NUOVI CORSI DI LINGUA GIAPPONESE TAKAMORI 2019-2020

 

Quest’anno il Giappone è più vicino grazie all’associazione Takamori!

Provi interesse verso la cultura del paese del Sol Levante ma lavoro o studio ti hanno finora tenuto lontano dall’approfondirlo? I corsi serali di lingua giapponese Takamori ti offrono finalmente una finestra su questo mondo! Le lezioni saranno tenute dal prof. Francesco Vitucci, docente universitario di lingua giapponese all’Alma Mater di Bologna, e non mancheranno inoltre esercitazioni con madrelingua e tutor didattici al fine di interiorizzare quanto appreso. Potrai usare il tuo tempo per coltivare questa tua passione ed eventualmente iniziare ad aprirti nuovi orizzonti lavorativi per il futuro. Due i corsi al via nell’anno 2019-2020:

  • CORSO PRINCIPIANTI ASSOLUTI: inizio lunedì 7 ottobre 2019
  • CORSO FALSO PRINCIPIANTE: inizio martedì 8 ottobre 2019

Entrambi i corsi si terranno a Bologna, in via Borgonovo (traversa di via Santo Stefano) e le classi saranno a numero chiuso (max 10 studenti per ogni classe).

Per ulteriori informazioni circa tariffe, preiscrizioni e altro ancora ti invitiamo a contattarci al nostro indirizzo di posta elettronica, info@takamori.it.

Per ora è un’opportunità, a te la possibilità di trasformarla in qualcosa di più!

Le ricette della signora Tokue (2018) – Durian Sukegawa

Autore: Durian Sukegawa

Titolo: Le ricette della signora Tokue

Titolo originale: あん (An)

Editore: Einaudi

Traduzione: Laura Testaverde

Edizione: 2018

Pagine: 173

 

Le ricette della signora Tokue è un racconto delicato, sensibile e profondo di tre storie completamente diverse ma al contempo simili: quelle di Sentarō, Wakana e, in particolare, Tokue, a causa della malattia di quest’ultima, il morbo di Hansen.

I protagonisti

Sentarō trascorre le sue monotone giornate davanti alla piastra sulla quale cuoce dorayaki — tipici dolcetti giapponesi composti da due dischetti di pan di Spagna che racchiudono al loro interno l’an, una confettura a base di fagioli azuki. È un uomo di mezz’età chiaramente infelice e costretto a lavorare da Doraharu per saldare un debito con il proprietario.

Tra le clienti più affezionate vi sono alcune ragazzine del liceo, pettegole e chiassose. Ad eccezione di una, Wakana, riservata e ferita da una situazione familiare difficile che vede l’assenza del padre, le scarse attenzioni della madre e l’affetto sincero per il suo canarino.

Per ultima la vera protagonista del romanzo, la signora Tokue. Si presenta al negozio di dolciumi di Sentarō pregandolo di assumerla come sua aiutante. Data la sua grande esperienza e passione nel preparare i dolcetti, la clientela nota immediatamente la differenza e Doraharu inizia a spopolare come mai prima di quel momento. Tuttavia, l’anziana signora porta sulla sua pelle i segni della lebbra, la malattia che le ha segnato la vita. Non appena si sparge la voce del fatto che sia lei a prepararli, tutti i clienti si volatilizzano costringendo Sentarō a licenziarla.

I protagonisti appartengono a tre diverse generazioni di perdenti, esclusi ed emarginati che, per un motivo o per l’altro, non riescono a trovare un modo per integrarsi nella società in cui vivono: Tokue a causa della lebbra che l’ha costretta a vivere internata in un sanatorio per tutta la vita; Sentarō in quanto ex detenuto che ha perso i contatti umani e che fa un lavoro che non lo appaga minimamente e Wakana, diversa da tutte le altre ragazzine della sua età, con le quali fatica a legare.

Il Giappone e il morbo di Hansen

La tematica della malattia è certamente il fulcro dell’intero romanzo e si basa su fatti realmente accaduti in Giappone. Fino al 1966, infatti, restò in vigore in Giappone una legge che imponeva a tutti coloro che avessero contratto il morbo di Hansen, termine medico per indicare la lebbra, di passare il resto della loro vita confinati all’interno di sanatori.

