con il codice morale ed etico di una realtà ancora oggi molto lontana dalla nostra come quella giapponese attraverso una selezione di cinque lungometraggi che propongono spaccati autentici della realtà samuraica.

Le proiezioni si terranno presso l’Aikido Fujinami Dōjō alle 21:15 in via Gaspare Nadi 13 (zona Mazzini). Per maggiori informazioni vi invitiamo a consultare il sito dell’Associazione culturale Fujinami www.fujinami.it