Il maestro di campagna – Katai Tayama || Recensione
Esponente principale del naturalismo in Giappone,ne “Il maestro di campagna” Tayama Katai abbandona lo stile autobiografico e confessionale che caratterizzava le sue opere precedenti tra cui “Futon” e si cimenta nella stesura di una biografia di una persona realmente esistita: Kobayashi Shūzō, cambiandone il nome in Hayashi Seizō.
Partendo dai suoi diari personali, interviste a amici stretti, membri della famiglia e visitando i luoghi dove ha vissuto, Tayama fa un resoconto della vita del giovane dal 1901 fino alla sua morte nel 1904.
Ciò che lo spinge alla stesura dell’opera è l’intento di mostrare una nuova generazione di giovani letterati e le difficoltà che incontrano in un Giappone ancora in trasformazione dopo l’apertura all’occidente; per far ciò adopera uno stile austero e diretto che ben rappresenta non solo la realtà circostante, ma anche la mediocrità che caratterizza la vita del protagonista.
Hayashi vede sfumare i propri sogni di studi universitari a Tokyo causa una progressiva caduta economica della famiglia; è costretto a lavorare come maestro di scuola elementare in un paesino della periferia, da cui non riuscirà mai ad uscire.
Una costante dell’opera è il pessimismo di Hayashi, che è terrorizzato dall’idea di passare tutta la sua vita in campagna mentre i suoi amici si trasferiscono nelle metropoli. Questo pessimismo è corroborato dai continui e fallimentari tentativi di ottenere un’occupazione più alta,di insegnare alle scuole medie e anche di entrare in un’accademia musicale. Anche quando, verso la fine del romanzo, Hayashi riesce a maturare una prospettiva più ottimistica, gli viene comunque negata la possibilità di qualunque felicità o riscatto. Essenzialmente Tayama, attraverso la lente del naturalismo, analizza le cause delle difficoltà che i giovani provinciali possono trovarsi a vivere, muovendo quindi una critica sociale ma anche cercando di trarne un insegnamento per chi si trova nella stessa situazione: L’idea che si possa trovare una propria felicità personale anche nelle limitazioni che ci vengono imposte.
Elemento costante e fondamentale è la guerra tra Giappone e Russia. Nel corso della storia svariati personaggi discutono degli sviluppi del conflitto, dell’imminente successo del paese nella conquista della Manciuria. Questo costante senso di vittoria nazionale che permea la narrazione risulta un processo opposto al fallimento di Hayashi, al punto che il culmine di entrambi avviene nello stesso giorno, quasi come a simboleggiare il passaggio verso un’imminente nuova epoca e l’impossibilità per il giovane di vivere un futuro migliore. Spicca, inoltre, l’uso continuo e quasi fuori luogo da parte dei giovani di vocaboli della lingua inglese quali “Brother”,”Sister”, “Love”, come a indicare la progressiva influenza occidentale sulla nazione.
In conclusione, tramite le sue descrizioni piatte e oggettive, “Il maestro di campagna” ci offre un’immagine del Giappone alla fine del periodo Meiji e uno studio su come le nuove tendenze nazionali arrivano ad influenzare e destabilizzare anche la vita dei singoli.
Recensione di Biagio Furno
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