Il 210º giorno – Natsume Sōseki || Recensione

Autore: Natsume Sōseki

Traduzione: Andrea Maurizi

Editore: Lindau s.r.l

Edizione: 2019

Il 210º giorno, è un’opera scritta da Natsume Sōseki, che narra le vicissitudini di due amici, Kei e Roku, che decidono di intraprendere l’ascesa al monte Aso, dove si trova il vulcano più grande di tutto il Giappone.  Sebbene i due giovani siano diversi, sono comunque legati da una profonda amicizia: durante le loro conversazioni finiranno per scontrarsi e discutere più volte, ma allo stesso tempo saranno in grado di vivere diverse esperienze che influenzeranno il loro rapporto. Kei è un ragazzo di estrazione sociale bassa, un rivoluzionario insofferente verso le ingiustizie sociali e la società tradizionale, mentre Roku è un giovane che proviene da una famiglia benestante, minuto e dal carattere arrendevole, incapace di prendere decisioni.

Kei e Roku sono due ragazzi nati dopo la Restaurazione Meiji: questo è un periodo di forte cambiamento sociale poiché il Giappone stava iniziando ad accogliere le influenze provenienti dell’Occidente e della modernità dei tempi, ma temeva di perdere i propri valori tradizionali. Il periodo Meiji fu quindi lo spartiacque che separò per sempre il vecchio regime dal nuovo e rappresentò il disorientamento dell’individuo di fronte alla consapevolezza che nulla sarebbe stato più come una volta.

L’autore si sofferma particolarmente sulla descrizione dei luoghi in cui si muovono i due personaggi, e tutto ciò funge da sfondo ai loro dialoghi, in cui emergono incertezze ma anche desideri. Gli eventi narrati sono descritti quasi per intero in forma dialogica e si svolgono nell’arco di un paio di giorni: non solo sono presenti le riflessioni dei due giovani ma vi è anche una minuziosa descrizione degli scenari naturali dei luoghi, con un particolare riferimento alle condizioni climatiche. Molto probabilmente l’eruzione esplosiva del vulcano indica simbolicamente il termine di un’epoca e segna l’inizio di un nuovo periodo. La forza distruttiva e la potente intensità di tale eruzione simboleggia la violenza della natura che si contrappone alla tranquillità e alla bellezza della montagna. Durante la loro spedizione i due ragazzi incontreranno anche altri personaggi, marginali e spesso appenadelineati, che però saranno di fondamentale importanza per comprendere meglio alcune vicende.

Il 210º giorno fu pubblicato nel 1906 nella rivista ‘Chūōkōron’ e trae ispirazione da un’escursione che proprio l’autore stesso fece nel 1899 in compagnia dell’amico e collega, Yamakawa Shinjirō.Sebbene quest’opera non ebbe inizialmente grande successo, Sōseki è stato in grado di illustrare uno dei momenti più difficili e traumatici del Giappone: emerge una forte e innovativa capacità di raccontare e di coniugare l’estrema sensibilità della tradizione giapponese con alcune tecniche della narrativa occidentale.

Recensione di Ludovica Vergaro

Natsume Sōseki – Guanciale d’erba

Un poeta alla ricerca di un’espressione – Kusamakura

Autore: Natsume Sōseki

Titolo originale: 草枕

Editore: BEAT

Edizione: 2021

Pagine: 173

Guanciale d’erba è un romanzo di Natsume Sōseki, considerato il padre della letteratura moderna giapponese. La pubblicazione avviene nel 1906, a seguito del ritiro dell’autore dalla vita pubblica e dalla cattedra universitaria offertagli a seguito del suo difficile e travagliato soggiorno londinese. L’opera contiene infatti, come la maggior parte della sua produzione, la complicata convivenza della cultura tradizionale giapponese con gli influssi culturali europei della quale l’autore ottiene piena consapevolezza dopo gli anni all’estero.

Il titolo fa riferimento al cuscino del viandante, che si abbandona, stanco di una lunga giornata, ai margini del sentiero; ma è anche una metafora del viaggio che ogni uomo intraprende alla ricerca di sé stesso. Il protagonista è un artista, un pittore, che, desideroso di allontanarsi dalla città, si avventura in un ameno sentiero di montagna dove incontra contadini, viandanti, paesani e nobili a cavallo.

Dopo il suo girovagare, il poeta decide di rifugiarsi dalla pioggia in una piccola casa da tè tra i monti la cui tenutaria gli racconta la storia della giovane Nakoi desiderata da due uomini e costretta a sposare quello che non amava. Col suo guanciale d’erba e i suoi pennelli, lungo il cammino l’artista raccoglie questa e tante altre storie che gli saranno poi d’ispirazione per i suoi dipinti e le sue composizioni.

