Tra le band più rappresentative e leader del panorama math-rock giapponese, i Jyochonascono nel 2016 dalla mente del chitarrista ed ex membro del gruppo Uchu Conbini (宇宙コンビニ) Daijiro Nakagawa, affiancato da Netako Nekota (cantante), Yuuki Hayashi(flauto) e Sindee (basso). 

Il math-rock è un sottogenere del rock famoso per l’utilizzo di accordi complessi e di una metrica dispari che spesso vede la combinazione di molteplici tempi concatenati all’interno di una singola canzone. Questa complessità è tale da essere definita “matematica” da molti critici e ascoltatori, da qui il nome del genere.

I Jyocho rendono pienamente giustizia al nome del genere a cui appartengono, proponendone anzi una revisione unica e originale, grazie soprattutto all’uso di strumenti musicali inusuali per il genere come il flauto e la voce femminile. La band, infatti, vuole discostarsi dai confini classici del math-rock, proponendo una musica in grado di suscitare forti emozioni negli ascoltatori, creando atmosfere eteree, sognanti e delicate.

I Jyocho cominciano la loro carriera musicale con il primo album ‘A Prayer in Vain’ (祈りでは届かない距離), che vede ancora la presenza della precedente cantante Okano Rio, la quale lascerà il gruppo l’anno dopo, venendo sostituita dall’attuale cantante Netako Nekota.

Il gruppo acquisirà però particolare notorietà soprattutto dopo il rilascio dell’anime ‘Junji ItoCollection’ di cui hanno curato la sigla finale ‘A Parallel Universe’ (互いの宇宙), canzone che riprende i tratti inquietanti dell’opera mescolati con l’emotività tipica del gruppo.

Il vero culmine della loro maturazione è tuttavia l’ultimo album rilasciato ‘Let’s Promise to be Happy’ (しあわせになるから、なろうよ).

L’album, relativamente breve di durata con i suoi 24 minuti, è introdotto da una canzone suonata esclusivamente con la chitarra acustica, strumento centrale grazie alla complessità di esecuzione che il leader Daijiro riesce a rendere nei propri riff, abusando di tecniche come il tapping.

Assieme alla chitarra medesimo peso ricoprono il flauto e la voce femminile, che aiutano a richiamare un’atmosfera sognante e soave, capace di immergere l’ascoltatore nella realtà ottimistica e speranzosa che l’album vuole trasmettere, grazie a canzoni come ‘The End of Sorrow’ (悲しみのゴール) o ‘Measure the Dawn’ (夜明けの測度). Tema dell’album, infatti, come dichiarato dallo stesso Daijiro, è la ricerca di ciò che può portare alla felicità, da qui il titolo dell’album ‘Let’s promise to be Happy’. 

La canzone finale, breve riff di chitarra anch’esso, agisce come speculare dell’introduzione: se l’intro agisce da ingresso per il mondo colmo di speranza dell’album, l’outro funziona invece da rimando per la “promessa” di impegno nella ricerca della felicità intrapresa con l’ascolto.

Recensione di Giuliano DeFronzo