Titolo: Gemini
Titolo originale: 双生児
Regista: Tsukamoto Shin’ya
Uscita al cinema: 15 settembre 1999
Durata: 84 minuti

Gemini è un film drammatico del 1999, diretto da Tsukamoto Shin’ya, presentato alla 56ª edizione della Mostra del Cinema di Venezia nella sezione ‘Cinema del Presente’.
La pellicola è ambientata all’inizio del 20° secolo, al tramonto dell’epoca Meiji; Yukio è un medico di successo che gode di grande fama in città e vive una vita apparentemente perfetta.

L’unica macchia d’ombra nella sua esistenza è l’amnesia della moglie che ne rende misteriose le origini ed è proprio per questo motivo che i genitori del protagonista osteggiano la loro unione.

A mettere in moto l’azione, però, è il ritrovamento del cadavere del padre morto in circostanze sospette. È proprio in questo momento che la vita perfettamente in bilico di Yukio viene stravolta e il gemello del protagonista, abbandonato dai propri genitori, torna a riprendersi ciò di cui è stato
privato.

La pellicola è liberamente ispirata a un racconto breve di Edogawa Ranpo, considerato il padre del giallo giapponese. L’originale, tuttavia, è più interessato a dipingere un nuovo metodo d’indagine; l’inchiesta ritratta nel racconto è considerata, infatti, una delle prime investigazioni scientifiche della letteratura per l’uso delle impronte digitali. Il cineasta, al contrario, sembra più interessato al tema dell’identità e come lo sviluppo di essa viene fortemente influenzata dal milieu, l’ambiente sociologico e culturale nel quale l’identità dell’individuo viene a formarsi.

Il film è molto distante dal tipico stile di Tsukamoto e dalle sue ambientazioni futuristiche che lo hanno reso capofila del cinema cyberpunk giapponese. Questa pellicola, infatti, ritrae la società del tardo periodo Meiji in tutti i suoi aspetti più controversi. L’astio dei genitori per la nuora e le sue misteriose origini è uno di questi e sta proprio a sottolineare l’importanza dell’identità nella società giapponese di inizio Novecento.
Un altro tema sicuramente fondamentale nello sviluppo della storia è quello del doppio. Nel film non si scontrano solo due gemelli ma anche le realtà dalle quali gli stessi provengono; la vita statica, fredda e silenziosa del medico di successo è giustapposta a quella sgargiante e caotica dei bassifondi della città nei quali il gemello Sutekichi è cresciuto che vengono ritratti nel film in maniera estremamente pittoresca.
Questo forte accostamento è volto, ancora una volta, a dare un’immagine più completa del periodo Meiji come complessa fase di transizione fra il passato samuraico e il progresso di stampo europeo imposto dalle istituzioni.

 

—recensione di Pietro Neri.