Si trattò di una vera problematica sociale. Infatti, nonostante queste persone fossero guarite e fosse scongiurato il rischio di contagio, il governo giapponese decise comunque di non concedere loro la possibilità di una nuova integrazione sociale, principalmente per la paura che la malattia potesse manifestarsi nuovamente e a causa delle gravi malformazioni fisiche dei malati.

Sentarō riflette sulla situazione, paragonando la sua permanenza in carcere alla situazione di reclusione dei malati di lebbra:

“Doveva essere ben diverso dal senso di sconfitta che aveva provato lui un tempo dietro le sbarre. Lui era colpevole. Loro no. Eppure la sua prigionia era stata temporanea. Eppure c’era una legge che teneva reclusi i lebbrosi per tutta la vita.”

La questione è tornata alla luce negli ultimi anni, quando i figli dei malati hanno combattuto per far valere i diritti dei loro parenti richiedendo alle autorità giapponesi un risarcimento per i danni subiti e delle scuse pubbliche per il trattamento discriminatorio e disumano ricevuto.

Ciò non rappresenta una novità all’interno della società giapponese che già in passato ha dato prova di non essere molto propensa all’inclusione di tutti coloro che sono ritenuti “diversi”. Basti pensare ai burakumin, discriminati in  quanto praticanti di professioni ritenute impure dallo scintoismo come i macellai e i becchini, o agli hibakusha, le vittime dei bombardamenti atomici che faticano a sposarsi e a rifarsi una vita per paura che le radiazioni continuino a trasmettersi di generazione in generazione.

Nonostante gli sforzi del Giappone per essere considerarsi una società quanto più possibile moderna e di ampie vedute, è evidente come certi pregiudizi siano destinati a restare radicati nelle menti dei cittadini che non sembrano voler prendere esempio dagli errori commessi in passato.

Conclusioni

Questo romanzo può essere definito come un vero e proprio inno alla libertà e alla resilienza. Nella lunga lettera finale, la signora Tokue lancia un messaggio di grande forza e positività circa il senso della vita:

“Sono sicura che tutti, non solo le vittime del morbo di Hansen, prima o poi si chiedano se la loro vita abbia un senso. E la risposta è che… la vita ha un senso, oggi lo so per certo.”

Dal libro è stato tratto anche il film, molto fedele al libro, “Le ricette della signora Toku”, diretto da Kawase Naomi e presentato nel 2015 al Festival di Cannes.

 

— di Vittoria De Bernardi


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BUCK-TICK (バクチク) – No.0

IL GRUPPO

I BUCK-TICK (バクチク bakuchiku) sono un gruppo rock giapponese, attivo dal 1984. La band si è formata a Fujioka ed è considerata, insieme agli X Japan, uno dei precursori del genere visual kei. Il nome è una curiosa trascrizione in katakana del termine giapponese 爆竹 (bakuchiku), che significa “fuochi d’artificio”.

Precedentemente noti come GO-GO, i BUCK-TICK fanno il loro esordio nella scena mainstream nel 1987 con l’album Hurry Up Mode. Da allora, la formazione non ha più subito cambiamenti.

Il gruppo si compone di cinque membri:

  • Sakurai Atsushi 櫻井敦司, voce
  • Imai Hisashi 今井寿, chitarre e cori
  • Hoshino Hidehiko 星野英彦, chitarre, tastiere e cori
  • Higuchi Yutaka 樋口豊, basso
  • Yagami Toll ヤガミトール, batteria

 

No.0

L’album che proponiamo è intitolato No.0. Uscito nel 2018 per l’etichetta Lingua Sounda, si tratta del ventunesimo, nonché più recente, album del gruppo.

Si compone di 13 tracce:

  1. Reishiki juusan kata ( 零式13型 )
  2. Bishuu Love ( 美醜LOVE )
  3. Gustave
  4. Moon sayounara wo oshiete ( Moon さようならを教えて )
  5. Harairojuujidan – Rosen Kreuzer – ( 薔薇色十字団 – Rosen Kreuzer – )
  6. Salome – femme fatale ( サロメ – femme fatale )
  7. Ophelia
  8. Hikari no teikoku ( 光の帝国 )
  9. Nostalgia – vita ( ノスタルジア – ヰタ メカニカリス – )
  10. Igniter
  11. Babel
  12. Guernica no yoru ( ゲルニカの夜 )
  13. Tainai kaiki ( 胎内回帰 )

 

L’album presenta il sound tipicamente hard rock / heavy metal della band, a cui vengono aggiunte spiccate influenze elettroniche. Il risultato è un’opera che difficilmente è assimilabile al visual kei, genere peraltro appartenente ad un’epoca oramai passata: piuttosto, le atmosfere cupe e sinistre ricordano a tratti il gothic rock e il doom metal. Questo vale soprattutto per la prima parte dell’album, che invece va via via ad ammorbidirsi con il passare delle tracce.

