Bentornati a Meijin Film Directors, la nostra rubrica dedicata ai registi giapponesi! Oggi continueremo a parlarvi di Kitano Takeshi.
“Sonatine“, film del 1993 è la classica storia Yakuza che si mischia ad una visione disillusa della vita. Il criminale Murakawa e i suoi scagnozzi, vittime di un’imboscata sull’isola di Okinawa si rifugiano in una casa al mare, dove attendono impotenti il loro destino. A tratti surreale, il film mostra personaggi che riscoprono la loro innocenza nella realtà deludente in cui vivono, su una spiaggia in cui il tempo sembra scorrere all’indietro.
Quattro anni dopo esce “Hanabi“, la pellicola che rese Kitano famoso a livello internazionale. Nella trama si intrecciano le vite di due poliziotti, Nishi, alle prese con un debito da saldare e Horibe, paralizzato in un’operazione di polizia. Solo l’arte e la violenza possono salvare le vite dei due protagonisti, così, tra il sangue e la tempera usata per dipingere, il rosso diventa il colore della purificazione.
Nel 2010, viene rilasciato “Outrage“, primo film dell’omonima trilogia. Qui Kitano non si risparmia con le scene cruente, che rappresentano l’essenza del mondo cinico e spregiudicato della Yakuza. Non c’è più traccia della visione romantica del mondo criminale; ciò che resta è una lotta selvaggia per mantenere il potere o per spodestare chi già lo possiede.
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Titolo originale: その男、凶暴につき Regista: Kitano Takeshi Uscita al cinema: 12 Agosto 1989 Durata: 103 Minuti Attori principali: Kitano Takeshi, Kishibe Ittoku, Sei Hiraizumi
RECENSIONE:
Violent Cop è un film del 1989 che segna il debutto di Kitano Takeshi come regista e interprete di un ruolo drammatico.
Azuma, impersonato dallo stesso Kitano, è un poliziotto della Squadra Omicidi, indisciplinato con i suoi superiori e rude con le reclute, che affronta la dilagante corruzione in città con metodi sicuramente poco ortodossi, non esita infatti a ricorrere alla violenza per risolvere questioni sia nella vita lavorativa che fuori.
Impegnato anche con una moglie malata, l’unica persona per il quale Azuma mostra un profondo affetto quasi possessivo è la sorella minore Akari, affetta da disturbi mentali. Durante le indagini di alcuni omicidi legati a un gruppo di narcotrafficanti, Azuma scopre che uno dei suoi superiori, Iwaki, è coinvolto nello spaccio di droga. Questa terribile scoperta insieme ad una serie di tragici episodi, tra cui il rapimento della sorella Akari da parte di un gruppo di spacciatori, portano Azuma a non riuscire a tenere più a freno la propria rabbia, che si trasforma in una follia omicida.
L’uscita di Violent cop suscitò grande sorpresa nel pubblico, per la prima volta si vedeva Kitano abbandonare il suo canonico ruolo di cabarettista e comico televisivo per impersonare il brutale detective Azuma. Ciò che stupì maggiormente fu proprio come riuscì a combinare elementi così distanti da tutto ciò che aveva rappresentato nella sua carriera finora, in un film tremendamente cinico e non certo privo di dettagli cruenti. Al centro della pellicola vi è il tema della Yakuza, molto caro al cineasta, misto ad alcuni tratti tipici del poliziesco.
Lo stile è caratterizzato da molte immagini statiche che si alternano a improvvise esplosioni di violenza. In tutto ciò viene inserita la figura di Azuma, inizialmente taciturna e noncurante di qualsiasi etica lavorativa, ma che con il succedersi degli eventi diventerà il motore principale di atti brutali. Si presenta come posseduto da una rabbia interiore auto-distruttiva che si nutre sia dei suoi gravi problemi familiari che della totale anarchia in campo professionale dove è mal visto da colleghi e superiori.
Una delle cause principali di tali comportamenti è anche sicuramente l’ambiente stesso, nichilista, dove regnano corruzione e immoralità, nel quale perciò non è possibile difendere la legge senza continue violazioni della stessa.
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