ちょんまげぷりん Chonmage Purin

Regia: Nakamura Yoshihiro

Cast:  Nishikido Ryo, Tomosaka Rie, Suzuki Fuku

Genere: Commedia

Durata: 1h 48 min

Basato su “Fushigi no Kuni no Yasubei” dello scrittore Araki Gen

 

Trama

Yasube Kijima è un giovane samurai del periodo Edo, che improvvisamente viene trascinato da forze misteriose in un viaggio nel tempo di 180 anni e finisce per ritrovarsi nella Tokyo del XXI secolo. Per caso incontra Hiroko, giovane donna divorziata e madre del piccolo Tomoya. Nonostante le incomprensioni iniziali, i due aiutano Yasube, ospitandolo a casa loro in attesa di trovare una soluzione e il samurai per sdebitarsi inizia ad occuparsi della casa e di Tomoya mentre Hiroko è a lavoro. Questa convinvenza riesce a dare a ognuno di loro quello di cui aveva bisogno: a Hiroko più tempo per concentrarsi sul lavoro ed essere presa sul serio, a Tomoya una figura maschile di riferimento in assenza del padre, infine a Yasube uno scopo nella vita. Infatti, il samurai scopre di avere grande talento nella pasticceria, finendo per competere in uno show televisivo con Tomoya. Come reagirà Yasube alla scoperta della sua nuova vocazione? Riuscirà a non trascurare i legami che ha costruito?

 

 

Tradizione o modernità?

Il dualismo principale che il film mette a confronto è tra passato e presente, tradizione e modernità. Lo stesso Yasube si impegna nella pasticceria come se fosse una sfida tra la sua Edo e la Tokyo in cui è come un pesce fuor d’acqua. Le differenze che spiccano a livello di lingua, abbigliamento e abitudini sono usate come mezzo per divertire lo spettatore creando straniamento, ma allo stesso tempo offrono spunti di riflessione riguardo a tematiche sociali attuali.

Una delle questioni che emergono è quella dei ruoli di genere. Il protagonista è, infatti, un samurai che proviene da un periodo in cui erano gli uomini a garantire la sopravvivenza e sicurezza della famiglia, mentre le donne rimanevano a casa e si occupavano dei figli. Invece, nella Tokyo moderna, Hiroko è una delle tante madri single che devono occuparsi contemporaneamente del lavoro, dei figli e della casa. Per Yasube non è facile comprendere il desiderio di indipendenza e di emancipazione di Hiroko, che ha divorziato proprio perché il marito le chiedeva insistentemente di smettere di lavorare. Quando il samurai afferma che per lui è normale e giusto che una donna rinunci alla carriera per occuparsi della famiglia, Hiroko risponde:

“Forse a Edo! Ma qui siamo a Tokyo.”

Nonostante le profonde differenze culturali, Yasube riesce ad abituarsi ai cambiamenti, grazie alla sua determinazione e disciplina tipiche di un samurai. I lavori domestici e la cucina diventano per lui un dovere da compiere al meglio e un modo per mostrare la sua riconoscenza, portandolo a diventare un punto di riferimento per la famiglia. Hiroko si affeziona e comincia a vedere in lui quello che il suo ex-marito non era riuscito ad essere. Per Tomoya, poi, quello strano personaggio venuto dal passato, con la sua spada e abbigliamento da guerriero, è la figura esemplare e rassicurante di cui aveva bisogno.

Un’altra questione trattata è, infatti, quella della paternità, che si pone quando Yasube viene chiamato a partecipare al “concorso di pasticceria per padri e figli“. Sebbene il regolamento prevedesse un legame biologico tra i concorrenti, Yasube rivendica il suo ruolo, convincendo i giudici che le cure quotidiane verso Tomoya sono sufficienti a definirlo padre.

Conclusioni

L’interrogativo che rimane è: passato e presente possono convivere? Yasube sceglierà di rimanere a Tokyo con la sua nuova famiglia, o finirà per tornare a Edo? E se rimarrà, in che modo? La risposta si trova nella pasticceria.

 

— di Cecilia Manfredini.


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