L’opera è considerata dalla critica un poema in prosa e la sua assenza di una vera e propria trama si presta a una riflessione sull’arte e sulla vita nella quale Sōseki dipinge il suo ideale di artista, un individuo scevro di pregiudizi, aperto ad ogni tipo d’ispirazione e pronto a farsi contaminare dall’ambiente circostante. Il protagonista riesce a fondere l’estetica secolare giapponese con le nuove influenze provenienti da oltre oceano; nel libro, infatti, artisti come Shelley, Goethe, Millais e Turner trovano posto nel paesaggio abbracciato dai verdi monti giapponesi. Secondo l’autore, è proprio così che dovrebbe funzionare la mente del vero artista moderno, le due culture non dovrebbero annullarsi a vicenda ma esaltare le proprie peculiarità e differenze.

Nella sua produzione Natsume Sōseki denuncia spesso la posticcia modernizzazione del Giappone, avvenuta forzatamente e troppo di fretta. È proprio durante il suo soggiorno in Inghilterra che lo scrittore ha modo di sperimentare la vera modernità e comprendere quanto il Giappone ne sia in realtà lontano. La modernizzazione attuata dal governo giapponese di fine Ottocento ha portato a un abbandono sommario della cultura tradizionale giapponese, un patrimonio culturale che, con le sue opere, Sōseki cerca di rivalorizzare e riavvicinare al cuore dei suoi connazionali.

 

—recensione di Pietro Neri.

 

Natsume Sōseki – Il signorino (2007)

Il signorino

Autore: Natsume Sōseki

Titolo originale: 坊ちゃん

Editore: Neri Pozza Editore

Traduzione: Antonietta Pastore

Edizione: 2007

Pagine: 159

Il signorino è un romanzo del famoso scrittore Natsume Sōseki, pubblicato per la prima volta in Giappone nel 1906, e in Italia nel 2007 da Neri Pozza.
Per quest’opera, Sōseki prende spunto dalla sua personale esperienza da insegnante in una scuola media dello Shikoku, una regione che non era stata eccessivamente travolta dall’ondata di modernizzazione Meiji.

Ci troviamo a Tokyo nei primi anni del Novecento in una famiglia composta da padre, madre, due figli maschi e una domestica. Mentre il figlio maggiore è lodato dai genitori per il suo temperamento mite e per la sua dedizione negli studi, il figlio minore è considerato come la pecora nera della famiglia. Quest’ultimo è infatti molto impulsivo oltre che sfacciatamente sincero in una società che predilige l’apparenza e l’ipocrisia.

L’unica persona a mostrare affetto per il ragazzo è la domestica Kiyō che, essendo cresciuta in un Giappone più genuino, riconosce la sua franchezza e lo crescerà insegnandogli l’importanza di questa qualità ormai rara. Sarà proprio Kiyō ad affidargli il tenero nomignolo di bocchan ovvero “signorino”. Inizialmente il signorino si dimostrerà scontroso anche con la domestica ma poco a poco tra i due si creerà un rapporto speciale.

Col tempo sia il padre che la madre passano a miglior vita lasciando il signorino con una magra ereditá. Nel frattempo, su pressioni di Kiyō, riesce a completare gli studi e a ottenere un posto come insegnante di matematica in una scuola di provincia. Lontano da Tokyo e lontano da Kiyō, sarà per il giovane insegnante difficile ambientarsi nella sua nuova realtà. Il suo carattere si scontrerà ben presto con i rozzi abitanti della cittadina in cui lavora, i colleghi insegnanti sbruffoni e ipocriti e gli studenti dispettosi.

Come in altre sue opere, Sōseki presenta una critica al processo di modernizzazione giapponese. In questo romanzo, in particolare, rimpiange una moralità perduta in favore di un maggiore opportunismo tra la gente. Coloro che hanno abbracciato in pieno l’occidentalizzazione ,come i professori della scuola in cui lavora il signorino, sono descritti quasi tutti come persone che si riempiono di belle parole ma che sono pronte a pugnalare alle spalle chiunque.

Il tono usato da Sōseki però non é affatto moraleggiante. Il signorino é caratterizzato da toni satirici e ironici a partire da come il protagonista decide di affibbiare dei nomignoli canzonatori ai colleghi (il pomposo preside Tasso, l’irascibile Porcospino o il doppiogiochista Camiciarossa ecc…).

—recensione di Riccardo Avarello.