La rassegna JFS procede presso il cinema Rialto con il prossimo film “The Crimes That Bind” (2018), martedì 7 novembre. I biglietti saranno disponibili a breve in prevendita sul sito CCB: https://circuitocinemabologna.it/p/ja…
Ciao a tutti e bentornati su Takamori! Oggi vi presenteremo la rassegna autunnale JFS, che si terrà tra ottobre e dicembre 2023, per un totale di quattro film. Le proiezioni si terranno alle 21 al Cinema Rialto. Il primo film che porteremo al cinema Rialto sarà My Broken Mariko, il 17 ottobre, film drammatico diretto da Tamada Yuki. Continueremo poi con il thriller The Crimes that Bind, diretto da Fukuzawa Katsuo, che sarà proiettato il 7 novembre Il 21 novembre ci sarà la terza pellicola, Helter Skelter, un film d’essai diretto da Ninagawa Mika. Per concludere la rassegna, finiremo il 5 dicembre con un film storico, Hana, diretto da Kore’eda Hirokazu. Se volete saperne di più sulla rassegna e sui film che presenteremo, continuate a seguirci sui canali sociali! A presto!
Benritrovati! Questa è Meijin Film Directors, la rubrica Takamori sui registi giapponesi, e oggi continuiamo a parlarvi di Sono Shion.
“Suicide Club” del 2002 è la prima parte della trilogia del suicidio, nonchè il primo vero successo di Sono. Un gruppo di detective è alla ricerca di un movente che si cela dietro un’incredibile quantità di suicidi. Si scoprirà la presenza di un sito internet che tiene conteggio del numero delle morti avvenute e quelle future. A metà fra un thriller e uno spionaggio, questo film punta apertamente il dito contro la società nipponica, rea di deumanizzare i propri figli attraverso soprattutto la repressione scolastica.
Nel 2008 Sono realizza un’opera mastodontica di quasi 4 ore, “Love exposure” è un lavoro complesso e denso che mescola un’infinità di generi, dallo splatter alla commedia, passando per il dramma senza mai stridere fra loro. Mettendo alla berlina ogni forma di religione e riflettendo su tematiche come la repressione sessuale, il regista dà vita a un film coinvolgente quanto folle e, allo stesso tempo, una delle storie d’amore più originale del nuovo millennio.
La casa di produzione Nikkatsu recluta alcuni registi di spicco con l’idea di celebrare il “pinku eiga“, un genere soft-core che andava in voga negli anni 70′. Sono coglie l’occasione per darne una propria rilettura e realizza così, nel 2016, “Antiporno“. Questo mediometraggio, caratterizzato da scenografie sgargianti e sorprendenti risvolti metanarrativi, smaschera la mentalità maschilista del Giappone odierno e analizza l’apparente emancipazione di cui gode la donna nel XXI secolo.
Se volete scoprire le vite e le opere di altri registi giapponesi, continuate a seguirci! A presto!
Benritrovati! Questa è Meijin Film Directors, la rubrica Takamori sui registi giapponesi, e oggi continuiamo a parlarvi di Kurosawa Akira.
Nel 1954 dirige uno delle più importanti opere giapponesi di sempre, “I sette samurai”: ambientato durante il periodo feudale, narra la storia di un villaggio di contadini che ingaggia un gruppo di samurai per difendersi dai briganti, esaltando il sacrificio e il senso di comunità. Questo capolavoro immortale, oltre ad aver portato per la prima volta il cinema asiatico all’attenzione internazionale, ha ispirato grandi artisti americani delle generazioni successive attraverso le sue innovazioni narrative e tecniche.
“Anatomia di un rapimento” del 1963 è il film più americano del regista: Gondo è un socio azionario di un’importante azienda di cui sta per prendere il totale controllo senonché riceve una telefonata dove viene a sapere che suo figlio è stato rapito. Si scoprirà che per errore il bambino in ostaggio è il figlio del suo autista. Siamo di fronte a un film investigativo tecnicamente sublime che gioca con la geometria degli spazi, in una dialettica tra alto-basso che rappresenta il dualismo tra paradiso-inferno. Un’opera che tiene col fiato sospeso dal primo all’ultimo minuto mostrando l’intera stratificazione della società giapponese.
“Sogni” del 1990 è il testamento cinematografico di Kurosawa: un lungometraggio suddiviso in otto storie dal carattere onirico che attingono al folklore nipponico e alla storia del Giappone, con alcuni riferimenti biografici dello stesso regista. Nonostante il carattere non convenzionale dei racconti, Kurosawa esprime chiaramente le sue idee sull’inutilità della guerra, la cattiveria intrinseca dell’essere umano, la perdita del legame primordiale con la natura e la vita in senso più ampio.
Se volete scoprire le vite e le opere di altri registi giapponesi, continuate a seguirci! A presto!
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