Kurosawa Kiyoshi parte 2 || Meijin Film Directors

Benritrovati! Questa è Meijin Film Directors, la rubrica Takamori sui registi giapponesi, e oggi continuiamo a parlarvi di Kurosawa Kiyoshi.

Il primo grande successo è Cure (1997): il detective Takabe assieme allo psicologo Sakuma indagano su una serie di omicidi inspiegabili che sembrano tutti essere riconducibili a Mamiya, un ragazzo che paia ipnotizzare le persone per commettere sanguinosi delitti. Dichiaratamente ispirato a “Il silenzio degli innocenti”, il film alterna violenza e tensione con sequenze oniriche e matafisiche, dando nuova linfa all’horror nipponico.

Kairo (2001) è il secondo celebre horror di Kurosawa: ancora una volta siamo davanti a un’opera che rielabora il cinema di genere per portare avanti un discorso autoriale sulla personale visione che il regista ha del mondo. Uno dei primi a usare Internet e le nuove tecnologie come espediente narrativo, questo film riflette sulla solitudine come condizione inevitabile dell’essere umano.

Premiato con il premio alla giuria al Festival di Cannes, “Tokyo Sonata” narra le vicende che ruotano attorno a una normale famiglia del ceto medio. Questa conduce una vita tranquilla fino a quando Ryuhei, il padre, non perde il lavoro e non ha il coraggio di dirlo. Come suggerisce il titolo, lo svolgersi della storia è caratterizzato da una struttura musicale con la quale si racconta il lento e inesorabile declino di un piccolo nucleo familiare colpito, come tanti, dalla crisi economica degli anni 2000.

Se volete scoprire le vite e le opere di altri registi giapponesi, continuate a seguirci! A presto!

Kurosawa Kiyoshi parte 1 || Meijin Film Directors

Bentornati su Takamori! Questa è Meijin film directors, la rubrica sui registi giapponesi e oggi vi parleremo di Kurosawa Kiyoshi.

Kurosawa Kiyoshi nasce a Kobe nel 1955 e comincia ad interessarsi al mondo cinematografico fin dalle scuole superiori, quando gira i primi mini film. Studierà poi sotto la guida del critico di cinema Hasumi Shigehiko all’Università Rikkyo di Tokyo. 

Uno dei primi film horror che lo porteranno alla fama è Sweet Home del 1989, da cui sarà tratto l’omonimo videogioco a cui poi si ispirerà la celebre serie video-ludica Resident Evil. Continuò a dirigere film horror, sviluppando tecniche che resero i suoi film iconici sul panorama dell’horror giapponese.

Nel 2008 decise di staccarsi dall’horror portando sul grande schermo Tokyo Sonata, un dramma familiare che gli vinse il premio della giuria al Festival del Film di Cannes.

Se volete saperne di più su Kurosawa Kiyoshi, continuate a seguirci per conoscere la sua filmografia!

Before we vanish (2017)

Titolo originale: 散歩する侵略者

Regista: Kurosawa Kiyoshi

Uscita al cinema: 16 Settembre 2017

Durata: 129 Minuti

Singolare approccio all’invasione aliena, Before We Vanish (Sanpo Suru Shinryakusha) di Kurosawa Kiyoshi è un’ulteriore conferma del punto di vista unico e decisamente sopra le righe del regista, con tutti i suoi pro e i suoi contro. Il film, è infatti incentrato su una narrazione assai dilatata, ricolma di elementi strani, assurdi e grotteschi, con dettagli della trama piuttosto oscuri. In Before We Vanish la logica spesso è accantonata, ma sono seguiti i giorni appena antecedenti alla conquista definitiva della Terra, con annessa distruzione di massa da parte di una razza extraterrestre, e la verosimiglianza non è proprio la priorità.

Siamo in Giappone, tre esploratori da un altro pianeta approdano sulla Terra per studiare più da vicino la razza umana e, per far ciò, s’impossessano del corpo di altrettanti individui, due ragazzini e un uomo, di cui riproducono perfettamente le sembianze, ma che hanno ormai smarrito ogni loro ricordo, sentimento, o umanità. Per condurre quindi la loro “indagine preliminare” sul campo, i replicanti alieni necessitano ovviamente di una guida, essendo del tutto ignari dei costumi terrestri. Seguiamo anzitutto le peripezie di Kase Narumi che d’improvviso pare preso da un inspiegabile delirio e, inizia a vagare  per i campi, invadere le propietà dei vicini facendo domande assurde, o a dialogare con cani che in tutta risposta lo mordono. Intanto, disperata, la moglie cerca di capire le origini di tale apparente stato confusionale e di gestirlo, mentre si barcamena tra scadenze di lavoro e un capo particolarmente esigente.

