Sugihara Chiune – Rassegna AFS

L’associazione Takamori è lieta di annunciarvi il ritorno al Cinema Rialto con il quinto appuntamento della rassegna autunnale AFS martedì 6 Dicembre, in collaborazione con Asia Institute e Circuito Cinema Bologna. Sugihara Chiune è un’opera drammatica e biografica riguardante la vita di Sugihara Chiune, diretta da Cellin Gluck.

Chiune Sugihara è un diplomatico giapponese che lavora in Lituania. Durante la Seconda Guerra Mondiale, egli tenta di salvare molti ebrei dalla Germania nazista tramite il rilascio dei visti di transito in Giappone. Il film racconta la vita di Sugihara partendo dal periodo in cui era uno studente della Waseda University.

A volte chiamato lo Schindler giapponese, Sugihara Chiune, interpretato da Toshiaki Karasawa, ha salvato circa 6 mila persone dall’arrivo dei nazisti in Lituania, firmando altrettante carte visa di transito.

Dopo di ciò la sua carriera diplomatica fu rovinata, visse una vita modesta nell’oscurità, raggiunto poi da un superstite in tarda età. Date tutte le persone che ha salvato, ora è considerato un eroe in Giappone.

La prima del film è stata in Polonia, in occasione dell’apertura del Warsaw Jewish Film Festival.

Per acquistare i biglietti, visitate il seguente link:

https://www.circuitocinemabologna.it/film/16163/f4a3b158-1450-4735-9d22-520c852a8798?ref_date=2022-12-06

Vi aspettiamo in numerosi al cinema e, come di consueto, vi aspettiamo prossimamente sui nostri canali social e sulla nostra homepage.

JYOCHO – Let’s Promise to Be Happy || Recensione

Tra le band più rappresentative e leader del panorama math-rock giapponese, i Jyochonascono nel 2016 dalla mente del chitarrista ed ex membro del gruppo Uchu Conbini (宇宙コンビニ) Daijiro Nakagawa, affiancato da Netako Nekota (cantante), Yuuki Hayashi(flauto) e Sindee (basso). 

Il math-rock è un sottogenere del rock famoso per l’utilizzo di accordi complessi e di una metrica dispari che spesso vede la combinazione di molteplici tempi concatenati all’interno di una singola canzone. Questa complessità è tale da essere definita “matematica” da molti critici e ascoltatori, da qui il nome del genere.

I Jyocho rendono pienamente giustizia al nome del genere a cui appartengono, proponendone anzi una revisione unica e originale, grazie soprattutto all’uso di strumenti musicali inusuali per il genere come il flauto e la voce femminile. La band, infatti, vuole discostarsi dai confini classici del math-rock, proponendo una musica in grado di suscitare forti emozioni negli ascoltatori, creando atmosfere eteree, sognanti e delicate.

I Jyocho cominciano la loro carriera musicale con il primo album ‘A Prayer in Vain’ (祈りでは届かない距離), che vede ancora la presenza della precedente cantante Okano Rio, la quale lascerà il gruppo l’anno dopo, venendo sostituita dall’attuale cantante Netako Nekota.

Il gruppo acquisirà però particolare notorietà soprattutto dopo il rilascio dell’anime ‘Junji ItoCollection’ di cui hanno curato la sigla finale ‘A Parallel Universe’ (互いの宇宙), canzone che riprende i tratti inquietanti dell’opera mescolati con l’emotività tipica del gruppo.

Il vero culmine della loro maturazione è tuttavia l’ultimo album rilasciato ‘Let’s Promise to be Happy’ (しあわせになるから、なろうよ).

L’album, relativamente breve di durata con i suoi 24 minuti, è introdotto da una canzone suonata esclusivamente con la chitarra acustica, strumento centrale grazie alla complessità di esecuzione che il leader Daijiro riesce a rendere nei propri riff, abusando di tecniche come il tapping.

Assieme alla chitarra medesimo peso ricoprono il flauto e la voce femminile, che aiutano a richiamare un’atmosfera sognante e soave, capace di immergere l’ascoltatore nella realtà ottimistica e speranzosa che l’album vuole trasmettere, grazie a canzoni come ‘The End of Sorrow’ (悲しみのゴール) o ‘Measure the Dawn’ (夜明けの測度). Tema dell’album, infatti, come dichiarato dallo stesso Daijiro, è la ricerca di ciò che può portare alla felicità, da qui il titolo dell’album ‘Let’s promise to be Happy’. 

