Yotsuya kaidan e altri racconti || Recensione

Autore: Tanaka Kōtarō

Traduzione: Stefano Lo Cigno

Editore: Luni Editrice

Edizione: 2022

Yotsuya kaidan e altri racconti di Tanaka Kōtarō rappresenta una delle più significative raccolte di storie scritte da tale autore, il quale è rimasto per lungo tempo sconosciuto al pubblico al di fuori del Giappone. L’opera rientra nel genere dei sewamono, testi che si concentrano sulle abitudini, sulle passioni e sulla quotidianità. Allo stesso tempo l’autore mette in evidenza il lato oscuro dell’essere umano, che non è in grado di controllare l’egoismo e i piaceri della vita: questa attenzione per l’elemento “scabroso” costituisce una delle caratteristiche più esplicite di quest’opera, dove tutti i personaggi sono soggiogati dai loro stessi impulsi.

Tanaka Kōtarō nel corso della sua vita compone diversi kaidan, ossia i racconti di paura di stampo tipicamente giapponese, spesso ambientati in Giappone o in Cina. I più celebri sono Yotsuya kaidan-la maledizione di Oiwa e Sarayashiki-la storia di Okiku e dei nove piatti, che fanno riferimento a due delle figure più popolari della letteratura giapponese e delle arti figurative. Per evidenziare lo svolgersi misterioso e sconnesso dei fatti e la mancanza di una logica apparente, Tanaka presenta i protagonisti dell’opera attraverso una descrizione minima ed essenziale per poterli inquadrare.

A causa delle omissioni e dei salti narrativi, l’autore rende l’opera di difficile comprensione per il lettore, che spesso non è in grado di comprendere totalmente lo svolgimento degli eventi e che quindi necessita di un dettagliato apparato di note.

Yotsuya kaidan ha subito diverse riscritture e ha ispirato alcune reinterpretazioni in ambito cinematografico, nella letteratura contemporanea e addirittura nell’universo manga.

Nella raccolta è presente un ulteriore testo, il sangue del rospo, che si pone come precursore della corrente letteraria dello eroguronansensu, cioè un tipo di racconto nonsense inaugurato da Edogawa Ranpo e Yumeno Kyūsaku. Si tratta di un fenomeno sociale, letterario ed artistico che si sviluppa tra gli anni Venti e Trenta del Novecento in Giappone: vi è la combinazione dell’erotismo con componenti macabre, grottesche, e a volte prive di senso, che alludono al fascino dell’anormalitá e della perversione. Anche Tanaka Kōtarō sarà in grado di fondere elementi fantastici con dettagli horror, traendo ispirazione dalla tradizione giapponese folkloristica.

Recensione di Ludovica Vergaro

La maledizione di Oiwa e altri racconti di Tanaka Kōtarō | Arcipelago Giappone – Luni Editrice

L’associazione Takamori e’ lieta di presentarvi la nuova collana Arcipelago Giappone della casa Luni Editrice, che apre al lettore una nuova dimensione nella quale ogni opera, proposta in traduzione dalla lingua giapponese originale, è un’esperienza letteraria orientata verso il Giappone moderno e contemporaneo nella sua complessità.
La line-up iniziale della collana comprende Labirinto d’erba di Izumi Kyōka, La maledizione di Oiwa e altri racconti di Tanaka Kōtarō, che introduciamo oggi in questo articolo, e Il libro dei morti di Orikuchi Shinobu.

Traduzione e curatela: Stefano Lo Cigno
Numero di pagine: 128
ISBN: 9788879848152

IL LIBRO:

Tamiya Iemon è un rōnin senza scrupoli, schiavo della lussuria e della cupidigia. Riunitosi con la moglie Oiwa, che nel frattempo ha dato alla luce un bambino, impiega poco tempo a stancarsi della condizione di povertà in cui si ritrova.

Il vicino di casa, Itō Kihei, membro del feudo rivale, gli propone di convolare in seconde nozze con la nipote, la bella Oume, innamorata di lui perdutamente, nonché il reintegro al rango di samurai a patto di abbandonare Oiwa.

Il loro piano è diabolico: prima le somministrano con l’inganno un veleno che le gonfia orribilmente parte del viso e porta ciocche di capelli a staccarsi a ogni passata di pettine, poi la accusano ingiustamente di adulterio.

L’AUTORE:

Tanaka Kōtarō (Kōchi, 1880 – Tōkyō, 1941), figlio di mercanti, dopo un breve trascorso da giornalista, si trasferisce a Tōkyō dove studia sotto la guida di autori quali Ōmachi Keigetsu e Tayama Katai.

Nel corso della sua vita compone numerosi kaidan, i racconti del terrore di fattura nipponica; l’opera che più lo rappresenta è la Raccolta di kaidan giapponesi (1934), una collezione di quasi duecento racconti tra cui spiccano La maledizione di Oiwa – Yotsuya kaidan Sarayashiki – La storia di Okiku e dei nove piatti. Grazie all’opera Vere storie kaidan giapponesi (postumo, 1971), scritta negli ultimi anni di vita, si fa precursore del genere jitsuwa kaidan (it. Kaidan basati su storie vere) e in senso ampio fornisce un’importante testimonianza della tradizione narrativa popolare contemporanea. Tra le altre opere si ricordano anche Racconti di ombre nere (1921) e Racconti di pioggia nera (1923).

Per altre informazioni riguardo il libro vi invitiamo a visitare la pagina web dedicata sul sito della casa editrice, accessibile premendo qui; per avere ulteriori informazioni riguardo la collana, invece, vi invitiamo a visitare la relativa pagina web premendo qui.
Vi ricordiamo che nelle prossime settimane usciranno altri due articoli riguardanti la collana Arcipelago Giappone, quindi seguiteci sui social per non perdervi tutte le novità !


Collana Arcipelago Giappone – Luni Editrice:

La collana Arcipelago Giappone apre al lettore una nuova dimensione nella quale ogni opera, proposta in traduzione dalla lingua giapponese originale, è un’esperienza letteraria orientata verso il Giappone moderno e contemporaneo nella sua complessità.
Un accurato apparato di note e postfazioni guida il lettore in questo lungo viaggio, in cui ogni opera è unica e al tempo stesso, anche specchio delle altre.
Ne risulta un ampio affresco di generi e concetti che sorprendono tanto per la loro originalità quanto per le profonde, imprevedibili analogie con correnti letterarie di respiro mondiale.

Collana diretta da Francesco Vitucci
Comitato Scientifico (Arcipelago Giappone)
Paolo La Marca, Stefano Lo Cigno, Alessandro Passarella, Bonaventura Ruperti, Marco Taddei, Francesco Vitucci