Regia Ōmori Tatsushi
Cast Masami Nagasawa, Okudaira Daiken, Abe Sadao, Kaho
Genere Dramma
Durata 126 minuti
Lingua giapponese

Mother (マザー) è un film del 2020 ispirato ad un fatto di cronaca avvenuto in Giappone nel 2014. La pellicola racconta il rapporto fra Akiko (Nagasawa Masami) e suo figlio Shuhei (Okudaira Daiken).

Akiko è una madre assente, alcolizzata e dedita al gioco d’azzardo, il cui stile di vita l’ha allontanata dai genitori e dalla sorella. Shuhei, che è ancora un bambino, non va a scuola e spesso è costretto a badare a sé stesso in quanto la madre, solita intrattenersi con diversi uomini, spesso si allontana per giorni lasciandolo a casa da solo. All’inizio del film, infatti, Akiko si assenta per sei giorni e, a causa dei mancati pagamenti, mentre Shuhei è in casa da solo gli vengono bloccati gas ed elettricità e lo vediamo intento a mangiare a morsi un blocco di Cup Noodles crudi. La prima parte del film si chiude con un litigio fra Akiko e Ryō (Abe Sadao), un uomo del quale è rimasta incinta. Shuhei cerca in ogni modo di proteggere la madre mentre l’uomo la pesta violentemente intimandole di abortire.

Con un balzo temporale in avanti di cinque anni, il regista ci porta all’adolescenza di Shuhei, che egli trascorre vivendo nelle strade di Tokyo con la madre e la sorellina Fuyuka. Questa vita viene interrotta da un gruppo di assistenti sociali, che procurano una stanza alla famiglia nella quale andrà a vivere anche Ryō, che instaura una relazione stabile con Akiko. In particolare Aya, una degli assistenti sociali, cerca in tutti i modi di far sì che Shuhei riceva un’istruzione adeguata, ma il ragazzo, succube delle scelte della madre, finirà per abbandonare anche la scuola gratuita a cui si era finalmente iscritto.

Nell’unico momento in cui Shuhei tenterà di ribellarsi ad Akiko, ella lo indurrà a compiere l’ultimo gesto di fedeltà nei suoi confronti, che trascinerà non solo lui, ma tutta la famiglia nella tragedia.

La vicenda è raccontata dal punto di vista di Shuhei, il quale è, allo stesso tempo, vittima e complice di un rapporto con la madre di interdipendenza e lealtà morbosa. Mentre per lei il figlio è di sua esclusiva proprietà, e rivendica il diritto di crescerlo come meglio crede, in alcuni momenti sembra che egli intenda finalmente ribellarsi ai soprusi e allo sfruttamento che hanno sempre segnato la sua vita. Queste speranze si presentano più volte nell’arco della narrazione, in particolare nei momenti in cui entra in Aya, ma crollano immediatamente da un lato a causa di Akiko, dall’altro a causa delle scelte di Shuhei, che ogni volta decide di seguire la madre incondizionatamente.

 

L’aspetto che più colpisce della pellicola è l’analisi accurata della psicologia dei personaggi, che si sviluppa attraverso dialoghi brevi, lunghe inquadrature in primo piano, e lunghi silenzi dotati di una forte carica emotiva. Questi sono spesso accompagnati da sguardi e gesti fortemente significativi, come un abbraccio improvviso di Akiko a Shuhei, che avviene subito dopo una violenta sfuriata nei confronti del ragazzino ed evidenzia ancora una volta il filo conduttore della vicenda: il rapporto tossico che intercorre fra una madre degenere e un figlio che la ama nonostante la vita in cui lo costringe.

 

— recensione di Luca Levoni.