SUSUMU YOKOTA

 

 

 

Magic Thread

Tracks:

1 – Weave          5:06

2 – Reflux           6:15

3 – Unravel        2.45

4 – Circular         5:45

5 – Spool             6:47

6 – Potential      6:28

7 – Fiber              2:08

8 – Metabolic    6:34

9 – Stitch             4:17

10 – Blend          5:39

11 – Melt            4:08

Etichetta: The Leaf Label (1998); genere: ambient, elettronica

 

Finora ci siamo occupati di un’elettronica particolare, fatta di tracce lunghe e ipnotiche, dove cogliere la variazione del particolare nell’omogeneità del tessuto sonoro diventa per l’ascoltatore una sfida che costituisce il vero punto di forza della musica. Oggi vorrei proporvi un’esperienza un po’ diversa rispetto alle precedenti recensioni, ci interessiamo ad un artista che purtroppo è scomparso nel marzo dello scorso anno, e quindi proprio a lui dedichiamo queste poche righe, che bazzicano ancora il territorio dell’ambient ma, come preannunciato, si discostano sensibilmente dalle opere fino ad ora analizzate in questa sede. Certo, “Magic Thread” non è indubbiamente l’opera migliore del nostro, ma resta una prova valida e interessante soprattutto se si pensa che, all’epoca, ne vennero pubblicate soltanto mille copie nel 1998 in mezzo a uscite ben più famose di Yokota, quindi una vera e propria pubblicazione in sordina.

Il titolo allude, per quel che si può evincere dalla sobria – quanto bruttina –copertina del disco, a un non meglio identificato “filo magico” in grado di dare senso e direzione all’evoluzione, permettendo all’umanità di giungere a compimento. Il sapore della musica si pregusta quindi esoterico, ma in realtà si tratta di un’elettronica priva di ascendenti spiccatamente psichedelici. Apre le danze “Weave” che tradisce un quasi un senso di attesa, con le sue sonorità celestiali in cui si riconosce distintamente la tecnica della riproduzione al contrario dei suoni. Si giunge così alla seconda traccia, “Reflux”, a nostro parere una delle più belle del disco, interamente sostenuta da un ipnotico giro di basso su cui gioca per accumulazione l’aspetto percussivo. L’opera subisce una prima svolta con “Unravel”, l’atmosfera si fa decisamente più rarefatta e in tre minuti sembra di scendere nelle profondità della terra, ad esplorare gli abissi di un’antichità perduta. È il momento di “Circular”, un’altra traccia di grande impatto, fondata sulla perfetta commistione fra il beat cadenzato e una base di suoni elettronici inquietanti. Poi arriva “Spool”, una delle tracce più lunghe del disco con i suoi quasi sette minuti, nei quali si snodano suoni dal sapore vagamente orientale, ma come se quest’oriente fosse straniato da un filtro elettronico e surreale. La stessa cosa accade in “Potential”, altra traccia che supera i sei minuti, che ci porta oltre la metà del disco attraverso le sue sonorità dance. “Fiber” richiama quasi la prima traccia, ma la leggerezza che caratterizzava l’apertura è del tutto scomparsa in questo breve intermezzo. Lascia quasi basiti la successiva “Metabolic” che strizza l’occhio a una certa estetica del rumore in un disco che finora aveva vissuto di atmosfera comunque tendenti al melodico: le percussioni martellano sul tappeto noise allestito per l’occasione. Un altro apice inquietante si raggiunge con la successiva “Stitch”, stemperata poi dalle percussioni ammiccanti di “Blend”. Chiude il disco l’eterea “Melt”, avvolgendoci nello stesso clima di sospensione che ha caratterizzato le tracce meno percussive del disco.

Si tratta quindi di un’opera ambient dove le tracce hanno una durata media di quattro o cinque minuti, e sono tutte abbastanza diverse fra loro, cosa che non accadeva per le opere da noi precedentemente recensite. Non ci resta che augurare un buon ascolto invitando ovviamente chiunque ad approfondire la variegata e prolifica produzione di Susumu Yokota.

Link Youtube: https://www.youtube.com/watch?v=mk5fRSUzYpc

Recensione di: Lorenzo Chiavegato