Higashino Keigo – L’Emporio dei piccoli miracoli || Recensione

Autore: Higashino Keigo
Titolo originale: ナミヤ雑貨店の奇蹟 Editore: Sperling & Kupfer
Collana: Parole
Traduzione: Stefano Romagnoli Edizione: 2018
Pagine: 340


Shōta, Kōhei e Atsuya sono tre ladri inesperti che dopo aver svaligiato una casa in un piccolo paesino di campagna finiscono per ritrovarsi senza auto. Di ritorno a piedi decidono di nascondersi in un negozio all’apparenza abbandonato, l’Emporio Namiya, ma durante la notte viene loro recapitata una lettera da sotto la porta: è una richiesta di aiuto all’anziano proprietario, un tempo famoso per i suoi consigli. I tre decidono di fare le sue veci e lasciano la lettera di risposta fuori l’entrata, che poco dopo viene a sua volta risposta. Mentre notano che la corrispondenza è datata 1979, le lettere di aiuto cominciano a moltiplicarsi insieme ai fantomatici mittenti. I tre cominciano quindi a rispondere ad ogni singola lettera, cercando di cambiare quanto possibile il passato nella speranza di poter migliorare il futuro di quei perfetti sconosciuti…
Piacevole e accattivante, il romanzo tiene il lettore incollato grazie alla capacità di un autore come Higashino di mettere in atto una trama tanto complessa quanto coinvolgente. Realtà e ultraterreno si intrecciano tramite il filo conduttore che unisce passato, presente e futuro in un destino inconsapevolmente già tracciato. È infatti impossibile non appassionarsi ai numerevoli personaggi che con le loro vicende sono in grado di intrattenere e offrire uno spunto di riflessione.
L’Emporio dei piccoli miracoli non tratta soltanto del riscatto di tre maldestri ladri ma racconta la capacità intrinseca dell’animo umano di mutare attraverso le azioni.
Le domande, quelle che ci tormentano, hanno risposte più semplici di quanto crediamo e spesso fatichiamo ad accettare che siano già presenti in noi.
Ascoltare ed essere ascoltati allora può davvero fare la differenza…

—Recensione di Claudia Ciccacci.

Il Detective Kindaichi di Yokomizo Seishi per Il Corriere della Sera

L’Associazione Takamori è lieta di annunciare l’uscita per il Corriere della Sera de Il Detective Kindaichi di Yokomizo Seishi.

Il romanzo sarà la quarta uscita della collana Giappone, crimini e misteri: una raccolta di romanzi che vi lasceranno col fiato sospeso a cura di Annachiara Sacchi.
Dalle atmosfere oniriche di Murakami Haruki al pulp di Isaka Kōtarō. Dal thriller dirompente di Natsuo Kirino al classico del giallo di Yokomizo Seishi. Per immergersi negli aspetti più misteriosi e inediti di una letteratura che ha conquistato i lettori italiani.

La collana sará composta di 12 uscite

Nel segno della pecora di Murakami Haruki

I sette killer dello Shinkansen di Isaka Kōtarō

NP di Yoshimoto Banana

Il Detective Kindaichi di Yokomizo Seishi

Le quattro casalinghe di Tōkyō di  Kirino Natsuo

Piercing di Murakami Ryū

La lucertola nera di Edogawa Ranpo

Appartamento 401 di Yoshida Shūichi

Nero su bianco di Tanizaki Jun’ichirō

Il mistero della donna tatuata di Takagi Akimitsu


Per acquistare i volumi singolarmente o in blocco vi invitiamo a cliccare qui o a visitare lo store web de Il Corriere della Sera.

Mizoguchi Kenji Parte 2 || Akushon! – I registi di JFS


Eccoci al secondo appunta su Mizoguchi Kenji e la sua filmografia! Questa è Akushon, la rubrica dei registi di JFS. Seguiteci!

Naniwa erejī (“Elegia di Osaka” del 1936) ci mostra, in una Osaka degli anni ’30 ancora divisa tra una concezione tradizionalista e conservatrice e uno slancio verso il moderno e il progressista, la storia di Ayako, giovane operatrice telefonica presso un’azienda farmaceutica. Nonostante sia fidanzata, per pagare i debiti del padre Ayako accetta di diventare l’amante del proprio capo in cambio del denaro necessario. Quando la relazione si interrompe a causa della scoperta della moglie del capo, Ayako deve far fronte a un altro problema; il fratello ha infatti bisogno di denaro per potersi laureare. Così, Ayako diventa amante di un’altra figura dell’azienda, alla quale cerca con l’inganno di estorcere denaro sufficiente da poter aiutare il fratello e sposarsi col proprio fidanzato. 
Scoperti, vengono arrestati per truffa e poi per fortuna rilasciati dopo essersi scusati. Il finale tuttavia non è positivo: la famiglia di Ayako infatti la ripudierà, e la costringerà ad allontanarsi.
Come tipico delle opere del regista, la donna non è una figura fautrice del proprio destino, ma ne è piuttosto travolta, sottomessa agli obblighi che derivano semplicemente dall’esser donna. Il motore primo dei suoi guai sono gli errori del padre, ai quali può porre rimedio solo annullandosi in un sacrificio che tuttavia verrà accolto con ingratitudine. 

