Il sole si spegne – Dazai Osamu || Recensione

Autore: Dazai Osamu

Traduzione: Antonietta Pastore

Edizione: 2023

Il sole si spegne” (titolo originale: 斜陽, Shayō), viene pubblicato per la prima volta nel dicembre del 1947. Il romanzo, il primo dello scrittore, rispecchia la realtà in cui si trovavano la classe aristocratica e quella intellettuale nel secondo dopoguerra, annientate spiritualmente dal conflitto. L’aristocrazia ha perso ogni possedimento e potere e la classe intellettuale è diventata sempre più criticata: artisti e scrittori non trattano più i temi tradizionali, ma portano il seme del nichilismo e attirano su di sé le maldicenze per via della vita dissoluta che sono “costretti” a vivere. Molti fanno uso di droghe o diventano alcolizzati e dormono con altre donne nonostante abbiano moglie e figli, spesso non tornando a casa per giorni.

Questa è la vita narrata dalla protagonista Kazuko, una ragazza di ventinove anni appartenente a una famiglia aristocratica caduta in disgrazia, costretta a trasferirsi in una villa di campagna. È sorella maggiore di Naoji, in primis un intellettuale, ma anche un soldato che ha combattuto nel sud del Pacifico e che fin dal liceo ha fatto uso di oppiacei.

La madre dei due fratelli viene considerata dalla protagonista l’unica vera aristocratica rimasta in vita, in quanto segue ancora le regole della sua classe sociale. Kazuko, al contario, durante la guerra ha dovuto fare lavori pesanti e lavorare nei campi come altri civili, su richiesta del governo, scoprendo di trovarsi a proprio agio, letteralmente, nei panni del contadino.

La protagonista, inoltre, ha anche un divorzio alle spalle. Nonostante voglia compiere il desiderio di avere un figlio, è costretta a spostare interamente le sue attenzioni sulla madre malata di tubercolosi, senza ricevere aiuto dal fratello tornato dalla guerra, assorbito dalla vita scriteriata che porta avanti a Tokyo insieme al suo mentore e scrittore Uehara Jirō.

Kazuko si innamora del romanziere dopo il primo incontro che hanno e, nei sei mesi che separano il loro secondo e ultimo incontro, gli invia tre lettere in cui esprime la sua volontà di avere un figlio da lui nonostante sappia che lui è sposato e ha una figlia. Lo scrittore non risponderà mai a quelle lettere.

Dopo un mese dalla morte della madre e dal suicidio del fratello per la sua autoriconosciuta mancanza di “capacità di vivere”, attraverso un’ultima lettera senza risposta di Kazuko a Jirō, si scopre che la protagonista è rimasta incinta dello scrittore, avverando il suo sogno.

Attraverso questo romanzo, Dazai mostra un realtà che lui stesso conosce in quanto figlio di una ricca famiglia di proprietari terrieri: la realtà della vita sfrenata all’insegna di alcol, droghe e donne, che portano all’annichilimento del corpo e della mente.

Lo stesso Dazai, stremato dalla vita che lui stesso conduce che gli comporta anche l’aggravarsi delle condizioni di salute, viene trovato morto insieme all’amante nel bacino di Tamagawa a Tokyo il giorno del suo trentanovesimo compleanno.

Tokyo Fist || Recensione

Regia: Shin’ya Tsukamoto

Anno: 1995

Durata: 87 min.

Genere: azione, drammatico

Attori principali: Kahori Fujii, Shin’ya Tsukamoto, Kôji Tsukamoto

Il protagonista della storia è Tsuda, un agente assicurativo sottomesso al proprio capo e insoddisfatto del proprio lavoro. Convive da tempo con la sua ragazza Hizuru: i due conducono una vita monotona e sessualmente insoddisfacente, in linea con la piccola borghesia nipponica. Tsuda rincontra casualmente Kojima, pugile professionista e suo vecchio compagno di liceo, il quale è attratto dalla sua compagna e cerca fin da subito di sedurla. Tsuda lo viene a sapere e irrompe nell’umile appartamento del boxer intento a punirlo ma riceverà un potente pugno in volto che lo tramortisce. Sentendosi virilmente inferiore, si iscrive alla stessa palestra del suo rivale sognando un giorno di poterlo battere e riconquistare l’amore di Hizuru. Quest’ultima decide di separarsi dal compagno e inizia a vivere a casa di Kojima; nel frattempo scopre lentamente di provar piacere nella mortificazione del proprio corpo e comincia a sperimentare diverse pratiche di autolesionismo. 

Tsukamoto, regista di culto giapponese, è riuscito a mescolare il genere sportivo, il dramma sentimentale, il grottesco e la critica sociale realizzando un’opera originalissima. Attraverso uno stile di regia frenetico e angusto e una fotografia caratterizzata da colori allucinanti, racconta le nevrosi degli abitanti di Tokyo, raffigurata come soffocante e insopportabile. La violenza è rappresentata in tutte le sue forme, dalla vendetta al riscatto sociale passando per il piacere sessuale, e sembra essere la soluzione naturale all’alienazione della metropoli, l’unico modo cioè per sentirsi vivi.

Recensione di Martino Ronchi

Sono Shion parte 1 || Meijin Film Directors – I Registi di JFS

Benritrovati! Questa è Meijin Film Directors, la rubrica di Takamori sui registi giapponesi, e oggi vi parleremo di Sono Shion.

Sono Shion nasce nella prefettura di Aichi nel 1961. E fin da giovane si cimenta nell’arte scrivendo delle poesie per le quali, riceverà anche alcuni riconoscimenti. È proprio a partire da queste poesie che produrrà il suo primo cortometraggio “Orewa Shion Sono da“, in cui recitava le sue stesse creazioni. Le sue composizioni furono poi citate nel documentario “Otaku“, del 1993.

Il suo film più celebre e controverso è “Suicide Club“, del 2002, che grazie alla sua popolarità ha ricevuto un adattamento sia come manga che sottoforma di libro, scritto da Sono Shion in persona.
La pellicola vince anche il premio della giuria al Fantasia Festival.

Se volete sapere di più su Sono Shion, continuate a seguirci per conoscere la sua filmografia.