L’album si apre con Reishiki juusan kata: dopo un’epica introduzione strumentale, fa il suo ingresso la voce di Sakurai Atsushi, in un brano dalle atmosfere molto scure. Atmosfere che rimangono tali nella seconda traccia Bishuu Love, in cui si avvertono le prime influenze elettroniche. Tuttavia bisogna attendere il terzo, magnifico brano Gustave per rendersi conto appieno delle potenzialità che il mix rock / musica elettronica possiede: un intro che ricorda i Muse di Unsustainable sfocia in una canzone dalle sonorità quasi EDM. Certamente uno dei brani più riusciti dell’album.

La quarta traccia Moon sayounara wo oshiete è altresì uno dei due singoli estratti dall’album: lo si può facilmente intendere dal ritornello orecchiabile e dalla presenza, anche in questo caso, di molti elementi elettronici che ricordano la musica degli anni ottanta.

Dal quinto brano Harairojuujidan – Rosen Kreuzer – vediamo diminuire leggermente le sonorità cupe, che lasciano spazio ad un sound meno metal e decisamente più rock. La sesta traccia Salome – femme fatale, che rispecchia certamente il titolo, si distingue per un intermezzo strumentale piuttosto straniante e per un assolo di tastiere di Hoshino Hidehiko. La seguente Ophelia lascia invece spazio alla voce di Sakurai, alternando sezioni ritmiche acustiche con altre elettroniche. L’ottava canzone Hikari no teikoku è certamente una di quelle con le maggiori influenze elettroniche, seguita da Nostalgia – vita, che mantiene questo sound.

Con la decima traccia Igniter tornano le atmosfere gotiche e distopiche che caratterizzavano i primi brani dell’album. Questo vale anche per la seguente Babel, l’altro singolo estratto dall’album. Ma la vetta, a mio modesto parere, si raggiunge con gli ultimi due brani. Guernica no yoru si apre con un’atmosfera molto malinconica, per poi sfociare in una ballad ossessiva. La conclusione epica la rende una delle canzoni più belle dell’album. Album che si chiude con l’orecchiabile ma gloriosa Tainai kaiki, brano in cui lo strumento prevalente è la chitarra acustica.

L’album è caldamente consigliato ai fan di qualunque sottogenere del rock: sono infatti presenti influenze goth, doom, progressive e new wave, oltre alle già citate influenze elettroniche. Certamente un ascolto non semplice, ma al tempo stesso molto gratificante.

—di Pietro Spisni


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RIVER’S EDGE: la Bubble culture secondo YUKISADA ISAO

Tratto dall’omonimo manga di Okazaki Kyōko, viene serializzato tra il 1993 e il 1994, con lo scopo di raccontare i problemi dei giovani studenti di Tōkyō. Okazaki non fa che descrive la solitudine e il vuoto dei liceali.

Nel 2018 viene presentato al Festival di Berlino per la sezione denominata Panorama, nata per premiare film d’autore, film indipendenti e documentari con tematiche impegnate e stili poco convenzionali.

Haruna Wakagusa è una studentessa che vive con la madre. Il suo compagno di classe Ichiro Yamada è vittima di bullismo, a causa del suo orientamento sessuale. I due diventano amici dopo che lei lo salva dalle continue angherie del fidanzato di lei. Ichiro decide allora di confessarle il suo segreto: la scoperta di un cadavere lungo il fiume. I due non sono gli unici personaggi all’interno del film, vi sono infatti: Kannonzaki, il bulletto della scuola che tradisce Haruna con una sua amica; Yoshikawa, giovane studentessa oltre che modella ma bulimica; Koyama, amica di Haruna e probabilmente incinta di Kannonzaki e infine Tajima, “ragazza di copertura” di Ichiro. 

6 ragazzi di Tōkyō, figli dello scoppio della bolla speculativa che ha colpito il Giappone negli anni 90, costretti a vivere in una società in profondo mutamento al negativo. Questi i protagonisti del film.

Da sinistra: Rumi, Kannonzaki, Haruna, Ichiro, Tajima e Yoshikawa.

