Kamome Diner, かもめ⻝堂
(Giappone, 2006)
Regia: Ogigami Naoko
Cast: Katagiri Haiki, Kobayashi Satomi
Genere: commedia, slice of life
Durata: 102 minuti

 

“Una persona triste è triste in qualsiasi Paese.”

Kamome Diner, letteralmente “La locanda del gabbiano”, è un film della regista
giapponese Ogigami Naoko. È basato sul romanzo omonimo di Mure Yōko,
che ha scritto la sceneggiatura del film insieme alla regista. Nella ventottesima
edizione del Yokohama Film Festival è stato il quinto classificato.
Il film racconta la storia di Sachie, una donna giapponese che vive a Helsinki,
dove ha appena aperto una locanda in cui serve cibo tipico giapponese, in
particolare onigiri. Il locale rimane vuoto per parecchio tempo, finché non fa il
suo ingresso colui che diventerà il primo habitué, un giovane ragazzo
finlandese appassionato di manga e cultura giapponese. Poco a poco entrano
in scena i diversi personaggi, tra cui Masako, una donna giapponese il cui
bagaglio è stato perso dalla compagnia aerea con cui ha viaggiato. Dopo
qualche esperimento Sachie riesce a riempire la locanda, conquistando anche i
più diffidenti clienti finlandesi.
Se nella prima parte del film i toni sono malinconici, dovuti alla difficoltà
iniziale della protagonista ad ambientarsi in un Paese straniero, la nostalgia
viene poi sostituita dal sentimento d’amicizia che lega i personaggi. Lo
spettatore è portato a riflettere su tematiche come il potere curativo del cibo
e la transculturalità dello stesso, la creazione di legami con persone di
nazionalità diverse e la capacità di reinventarsi quando la vita presenta delle
sfide.
I personaggi sono caratterizzati con così tanta cura da sembrare quasi reali, e
l’attenzione per il dettaglio nella scenografia fa desiderare allo spettatore di
essere uno degli affezionati clienti del locale.

Il film è stato girato in un bar finlandese che è stato riarredato per l’occasione,
ma nelle vicinanze si trova il ristorante Kamome, un locale simile a quello della
storia, meta popolare per i turisti giapponesi a Helsinki.

 

— recensione di Giorgia Caffagni.