Molti sono gli elementi lasciati volutamente in sospeso in Before We Vanish. L’aspetto forse migliore e sicuramente più geniale del film è infatti l’aver preso un motivo piuttosto ritrito dell’immaginario sci-fi, l’invasione extraterrestre, e l’averlo trattato in maniera del tutto differente: non è tutto assunto come verità data, ma i personaggi credono inizialmente che sia tutto frutto un delirio di pochi visionari, ossia gli alieni stessi, con ovvio effetto comico. Non siamo quindi davanti al solito racconto di attacchi d’astronavi dallo spazio e della coraggiosa reazione della razza umana, finalmente raccoltasi in un unico esercito per combattere l’invasore da lontani universi.

L’epicentro narrativo fantascientifo è difatti solo uno spunto per una riflessione filosofica, su alcuni dei principali assunti antropologici dal punto di vista di qualcuno che è del tutto estraneo alla vita sul globo terracqueo e quindi non dà assolutamente per assodato quello che invece noi riteniamo ovvio. Che cos’è la famiglia e qual è la natura dei legami tra consanguinei? Cosa significa lavoro e perché siamo disposti a sacrificare sull’altare della carriera tanta parte della nostra felicità? Infine, soprattutto, cos’è l’Amore? Sono posti tali quesiti con l’innocenza di un bambino, e molti sono coloro che vengono interrogati. Il risultato, però, non è nulla di pedante o banale, ma il susseguirsi di situazioni quasi farsesche, pervase del black humor che contraddistingue Kurosawa Kiyoshi.

 

—Recensione di Massimo Magnoni.

 

Akushon! – I registi di JFS: Kurosawa Kiyoshi parte 2

Siamo di nuovo qui per parlarvi dei film di Kurosawa Kiyoshi con la nostra rubrica Akushon, i registi di JFS! Partiamo da un classico della cinematografia di questo autore: Tokyo Sonata!

Fin dai primi minuti del film, il regista ci mostra che in questa storia non c’è spazio per la spensieratezza, perché si comprende subito come la famiglia Sasaki, dopo il licenziamento del padre Ryuhei dalla sua azienda, sia destinata a sprofondare in un limbo. Una impasse quasi autoimposta, che deriva anche dalle presunte dinamiche familiari imposte dalla società, e che mette in moto un lento processo di degrado degli eventi che riguarderà tutti e quattro i componenti. L’opera sottolinea per tutta la sua durata come l’ipocrisia dei due genitori e i loro comportamenti quasi folli portino i figli ad allontanarsi sempre di più dalla figura genitoriale, generando situazioni crude e spiacevoli. Anche grazie alla particolare attenzione alla fotografia e alla regia, Kurosawa fa sorgere sin dal principio una domanda in chi guarda: come farà la famiglia Sasaki ad uscire da questo ciclo di emozioni distruttive e ipocrisia?

Nel 2015, Kurosawa gira il film drammatico Kishibe no tabi, noto con il titolo di Journey to the shore. Nonostante la fama acquisita come regista horror, il regista si mette qui alla prova nel genere drammatico, portando in scena la storia di una coppia particolare costituita da una giovane insegnante di pianoforte, Mizuki, e dal marito defunto, il dentista Yusuke. I due viaggiano attraverso luoghi significativi della vita di lui, posti che l’hanno ospitato nei periodi precedenti la sua morte, regalando agli sposi una seconda, inusuale luna di miele. I protagonisti incontrano nel percorso una serie di personaggi: un indefesso venditore di giornali, una coppia che gestisce un ristorante di gyoza, un anziano contadino e la sua giovane nuora. Queste persone hanno aiutato Yusuke in vita e ora si mostrano ai protagonisti nei loro lati più intimi, le cui ferite derivano da un passato carico di sensi di colpa e del rimpianto nei confronti dei propri cari. Si crea in tutte queste storie, incastonate nella narrazione principale, un peculiare dialogo tra vita e morte, colpa e catarsi, distacco e unione, che descrivono con grazia il rapporto che la cultura giapponese dei vivi nutre con l’aldilà e i suoi abitanti.