La canzone finale, breve riff di chitarra anch’esso, agisce come speculare dell’introduzione: se l’intro agisce da ingresso per il mondo colmo di speranza dell’album, l’outro funziona invece da rimando per la “promessa” di impegno nella ricerca della felicità intrapresa con l’ascolto.

Recensione di Giuliano DeFronzo

Ninagawa Yukio Parte 2 || Akushon! – I Registi di JFS


Ciao a tutti! Siamo ad Akushon!, la rubrica dei registi di Associazione Takamori. Questo è il secondo appuntamento su Ninagawa Yukio e la sua filmografia.

Pubblicato nel 1981, Mansho no natsu (The Summer of Evil Spirits) narra la storia di Iemon Tamiya, un servitore dell’ex famiglia Asano, che vive pacificamente con la moglie Iwa e il figlio. Un suo amico, Naosuke, cerca di uccidere un vassallo con cui ha una faida, ma per errore uccide il cognato di Iemon. Il rapporto tra Iemon e la moglie si deteriora gradualmente, e questi intraprende una relazione clandestina, condannata dal padre dell’amante. Iemon viene convinto a fare ammenda bevendo del veleno, che invece di ucciderlo lo lascia sfigurato. Degli spiriti vendicativi iniziano inoltre a tormentarlo, e spaventato Iemon finisce con l’uccidere la sua amante e il padre. Sorprendentemente, il cognato di Iemon è sopravvissuto, e nel cercare vendetta nei confronti di Naosuke questi si uccidono a vicenda. Tornato come spirito vendicativo, il cognato perseguita anche Iemon, concludendo la vicenda in tragedia.

In Ao no honō (The Blue light)pellicola del 2003 basata sull’omonimo romanzo di Kishi Yusuke, viene narrata la storia di Kushimori Shuichi, uno studente modello che frequenta una prestigiosa scuola superiore. Un giorno, all’improvviso, torna a tormentarlo il padre adottivo Sone, divorziato dalla madre 10 anni prima. Shuichi fa tutto ciò che legalmente gli è possibile per tenere il bieco individuo lontano dalla sua famiglia, ma questi riesce ad aggirare il sistema e arriva addirittura ad abusare dell’ex moglie e della sorella di Shuichi. Questi, passato il punto di non ritorno, ovvero nel momento in cui Sone arriva a fare avances sessuali alla sorella, decide che l’unico modo per liberarsi di quest’uomo è di ucciderlo. Un film in cui la tensione si fa gradualmente sempre più palpabile, fino al punto in cui lo spettatore si trova ad essere estremamente empatico nei confronti del protagonista.

Tratto dal romanzo di Kyougoku Natsuhiko, a sua volta una reinterpretazione del classico kabuki Toukaidou Yotsuya Kaidan, la pellicola Warau Iemon (Eternal Love), del 2004, narra le vicende di un ronin dal passato travagliato, costretto a partecipare al suicidio tramite seppuku del padre, che per pietà sposa Iwa, la figlia del prete errante Mataichi, una donna un tempo bellissima ma sfigurata da una malattia. Col tempo tra loro nasce un amore vero e profondo che supera le apparenze, ma le maldicenze diffuse da Kihei, un uomo che non era riuscito a conquistare Iwa prima della malattia, li costringono a separarsi. Iemon, per vendetta, si risposerà con una delle amanti di Kihei. Il finale sarà tragico.
Quasi a voler rappresentare in chiave Shakespeariana, questo film drammatico coinvolge lo spettatore, mostrandogli un nuovo protagonista: laddove prima vi era un antagonista, ora vi è un eroe e questo rende ancora più intrigante la storia narrata.

Tratto dall’omonimo romanzo di Kanehara Hitomi, conosciuto in Italia come “Serpenti e piercing”, Hebi ni piasu esce nel 2008 nelle sale giapponesi. Ninagawa decise di modificare la città nella quale si svolge la trama da Shinjuku, dove si svolgeva originariamente, a Shibuya. 
Il film narra la storia di Lui, una ragazza di diciannove anni annoiata e demotivata dalla vita. Una sera incontra Ama, un ragazzo vestito in stile punk, pieno di tatuaggi e piercing. Quello che l’attrae del ragazzo è lo “split tongue”, una modifica del corpo che consiste nella biforcazione della lingua. 
Dopo aver intrapreso una relazione con Ama, questi le farà conoscere Shiba, un tatuatore, che la aiuterà nel suo scopo: ottenere lei stessa la lingua biforcuta.  Dopo che lei gli chiede di farle un tatuaggio, inizierà un triangolo amoroso tra i tre protagonisti.
Dopo un violento incontro notturno nelle strade di Tokyo, Ama scompare e Lui è costretta ad affrontare la dura situazione.

