Eguchi è un anziano signore di 67 anni, perso nel limbo del tempo: al contrario dei suoi coetanei già reduci della vecchiaia e delle manifestazioni che essa porta, Eguchi rimane spaesato in quella fase alienante tra l’uomo che fu e la tarda età. Libro del Nobel per la letteratura Kawabata Yasunari datato 1962, La casa delle belle addormentate è un vagare interiore del protagonista Eguchi: un giorno, parlando con un amico, egli viene a sapere della casa delle belle addormentate, un luogo surreale dove gli anziani sono soliti passare le notti. Qui, ragazze sotto narcotici “intrattengono” i clienti, i quali non possono né provare a svegliarle né dissacrarne i corpi.

Incuriosito e inizialmente scettico, il vecchio protagonista si domanda a quale scopo passare una notte con delle giovani fanciulle – perlopiù vergini – col solo permesso di contemplarle o dormire al loro fianco. Eguchi sa difatti di non essere ancora un bimbo avanti con l’età, prova pulsioni come qualsiasi altro essere umano e proprio per ciò questo rituale perverso non fa che alienarlo ancora di più; talvolta provocandogli incubi, certe altre ricordi dei tempi che furono. Perché sì, Eguchi ha avuto tanto e tanto ancora ha: in primis una moglie dalla quale tornare ogni sera e le figlie avute nel corso degli anni. Ciò che gli manca sono delle risposte, su chi lui sia, su cosa sia la vita, cosa la morte: se le belle addormentate siano quell’agognata vita riflessa sulle sue stanche membra, se provino pietà, compassione, o se il loro dormire non sia il migliore compromesso fra questi due poli apparentemente così distanti. Se in quel postribolo alberghi qualcosa o sia solo un misero modo per eludere la morte.

In questo viaggio alla ricerca di sé, Kawabata ci porta (come eccelsamente descritto dalla postfazione di Yukio Mishima) sull’altro versante del suo scrivere, su qualcosa che non è subito visibile ad occhio nudo. Al contrario de Il paese delle nevi (1948) o Racconti in un palmo di mano (1926-1948), questo romanzo risulta intimo, introspettivo, esplorando quella parte dell’autore ben custodita in un cassetto e che conferma la morte come suo topos letterario.

Lettura breve (95 pagine) e assolutamente consigliata.

Recensione di Marco Amato