La “baburu” culture 

Lo scoppio della bolla speculativa ha colpito il Giappone in modo estremamente brusco. Non ha colpito solamente l’economia ma anche lo stile di vita, i comportamenti e la stessa cultura giapponese. Si sente spesso infatti parlare di baburu culture, appunto cultura della bolla. Questo modello emerge dall’estrema incertezza e vacuità causata dalla crisi economica. Vi è una perdita di fiducia nelle autorità e una conseguente contestazione delle azioni portate avanti dal governo. Inoltre, elemento molto più grave, è presente un rifiuto dei modelli precedenti, anzi si critica, in parole semplici,  l’operato della generazione precedente che non è stata in grado di fornire  basi solide alle nuove generazioni. Abbiamo il ricorso a nuove figure,  per esempio si va a creare in concomitanza con il modello di famiglia tradizionale, la convivenza di fatto.

Relativamente al film questo è visibile con Rumi e l’enjo kōsai. L’Enjo kōsai è una forma di prostituzione che coinvolge minori, solitamente adolescenti, e consiste nel farsi accompagnare da uomini adulti in cambio di denaro, che viene poi speso per comprare le ultime cose alla moda. È evidente che sia un’ espressione di un disagio, causato principalmente da un vuoto valoriale, da un rifiuto di replicare ciò che era considerato “normale” per la generazione precedente.

Ukisada Isao è capace di racchiudere in un film di un’ora e mezza tematiche complesse, quanto mai oggi presenti nella società. Tra le tematiche principali vi sono i disordini alimentari, la prostituzione giovanile, il bullismo e, in parte, il fenomeno dell’hikikomori.

Come segnalato prima Ichiro Yamada viene bullizzato dai suoi compagni di classe, in particolare modo da Kannonzaki. Ichiro non vuole esprimere il suo disagio ai genitori, e continua nell’arco di tutto il film ad essere picchiato. Lo vediamo sempre ricoperto di lividi. Gli altri compagni, escludendo Haruna, fanno finta di niente anzi lo deridono.

La sorella di Rumi è un’hikikomori. Questo, diversamente da come si pensa, non è un fenomeno solo giapponese, infatti anche in Italia ve n’è un’alta percentuale. Il termine in sé richiama la chiocciola, è una sindrome da reclusione, in cui la durata è variabile e a soffrirne sono principalmente maschi sia adolescenti che adulti. La causa è spesso da ricercare in un trauma che può essere il bullismo a scuola o la perdita del lavoro. Non è assimilabile ad altre forme di depressione, anche se vi sono alcuni punti di contatto come il progressivo ritiro e l’atteggiamento violento. Nel caso della sorella di Rumi è quest’ultimo l’elemento da porre in rilievo.

Yoshikawa è una liceale, amica di Ichiro e Haruna. Fa la modella da quando aveva 3 anni, poiché i suoi genitori sono del settore. Mostra sin da subito un odio per il suo viso, non si sente “speciale”, non sa perché i suoi collaboratori continuino a fargli dei complimenti, si sente inopportuna, facilmente sostituibile da una ragazza più bella. Bulimica, mangia smodatamente per poi vomitare. I genitori sono completamente assenti, anche se questo caratterizza altri personaggi come Kannonzaki, figlio più piccolo di una famiglia quantomai alternativa, il padre fuggito con l’amante ritorna a casa come se niente fosse.  Kannonzaki è quasi sempre a casa da solo, i genitori non si preoccupano del suo stato. Il bullo che è a sua volta una vittima. Vittima di una famiglia assente.

Conclusione

Un film ricco di contenuti ed impegnativo. Non basta fermarsi allo strato superficiale; è importante andare a scavare nella mente di questi giovani disagiati. Un disagio che non è possibile circoscrivere agli anni 90.

Ecco il trailer:

—di Beatrice Falletta

Guarda anche:


Presentazione del romanzo “Il detective Kindaichi” di Yokomizo Seishi

 

Vi aspettiamo il 12 giugno alle 19 presso la Confraternita dell’uva per la presentazione del romanzo “Il detective Kindaichi” di Yokomizo Seishi.

Saranno presenti il traduttore Francesco Vitucci e Paola Scrolavezza.


Per saperne di più sul romanzo vi consigliamo di leggere la recensione di Francesca Panza (https://www.takamori.it/il-detective-kindaichi-un-caso-di-delitto-quasi-perfetto/ )