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ISHIGURO KAZUO
QUEL CHE RESTA DEL GIORNO

Einaudi (2016), pp. 271, 12 euro

Nel luglio del 1956, il maggiordomo inglese Stevens – su suggerimento del suo nuovo datore di lavoro, Mr. Farraday, che deve partire per l’America – si trova ad intraprendere un viaggio in auto attraverso la ridente campagna inglese con l’intenzione di andare a far visita a una vecchia collega, Miss Kenton, per sondare le sue intenzioni di tornare a lavorare con Stevens a Darlington Hall dove il personale scarseggia. Il romanzo prende avvio da un pretesto di per sé affatto banale, ma che nell’economia del contesto, si rivela essere invece un fatto sconvolgente per l’abitudinario Stevens, il quale ha vissuto gli utlimi decenni quasi esclusivamente nella tenuta del defunto Lord Darlington, ora acquistata dall’americano Mr. Farraday. Inizialmente dubbioso, Stevens si lascia convincere a partire assicurando a sé stesso la natura esclusivamente professionale del viaggio che diventa invece occasione per rivangare con la memoria il proprio passato. In particolare, l’uomo si interroga sul livello che è riuscito a raggiungere professionalmente fino a mettere in discussione il valore della sua vita tutta. Vincitore del Booker Prize nel 1989, l’opera non può essere descritta come una semplice storia d’amore quanto piuttosto come un messaggio di speranza nonostante il suo sapore amaramente fatalista. Ishiguro pare voler invitare il lettore a ripartire con slancio verso il futuro, lasciandosi alle spalle il passato, ormai cristallizzato e immutabile sulla linea del tempo, per vivere quanto meglio la parte mancante della vita, quel che resta del giorno, fedeli a sé stessi senza mai farsi violenza.

(Recensione di Lorenzo Chiavegato)