Zangiku monogatari, traducibile in italiano come “Storia dell’ultimo crisantemo”, è un film drammatico del 1939, tratto dal romanzo di Muramatsu Shofu. Ci troviamo in epoca Meiji, e il giovane Kikunosuke è l’erede del maestro del teatro kabuki Kikugoro, nella prestigiosa famiglia Onoe. Purtroppo egli è tutt’altro che talentuoso e ben presto anche a causa del suo inaccettabile amore per la serva Otoku, viene allontanato dalla famiglia. Da qui inizia la sua faticosa strada verso l’affermazione professionale: inizialmente entra in compagnie teatrali meno prestigiose, ma nel frattempo riesce a riunirsi con Otoku con il quale inizia una relazione. Proprio grazie alla sua buona influenza, Kikunosuke inizia ad affrontare il lavoro con maggiore costanza e impegno, migliorando a tal punto da riuscire ad ottenere un grande successo, che gli permette di ricongiungersi con la sua famiglia, a discapito però della sua relazione con Otoku. Nella pellicola ciò che risulta più evidente è la netta differenza tra il personaggio di Kikunosuke e Otoku. Il primo è inetto e passivo, non riesce a prendere mai alcuna decisione, ad eccezione di quella di ribellarsi alla propria famiglia, per poi affidarsi completamente ad Otoku, sfruttando il suo sostegno per risollevarsi. La seconda invece è l’esatto opposto, intelligente e forte di carattere, agisce attivamente rinnegando anche le regole della società in nome dei propri sentimenti, divenendo la vera eroina, e discostandosi dal modello di donna vittima ricorrente nelle opere di Mizoguchi.

Sanshō Dayū (in italiano “L’intendente Sansho”) è un film del 1954 ambientato durante il Periodo Heian. La tragica storia narrata vede la famiglia di un governatore disfarsi dopo che questi viene destituito perché considerato troppo poco severo dai suoi superiori. Durante un viaggio, infatti, i banditi li attaccano e li rapiscono, vendendo la moglie come prostituta e i due figli come schiavi all’Intendente Sanshō. I due piccoli, chiamati Zushiō e Anju, sono vittime di ogni tipo di sopruso, ma si ripromettono di rimanere uniti e di riuscire un giorno a fuggire per riunirsi con la propria famiglia.
Anni dopo, decidono di tentare la fuga: la povera Anju, alle strette, pur di non farsi prendere si suicida. Zushiō, invece, trova rifugio presso un monastero dove, per una serie di fortunati eventi, riesce a ottenere una intercessione da parte del figlio del Primo Ministro, fattosi monaco. Dopo aver incontrato il Ministro stesso, questi lo nomina Governatore proprio della contea in cui Zushiōera tenuto come schiavo. In collera per la morte della sorella, egli vieta la schiavitù nella contea ed esilia Sanshō e i suoi uomini e concludendo l’opera dando le dimissioni.
Questo film mette in scena un’opposizione tra la giustizia e il potere, capriccioso e brutale con gli indifesi e gli umili, servile con i superiori. In particolare, ancora una volta è centrale la figura salvifica della donna, che alla fine sfugge dall’oppressione di cui è vittima.

Concludiamo con Akasen chitai, ovvero “La strada della vergogna”, ultima opera del regista uscita nel 1956. La pellicola racconta la storia di cinque donne, prostitute in una casa di piacere del quartiere di Yoshiwara, intente a cercare di migliorare la propria disastrosa condizione di vita sia familiare che economica. Yumeko deve affrontare l’arrivo a Tokyo di suo figlio, del quale si vergogna per la professione che ha dovuto intraprendere per mantenerlo; Yasumi, sovrastata dai debiti, è disposta a ricorrere a qualsiasi cosa pur di estinguerli; Yorie che con l’arrivo di un pretendente presto si ritroverà in una situazione ancora più difficile della precedente; Hanae è costretta a prendersi cura da sola del figlio piccolo e del marito disoccupato, e infine c’è Mickey in fuga dal padre, per tentare di ottenere una propria indipendenza economica, ma con scarso successo. Il tutto accade proprio quando il governo giapponese si appresta a promuovere una legge che vieti la prostituzione, che però poi non viene emanata. La pellicola ci offre in maniera profondamente realistica e dolorosa, il ritratto della condizione della donna nel dopoguerra, con sfondo i bassifondi di Tokyo. Le donne di questo mondo vivono ai margini delle società, schiave della loro condizione e del denaro, unica cosa che può permettere loro di riottenere la libertà perduta. 

E anche per questo regista siamo giunti alla fine! Se volete approfondire le vite e le opere di altri registi giapponesi non vi resta che continuare a seguirci con Akushon!