E anche per questo regista siamo giunti alla fine! Se volete approfondire le vite e le opere di altri registi giapponesi non vi resta che continuare a seguirci con Akushon!

Kirino Natsuo – Grotesque || Recensione


Autore: Kirino Natsuo
Editore: Beat
Traduzione: Gianluca Coci
Collana: BEAT BEST SELLERS
Anno di edizione: 2021
Pagine: 848


“Gli uomini – i maschi intendo dire – vivono secondo regole che hanno stabilito da soli e unicamente per sé stessi. E tra queste regole ce n’è una in base alla quale noi donne non saremmo altro che una specie di oggetto da possedere.
Una figlia appartiene al padre, una moglie al marito.” Due sorelle, figlie di una giapponese e di uno svizzero: Yuriko, bellissima fin da bambina, a tal punto da mettere in ombra le altre ragazze. L’altra, talmente succube della bellezza della sorella e talmente priva di attributi peculiari da non essere mai nominata all’interno del romanzo, costituisce l’io narrante della storia. La storia di una donna invisibile, che per colpa della sorella arriva a serbare un rancore così forte, da desiderarne la scomparsa o addirittura la morte. Se ne prospetta l’occasione quando il padre si trasferisce per lavoro in Svizzera, e lei rimane in Giappone, vivendo con il nonno, per cercare di entrare nel prestigioso liceo Q.
Anche in questo caso dovrà dare tutta sé stessa per raggiungere il suo obiettivo, salvo poi vedere Yuriko passarle avanti senza difficoltà grazie alla sua bellezza. Quest’ultima è forse l’unica delle protagoniste che ha ben chiara l’ineluttabilità del proprio destino, conscia che la sua bellezza sia passeggera, non un privilegio, bensì un bene di scambio per ottenere una vita agiata. In questo contesto avviene l’incontro con Sato Kazue, con la quale Yuriko condividerà sia la professione di prostituta, seppur motivata in maniera diametralmente opposta, sia la morte per mano di un uomo.
Intricati fili si annodano nelle trame di due esistenze culminate nella violenza. Dalla storia delle due donne uccise emerge uno spaccato della società giapponese, e il romanzo è a tutti gli effetti una critica alla società giapponese, alla divisione in classi sociali, all’impossibilità dell’emancipazione femminile.
È un romanzo che parla della donna, di come non riesca ad affermare sé stessa in quanto tale se non attraverso delle maschere. Da qui infatti la prostituzione, vista non solo come risposta alle proprie necessità, ma anche come strumento di emancipazione e di espressione libera del proprio io. La realizzazione è un privilegio concesso solo agli uomini, ed infatti le donne di questo romanzo non riescono a trovare la via per raggiungerla. Le vere protagoniste di questo romanzo sono la sofferenza, l’invidia, la frustrazione, ed un senso di solitudine che accompagna la storia di tutte queste donne.


Recensione di Fausto Henri Giunti

The Little House || Rassegna AFS

L’Associazione Takamori è lieta di annunciarvi il ritorno al Cinema Rialto col 4° appuntamento della nostra rassegna autunnale AFS martedì 22 novembre.
La 4° pellicola che presentiamo è The little house (小さいおうち, Chiisai ouchi), film drammatico del 2014 diretto da Yamada Yōji.
La protagonista del film, Taki (da giovane), interpretata da Kuroki Haru, ha vinto l’Orso d’argento per la migliore attrice al Festival di Berlino del 2014.

Dopo la morte di sua zia Taki, non sposata e senza figli, Takeshi scopre alcuni diari in cui la vecchia signora scriveva i suoi ricordi. È così che il ragazzo apprende la verità sulla giovinezza della zia e scopre che, prima della seconda guerra mondiale, lavorava come cameriera e tata per la famiglia Hirai in una casetta a Tokyo.

Riprende quindi la storia di una giovane Taki che viene raccomandata alla famiglia Hirai che, con la propria famiglia, ha appena allestito una piccola, moderna e originale casa.

Per acquistare i biglietti, visitate il sito circuitocinemabologna.it.
Vi aspettiamo numerosi al cinema e, come di consueto, vi aspettiamo prossimamente sui nostri canali social e sulla nostra homepage takamori.it.