Quest’oggi l’Associazione Takamori vi propone un’intervista realizzata dalla testata giornalistica Notiziario Eolie a Francesco Vitucci, docente di lingua e linguistica giapponese presso l’Università di Bologna e direttore della collana Arcipelago Giappone.

di Cristina Marra

Intervista a Francesco Vitucci docente e esperto di letteratura giapponese

Nella vasta libreria di Eolo uno spazio speciale è riservato al Giappone. Dal Sol Levante giungono romanzi, racconti, saggi che riscontrano un crescente interesse tra i lettori italiani e Francesco Vitucci, professore associato di linguistica Giapponese all’università di Bologna e traduttore delle opere di Y. Seichi per Sellerio, uno dei massimi esperti di cultura e letteratura giapponese è in libreria con l’ultima uscita delle indagini del detective Kindaichi di Seichi e con la collana Arcipelago Giappone di Luni Editrice. Anche le Eolie non sono poi così lontane…

Francesco sei curatore della collana Arcipelago Giappone di Luni editore giunta alla settima pubblicazione con Favole del Giappone. Che libri propone la tua collana?

Arcipelago Giappone apre al lettore una nuova dimensione nella quale ogni opera, proposta sempre in traduzione dal giapponese, rappresenta un’esperienza letteraria orientata verso il Giappone moderno nella sua complessità. La finalità è quella di offrire un ampio affresco di generi e concetti che sorprendono tanto per la loro originalità quanto per le profonde e imprevedibili analogie con correnti letterarie di respiro mondiale. Ecco perché accanto al giallo (Edogawa Ranpo, Yumeno Kyūsaku), abbiamo pensato di accostare autori di narrativa (Nakajima Atsushi), letteratura fantastica (Izumi Kyōka) e per l’infanzia (Niimi Nankichi). Tutti nomi del tutto sconosciuti in Italia, ma doverosamente citati nella critica letteraria, nonché richiamati nella storia della letteratura giapponese.

Sei traduttore di Seishi, considerato il Simenon del Sol Levante, proprio in questi giorni è in uscita il quarto libro edito da Sellerio, anticipi ai Libri di Eolo qualcosa?

Il prossimo volume raccoglie il romanzo Una testa in gioco in cui il detective Kindaichi – goffo, trasandato, di intuito acutissimo – è alle prese con un caso che sembra il macabro rovescio dei «gialli col cadavere senza volto», poiché nell’appartamento di una spogliarellista viene trovata la testa della donna sopra un tavolo da poker. Sempre all’interno del volume troviamo il secondo romanzo Il teatro fantasma che assume quasi i toni di una fiaba thriller. L’ambientazione è suggestiva perché la storia si svolge all’interno di un teatro kabuki e vede come protagonisti tre fratellastri e la loro rivalità sotterranea, un vecchio e fedele assistente di scena, un’impresaria cieca coinvolta giocoforza nella sparizione inspiegabile del fratello attore – avvenuta sul palco sedici anni prima – ma destinata a ripetersi come una sfida rivolta a Kindaichi, questa volta in forma di omicidio. Il volume si conclude con il racconto Il corvo ambientato in uno stabilimento termale annesso a un santuario shintoista. Quella che doveva essere una vacanza ristoratrice si trasforma per Kindaichi in una nuova indagine: tra corvi sacri che stillano sangue, la maledizione di una dea gelosa, e il più antico dei moventi: ovvero, l’invidia.

Il tuo legame col Giappone è molto profondo. Perchè secondo te la sua narrativa piace tanto in Italia?

Bisogna innanzitutto riconoscere che la letteratura giapponese sta riscuotendo un buon successo in Italia ormai da alcuni anni e, proprio per questo, il parterre dei lettori oggi è ormai più che maturo per orientarsi in diversi generi e altrettante nicchie. Di base, penso che la curiosità verso il Giappone sia giustificata prima di tutto dalla ricchezza contenutistica che la letteratura giapponese offre ai nostri lettori, stimolata altresì da un indubbio aumento delle traduzioni in italiano che hanno raccolto, a loro volta, un pubblico estremamente trasversale: da appassionati di letteratura classica e poesia fino agli amanti delle opere più contemporanee e moderne. Di certo, anche il soft power della cultura giapponese ha giocato a favore di questo avvicinamento. Ecco perché il Giappone, nonostante lontano, in Italia viene percepito come un paese molto affine e con il quale poter sviluppare una certa empatia.

Alle Eolie ci sei stato lo scorso anno, cosa ti hanno trasmesso i luoghi di Eolo?

Di sicuro lo spazio geografico delle Eolie, che è di per sé aperto, assomiglia molto all’arcipelago giapponese perché permette lo scambio, l’avvicinamento, l’incrocio culturale. È uno spazio vivo, complesso, curioso. Personalmente, grazie alla mia esperienza alle Eolie, ho avuto modo di entrare in contatto con scrittori, traduttori, giornalisti e imprenditori potendo ampliare la mia visuale accademica, troppo spesso costretta nell’ambito meramente linguistico, traduttivo e traduttologico. Di certo, questa esperienza mi ha permesso di comprendere a fondo il valore della divulgazione e dell’incontro,fondamentale per connettersi con il pubblico dei lettori e, più in generale, con la società nel suo complesso, nonché di focalizzarmi su quelli che sono gli obiettivi del mio lavoro, ovvero arrivare alle persone portando loro delle storie e dei racconti.