Masquerade Night || Recensione

Titolo originale: マスカレード・ナイト
Regista: Suzuki Masayuki
Anno: 2021
Genere: Thriller detective
Durata: 2h 9min

Masquerade Night, film del 2021 di Suzuki Masayuki, è il sequel di Masquerade Hotel del 2019. Il primo film narrava l’infiltrazione sotto copertura di Nitta Kosuke, agente di Polizia, presso l’hotel Cortesia di Tokyo per catturare un serial killer. Qui, verrà aiutato e si scontrerà con la consierge dell’Hotel Yamagishi Naomi, venendo a creare una contrapposizione tra i metodi della Polizia, disposta a usare le maniere forti pur di catturare l’assassino, e gli ideali dell’Hotel stesso, che mette al primo posto il benessere degli ospiti.

Il secondo film riprende sin dal primissimo istante i meccanismi del primo: una donna viene uccisa in un modo piuttosto singolare, ovvero folgorata e vestita in stile Lolita; poco dopo, una lettera anonima viene consegnata alla Polizia, dichiarando che l’assassino colpirà ancora e che il teatro del crimine sarà proprio l’Hotel Cortesia durante il ballo in maschera di fine anno. In un istante, viene deciso di utilizzare la stessa strategia del film precedente, facendo infiltrare nuovamente Nitta tra lo staff dell’Hotel per catturare l’assassino entro la mezzanotte e impedire così il delitto.

Dove la prima pellicola si era presa tempo per caratterizzare i personaggi, costruire l’antitesi fra i caratteri dei protagonisti e generare una reale tensione nella storia creando una situazione al tempo stesso paradossale, drammatica e divertente, Masquerade Night invece liquida il tutto in quattro e quattr’otto, con il capo della Polizia che dice semplicemente a Nitta che dovrà infiltrarsi nuovamente nell’Hotel. In un istante e senza nessuna build up, è come se stessimo assistendo a un prolungamento dello scorso capitolo, con variazioni minime che riescono comunque a salvare il film il tanto che basta per renderlo piacevole, nonostante gran parte del merito vada al carisma degli attori, alla fluidità della sceneggiatura e alla sapiente regia.

Se a livello di trama, infatti, l’unico elemento degno di nota è il pressante countdown alla mezzanotte, inframezzato dalla presentazione dei vari personaggi e sospettati, il film è costruito in modo impeccabile, dai costumi alla fotografia, e ci porta a seguire le vicende con interesse e attenzione.

Assistiamo così all’evolversi della vicenda, con la Polizia che identifica due figure chiave nell’indagine, ovvero l’assassino, pronto a colpire nuovamente, e l’informatore anonimo che ha avvisato le forze dell’ordine e che sarà presente all’Hotel durante il ballo in maschera, con l’intenzione di ricattare l’omicida. Vari ospiti sono sospetti: Urabe, un uomo che sembra avere legami con l’ultima vittima; Sono, un uomo fedifrago accompagnato da moglie e figlio e che è in realtà solito incontrarsi al Cortesia Hotel con la propria amante, presente anch’ella alla serata; Kusakabe, un abbiente e viziato prepotente che potrebbe star utilizzando un nome falso; Nakane, una signora che ha prenotato una stanza per lei e il marito, il quale sembra tuttavia non esistere.

La Polizia lavora febbrilmente per schedare con discrezione tutti e 500 gli ospiti presenti, consci che da quando inizierà la festa tutti indosseranno una maschera e sarà impossibile identificarli. Il difficile equilibrio tra il proseguo delle indagini e il preservare il benessere e la privacy degli ospiti è tutelato dal lavoro di squadra di Nitta e Yamagishi, che non esiteranno a rischiare la vita per arrivare a scoprire la verità e a fermare il colpevole.

— Recensione di Chiara Coffen

As The Gods Will || Rassegna AFS Fall 2022

L’Associazione Takamori è lieta di annunciarvi il ritorno al Cinema Rialto col nostro secondo appuntamento Martedì 25 Ottobre.


As the Gods Will è un thriller d’azione diretto da Miike Takashi e uscita nelle sale giapponesi nel 2014 e basato sull’omonimo manga scritto da Kaneshiro Muneyuki.
Shun Takahata, interpretato da Fukushi Sōta, vive una vita normale da studente delle superiori, noiosa e monotona, ma la sua giornata sta per cambiare: la testa del suo professore esplode e al suo posto compare una bambola Daruma che obbliga Shun e i suoi compagni di classe a giocare a “Daruma ga koronda” (un gioco molto simile a “Un, due, tre, stella!”), con la regola aggiuntiva che prevede la morte per i perdenti.
Presto scoprirà che tutte le scuole stanno subendo lo stesso trattamento.

Vi ricordiamo che per acquistare i biglietti potete cliccare qui o visitare il link https://www.circuitocinemabologna.it/film/15622?ref_date=2022-10-25