E’ il 2016 l’anno in cui Kurosawa torna a cimentarsi nel ramo di cui è uno dei cardini: il J-horror. La storia ruota attorno alla nuova vita della coppia protagonista, il detective e professore di criminologia Koichi Takakura e la moglie Yasuko. Dopo l’incidente avvenuto in commissariato durante un interrogatorio, Koichi decide di portare il suo bagaglio criminologico nelle aule universitarie, anche per ritrovare una dimensione di vita più tranquilla con la consorte. I due traslocano in una nuova zona della città, tuttavia l’accoglienza dei vicini delle case accanto non risulta calorosa né gradevole. La tensione tende a nascondersi all’occhio dello spettatore per gran parte del film e riemerge prepotentemente solo nelle scene finali, contribuendo così a una lenta e progressiva costruzione dell’atmosfera, abilità di cui Kurosawa è maestro. Nonostante la direzione dell’intreccio narrativo sia intuibile già nella prima metà dell’opera, la capacità registica, la fotografia e l’attenzione maniacale ai dettagli più “inquietanti” rendono godibili le due ore abbondanti di film, senza intaccarne la tenace presa sull’attenzione degli spettatori. Concludiamo con due parole su Supai no tsuma.

Ci troviamo nel Giappone degli anni ‘40 e Yusaku è il direttore di una azienda di commercio internazionale che si diletta nel registrare piccoli cortometraggi con la moglie Satoko, la vera protagonista di questa storia. Dopo un viaggio di lavoro in Manciuria, Yusaku scopre un terribile crimine perpetrato dalla sua nazione e cercherà insieme alla moglie di svelarne le trame per incastrare il suo stesso paese. Kurosawa però non tratta l’opera esclusivamente come film di guerra o di resistenza, ma con grande delicatezza accompagna lo spettatore in situazioni di tradimenti e separazioni, mostrando così uno squarcio originale di quella che poteva essere la vita di un cosmopolita in quegli anni. Anche in questo caso però, il regista non si esime dal narrare le crudeltà vissute in quel periodo storico, rendendo in tal modo questo film un’opera polivalente.

Con questo terminiamo il nostro breve viaggio tra le opere di Kurosawa Kiyoshi. Vi aspettiamo al prossimo appuntamento per conoscere nuovi autori del panorama del cinema giapponese, nel frattempo, seguiteci sui nostri profili social! Potete guardare il nostro video cliccando qui. A presto!

Akushon! – I registi di JFS: Kurosawa Kiyoshi

Benvenuti al nuovo appuntamento di Akushon, la rubrica dei registi di JFS! Dopo una pausa un po’ più lunga del solito, riprendiamo il filo del discorso raccontandovi qualcosa di… Kurosawa Kiyoshi!

Kurosawa nasce nel 1955 in una delle metropoli pulsanti dello Honshū, la città di Kôbe. Durante gli studi di sociologia alla Rykkyo University di Tokyo si interessa al cinema, anche grazie al contatto col rinomato critico Shigehiko Hasumi. Qui, lavora ad alcuni cortometraggi che lo porteranno alle prime importanti vittorie di premi di caratura nazionale, come il Pia Film Festival. Procede poi nel settore come assistente e aiuto regista di lungometraggi, da Kandagawa Wars del 1983, ascrivibile al genere erotico pinku tipico di quegli anni, a vari V-films e opere del sottogenere yakuza eiga.

In seguito, sul principio degli anni ’90, nonostante la ormai decennale carriera da regista professionista, si reca negli Stati Uniti per studiare film-making, con una borsa del Sundance Institute che ha vinto grazie a una sceneggiatura originale da lui scritta. Il suo trampolino artistico giunge tuttavia nel ’97, con la firma del lungometraggio The Cure, che lo consacra come uno dei maggiori rappresentanti del j-horror. A questo seguiranno altri titoli di altalenante successo, che comunque mostrano la sua indubbia capacità di rinnovamento artistico e la versatilità della sua cinepresa.

La carriera di Kurosawa Kiyoshi inizia con una serie di cortometraggi autoprodotti per mettere in pratica le nozioni apprese durante gli studi per poi, analogamente a Miike Takashi, spostarsi nel mondo del V-cinema. Con il suo primo lungometraggio Shigarami Gakuen del 1981 inizierà una lunga filmografia composta da più di 40 opere di cui sarà regista. Durante il suo percorso artistico, il regista non si limiterà a spaziare tra pink films, horror, thriller e drama ma svolgerà una vera e propria indagine stilistica e tecnica sulla propria visione registica. Tra le sue numerose opere si possono menzionare ad esempio Tokyo Sonata, film del 2008 che vanta ben 10 premi tra i quali “Un certain regard” a Cannes e Journey to the shore, pellicola drammatica che narra la storia di un’insegnante vedova e del viaggio col fantasma del  suo defunto marito.

Gira inoltre Supai no Tsuma (2020), vincitore del premio golden star del Festival El Gouna e Creepy (2016), un thriller-poliziesco sul caso di una famiglia vittima di un crimine inspiegabile.

Se volete saperne di più su Kurosawa Kiyoshi e le sue opere potete guardare il nostro video cliccando qui, ci vediamo per la seconda parte mercoledì prossimo!