Hiroki Ryūichi parte 2 || Akushon! – I registi di JFS

Eccoci ritornati con il secondo atto dell’opera di Hiroki Ryūichi! Questa è Akushon!, la rubrica dei registi di JFS, si parte!

Adattamento del romanzo omonimo firmato da Akasaka Mari, Vibrator ritrae l’incontro tra una scrittrice freelance segnata da accompagnata da “voci interiori” con un camionista sicuro di sé e che la aiuterà a scoprire la propria sessualità e autoconsapevolezza. Rei e Takatoshi intraprendono perciò una sorta di road trip insieme, viaggiando sul camion di lui fino all’Hokkaido e ritorno. I due cominciano un percorso di reciproca apertura, marcato da pochi ma significativi dialoghi e da una sorta di intesa a pelle che gli consente di costruire un legame fuori dal comune. Terajima Shinobu ha meritatamente conquistato il premio come miglior attrice al Tokyo Film Festival del 2003 per la propria interpretazione, superando la comunque valida prova del co-protagonista, il noto Ōmori Nao che appare anche nelle scene di Ichi the Killer.

Conosciuto anche come Tokyo Love Hotel, il film Sayonara Kabukichō è un curioso spaccato del 2014 su diversi nodi della società nipponica. Il fulcro della pellicola è un hotel a ore, uno dei tanti nidi dove si rifugiano individui emarginati, tra lavori squallidi e insoddisfazioni personali. Nel contesto di questo edificio, una serie di coppie vivono vicissitudini che daranno esiti differenti: chi si lascia, chi si ritrova dopo essersi perso, il tutto in una cornice dove l’amor carnale è spiacevole e ridicolo e l’affetto si annida nelle crepe della realtà quotidiana, insinuandosi dove può, spesso con piccole attenzioni e gesti misurati. Danno un’ottima prova della propria capacità attoriale la squillo Iria, interpretata dall’attrice coreana Lee Eun-woo, e il giovane Toru, uno dei dipendenti del love hotel, portato in scena dall’attore Sometani Shōta. In questa opera del regista, in tono quasi spensierato si narrano le difficoltà delle fasce al margine: prostitute e ragazze a domicilio, la xenofobia e i problemi a integrarsi in una società monolitica, la povertà e la frustrazione di non poter guadagnare con un lavoro dignitoso, e sullo sfondo l’indimenticabile disastro del Tōhoku che popola ancora l’immaginario dei giapponesi.

Il terzo Film di cui vi parleremo è Raiō, uscito nelle sale giapponesi nel 2010. Il lungometraggio racconta la storia di Narimichi, nobile appartenente alla famiglia Tokugawa, che incuriosito da una storia su un Tengu che vive fra le montagne decide di partire alla ricerca del demone. Qui conoscerà Rai, una donna dal passato controverso che cerca in tutti i modi di proteggere la montagna dove vive. I due si innamorano, ed è proprio su questo rapporto, impossibile per l’epoca, che il regista cerca di indagare ed esprimere tutta la sua filosofia cinematografica; sia attraverso scene che visivamente rappresentano la distanza sociale tra i due protagonisti, sia con scene da vero e proprio melodramma storico.

L’ultimo lungometraggio di oggi è Daijōbu san kumi del 2013. I legami interpersonali sono al centro della visione del regista; in questo film però egli non si concentrerà più sull’amore tra uomo e donna ma estenderà questa sua visione al rapporto professore-alunni. Come soggetto però non sceglierà un professore qualsiasi, infatti Akao Shinosuke nasce senza arti ma decide comunque di proseguire con la sua carriera. Il regista però sceglie di raccontare la storia dal punto di vista di Shiraishi Yusaku, un membro del consiglio studentesco con una visione un po’ antiquata dell’ambiente scolastico. La visione che si ottiene quindi è una visione oggettiva e cruda di quelli che possono essere i problemi dia fisici che psicologici di una classe particolare e stravagante come questa.

E con oggi concludiamo il nostro approfondimento su Hiroki Ryūichi! Potete guardare il nostro video qui. Se siete curiosi di conoscere le storie di altri registi giapponesi continuate a seguire Akushon!

Hiroki Ryūichi || Akushon! – I registi di JFS

Ciao a tutti! Nonostante l’importante lavoro che ci richiede portare al cinema i nostri amati film, non ci dimentichiamo del nostro ormai classico appuntamento con Akushon!, la rubrica che racconta le figure più e meno conosciute del panorama attuale del cinema giapponese. Oggi vi introduciamo brevemente un personaggio noto e apprezzato in questo ambito, parliamo di Hiroki Ryūichi!

Nato nel 1954 in una città della prefettura di Fukushima, nella parte nord dello Honshū, un Hiroki poco più che ventenne comincia la sua carriera in un genere comune tra i cineasti giapponesi, il pinku eiga, dalla vena erotica soft. In questo ambiente, svolge attività soprattutto come aiuto regista presso la Ōkura Eiga, per poi passare alla Yū Pro di Nakamura Genji, da assistente con anche un ruolo nel montaggio e incursioni nelle sfere manageriali. Come regista, la sua prima opera risale al 1982 e si intitola Seigyaku! On’na o abaku, ma non viene ben ricevuta e questo lo porta a ritornare al ruolo di assistente. Fino a fine anni ’80, navigherà nelle stesse acque, risultando regista di titoli sadomaso e, in casi rari, di pornografia esplicita. L’interesse per la sessualità e le relazioni rimane un punto focale nelle sue pellicole, ma viene traslato in nuove opere che hanno come obiettivo il pubblico generalista e che lo porteranno al giro di boa della sua carriera registica con la pellicola 800 Two Lap Runners, dove studia le relazioni adolescenziali di carattere etero e omosessuale. Da questo momento in poi, Hiroki riceve un sempre maggior plauso della critica e si consacra come regista che tratta non solo le vite sessuali, ma anche e soprattutto il tema dell’alienazione dell’emarginazione del genere femminile nella società nipponica.

Molti registi, giapponesi e non solo, prima di dedicarsi a produzioni mainstream hanno avuto una parentesi nella produzione erotica o pornografica. Hiroki Ryūichi è il perfetto esempio di come questo tipo di produzioni, includendo anche i pinku eiga, non diano meno importanti o prive di arte e autorialità. Infatti, come lui stesso ha dichiarato in un’intervista per il Midnight Eye “le differenze tra i miei film pink e quelli mainstream sono il budget e le circostanze produttive”, sottolineando come le sue opere, che sono 76 solo per il grande schermo, vertano principalmente sull’incontro tra un uomo e una donna e delle vicissitudini, non solo emotive, che si creano in questi tipi di rapporti. Tra queste 76 opere, frutto di una vera e propria visione autoriale del mezzo cinematografico, vi parleremo di Vaiburtā, film del 2003 che mostra quanto negli anni il regista abbia interiorizzato questo tipo di visione; Raiou, uscito nelle sale nel 2010, che propone il rapporto tra due persone agli antipodi della gerarchia sociale Tokugawa; Daijōbu san Kumi del 2013, dove il regista si distacca dal suo filone principale e racconta la storia di un insegnante senza arti e il rapporto che crea coi suoi studenti e Sayōnara Kabukichō del 2014, un film che ruota intorno ad un love hotel a Kabukichō e alle storie dei personaggi che vi fanno visita.

E con questo concludiamo la prima parte dell’approfondimento su Hiroki Ryūichi. Potete guardare il nostro video qui. Se la carriera di questo regista vi ha incuriosito, ci vediamo tra due settimane con la seconda parte!