CHIHEI HATAKEYAMA & DIRK SERRIES

imageThe Storm of Silence

Tracks:

1 – Kulde             7:54

2 – Uvaer            10:32

3 – Fryst              12:43

4 – Hvit                10:55

 

Etichetta: Glacial Movements (gennaio 2016)

 

Genere: ambient

Disquisire di ambient non sempre è impresa facile, specie se il recensore si impone di riportare un’impressione il più possibile “oggettiva” riguardo all’opera da analizzare. Questo accade perché talvolta la materia sonora giunge a tali punti di rarefazione che si arriva a chiedersi cosa ci sia esattamente da recensire, su cosa in concreto si stia lavorando. È normale porsi questi quesiti, soprattutto per l’ascoltatore non abituato ad avere a che fare con un genere così restio ad ogni forma di etichettatura e che per comodità viene definito come “ambient”, trattandosi di una denominazione generalissima che fagocita opere fra loro in realtà diversissime, e che rientra nell’ancor più confuso calderone dell’elettronica. Si tenga dunque conto di questa premessa “for dumbs” – detto con simpatia e con una punta di solidarietà – ogni qual volta ci si imbatterà in una recensione che parla di un disco “ambient” perché in rete è pieno di ciceroni in grado di utilizzare la più astrusa retorica per descrivere qualcosa che all’ascolto risulta nel concreto molto più semplice. Molto spesso capita che si adulterino delle mere sensazioni personali con un linguaggio pseudo-filosofico per dare allo scritto un senso di “scientificità”: il compito di una recensione però dovrebbe essere – secondo la nostra umile opinione – di fornire agli interessati uno strumento utile che possa far loro capire se vale o meno la pena ascoltare l’opera recensita. Certo la recensione può anche essere un commento analitico dell’opera, una sorta di “parafrasi” che cerchi di individuare i motivi principali del disco e darne un parere personale, ma ci sono limiti letterari che non andrebbero superati, in fondo non si tratta della Divina Commedia.

Accennavamo prima a quanto nell’ambient la materia sonora possa diventare impalpabile e sfuggente, mettendo così il recensore in difficoltà su come rendere ai lettori un’opinione efficace riguardo al disco. Fortunatamente non è questo il caso di “The Storm of Silence”, la più recente fatica congiunta di due maestri dell’ambient-drone, Chiei Hatakeyama, uno tra i più pregevoli artisti giapponesi della scena elettronica internazionale, e il belga Dirk Serries, che tra gli appassionati del genere non ha certo bisogno di presentazioni – tra i suoi pseudonimi ricordiamo il prolifico Vidna Obmana. Certo si tratta di un disco più complesso di quanto appaia al primo approccio, e necessita di più ascolti per cogliere lo sviluppo emotivo del suono che si cela dietro l’infamante giudizio “beh ma è tutto uguale”. In effetti le quattro tracce del disco sono costituite tutte da una struttura molto semplice: lunghi bordoni fanno da sfondo al dialogo fra synth, chitarra effettata e archi sintetici. Le tracce hanno ognuna una durata considerevole e la narrazione sonora si svolge infatti con grande lentezza. Il punto fondamentale è proprio il fatto che vi sia uno sviluppo, una mutazione del discorso “musicale”, che resta però fondamentalmente limitata al piano emotivo. Infatti, come abbiamo già detto, a livello prettamente strumentale non vi sono variazioni significative ma il tono generale subisce una sorta di incupimento che si acuisce dalla prima alla quarta composizione.

Nonostante la copertina – uno splendido scatto di Bjarne Riesto – evochi un paesaggio glaciale, “Kulde” costruisce un panorama sonoro dai toni caldi e luminosi (a chi scrive ricorda la stupenda “Dawn Will Reveal Itself”, la descrizione sonora di un’alba contenuta nella collaborazione di Dirk Serries con Stratosphere, “In a Place of Mutual Understanding”, Projket, 2013), che avvolge subito l’ascoltatore in un’esperienza intimista ed evocativa. Dopo quasi otto minuti, il suono si affievolisce e qualche secondo di silenzio – procedimento che si ripeterà per ogni composizione – ci introduce alla seconda traccia, “Ulvaer”. L’atmosfera comincia a raffreddarsi e la sensazione generale è appunto quella che la materia sonora andrà ulteriormente evolvendosi nel corso del disco. Infatti nella successiva “Fryst” tutto si fa ulteriormente più malinconico e glaciale: si tratta forse dell’apice emozionale dell’opera, sottolineato anche dai suoi quasi tredici minuti di durata. “The Storm of Silence” si chiude con “Hvit”, che forse smorza in parte il pathos ma solo per offrire un suono più solenne e distaccato, quasi che l’intensità della musica si sia sublimata attraverso una sorta di catarsi.

Se inizialmente è difficile cogliere questo dinamismo in un’opera che al primo impatto sembra del tutto statica, esso emerge con prepotenza ascolto dopo ascolto, ma soltanto se ci si immerge completamente nell’esperienza musicale, evitando di relegare un genere gratificante come l’ambient a semplice “musica da sottofondo”, anche se forse resta il genere migliore a svolgere questa funzione. Un disco quindi davvero pregevole che conferma, se ce ne fosse ancora bisogno, il talento di Hatakeyama e al tempo stesso dimostra come anche Dirk Serries, dopo decenni di militanza nella scena, resti un artista di primo livello.