Ciao a tutti! Nonostante l’importante lavoro che ci richiede portare al cinema i nostri amati film, non ci dimentichiamo del nostro ormai classico appuntamento con Akushon!, la rubrica che racconta le figure più e meno conosciute del panorama attuale del cinema giapponese. Oggi vi introduciamo brevemente un personaggio noto e apprezzato in questo ambito, parliamo di Hiroki Ryūichi!

Nato nel 1954 in una città della prefettura di Fukushima, nella parte nord dello Honshū, un Hiroki poco più che ventenne comincia la sua carriera in un genere comune tra i cineasti giapponesi, il pinku eiga, dalla vena erotica soft. In questo ambiente, svolge attività soprattutto come aiuto regista presso la Ōkura Eiga, per poi passare alla Yū Pro di Nakamura Genji, da assistente con anche un ruolo nel montaggio e incursioni nelle sfere manageriali. Come regista, la sua prima opera risale al 1982 e si intitola Seigyaku! On’na o abaku, ma non viene ben ricevuta e questo lo porta a ritornare al ruolo di assistente. Fino a fine anni ’80, navigherà nelle stesse acque, risultando regista di titoli sadomaso e, in casi rari, di pornografia esplicita. L’interesse per la sessualità e le relazioni rimane un punto focale nelle sue pellicole, ma viene traslato in nuove opere che hanno come obiettivo il pubblico generalista e che lo porteranno al giro di boa della sua carriera registica con la pellicola 800 Two Lap Runners, dove studia le relazioni adolescenziali di carattere etero e omosessuale. Da questo momento in poi, Hiroki riceve un sempre maggior plauso della critica e si consacra come regista che tratta non solo le vite sessuali, ma anche e soprattutto il tema dell’alienazione dell’emarginazione del genere femminile nella società nipponica.

Molti registi, giapponesi e non solo, prima di dedicarsi a produzioni mainstream hanno avuto una parentesi nella produzione erotica o pornografica. Hiroki Ryūichi è il perfetto esempio di come questo tipo di produzioni, includendo anche i pinku eiga, non diano meno importanti o prive di arte e autorialità. Infatti, come lui stesso ha dichiarato in un’intervista per il Midnight Eye “le differenze tra i miei film pink e quelli mainstream sono il budget e le circostanze produttive”, sottolineando come le sue opere, che sono 76 solo per il grande schermo, vertano principalmente sull’incontro tra un uomo e una donna e delle vicissitudini, non solo emotive, che si creano in questi tipi di rapporti. Tra queste 76 opere, frutto di una vera e propria visione autoriale del mezzo cinematografico, vi parleremo di Vaiburtā, film del 2003 che mostra quanto negli anni il regista abbia interiorizzato questo tipo di visione; Raiou, uscito nelle sale nel 2010, che propone il rapporto tra due persone agli antipodi della gerarchia sociale Tokugawa; Daijōbu san Kumi del 2013, dove il regista si distacca dal suo filone principale e racconta la storia di un insegnante senza arti e il rapporto che crea coi suoi studenti e Sayōnara Kabukichō del 2014, un film che ruota intorno ad un love hotel a Kabukichō e alle storie dei personaggi che vi fanno visita.

E con questo concludiamo la prima parte dell’approfondimento su Hiroki Ryūichi. Potete guardare il nostro video qui. Se la carriera di questo regista vi ha incuriosito, ci vediamo tra due settimane con la seconda parte!