FIM.Bo Festival Internazionale Della Maschera – DAL 27 APRILE AL 1 MAGGIO 2022

IL FESTIVAL:

FIM.Bo acronimo di Festival Internazionale della Maschera – Bologna è un progetto che intende valorizzare e diffondere le diverse culture teatrali legate alla maschera. In ogni luogo e tempo, l’essere umano ha utilizzato questo strumento per connettersi all’universo e alle forze ancestrali che lo governano. Oggi possiamo osservare maschere provenienti da tutte le parti del mondo in molteplici forme di rappresentazione scenica ed espressione culturale.

L’evento, che si terrà a Bologna dal 27 Aprile al 1° Maggio, avrà un focus sull’Oriente. Verranno coinvolti artisti ed artiste che mettono al centro della loro ricerca e produzione forme di performance di origine orientale. L’iniziativa vedrà anche la presenza dei professionisti e delle professioniste di Maschera Scenica per incentivare il dialogo e lo scambio di pratiche artistiche tra Oriente ed Occidente. Il prezioso contributo di Asia Institute e di Associazione Takamori permetterà di allargare l’esperienza a studenti e studentesse dell’Università di Bologna, nonché arricchire la proposta con la partecipazione di docenti specializzati in Storia del teatro.

Infine, grazie al supporto di Fraternal Compagnia, alcuni momenti chiave del Festival saranno ambientati nei suggestivi spazi di Villa Mazzacorati.
FIM.Bo sarà occasione per scoprire storie di popoli attraverso la maschera, ma anche continue evoluzioni e contaminazioni culturali ed artistiche.

PROGRAMMA:

MERCOLEDì 27 | Villa Mazzacorati | 19.00 – 22.00 ~ Inaugurazione FIM.Bo
FIM.Bo: un progetto internazionale
Relazioni e Festival intorno alla maschera
Aperitivo con Esposizione di maschere

GIOVEDì 28 | Cava delle arti | 19.00 – 22.00 ~ Dialoghi sulla maschera
Tra Oriente ed Occidente – Yayoi Hirano
La maschera precaria – Fabianna De Mello e Souza
Dialogo tra partecipanti ed ospiti internazionali

VENERDì 29 | Villa Mazzacorati | 17.00 – 22.00 ~ Approfondire la maschera
Maschera e Teatro – Matteo Casari e Giulia Filacanapa
Commedia dell’Arte e Kyōgen – Fraternal Compagnia
Maschere balinesi in Brasile – Fabianna de Mello e Souza
Aperitivo con Esposizione di maschere

SABATO 30 | Teatro del Baraccano | 19.00 ~ Concerto e spettacolo
Concerto Taiko – Paris Taiko Ensemble
Spettacolo A life – At the Hawk’s Well – Yayoi Hirano

DOMENICA 1 | Centro cittadino ~ Festa mascherata ed itinerante
Uscita collettiva e spontanea in maschera

The Little House (2014)

Titolo: The Little House (小さいおうちChiisai Ouchi)

Regista: Yamada Yōji

Anno di uscita: 2014

Durata: 136 minuti

Attori principali: Matsu Takako, Karuki Haru

The Little House (Chiisai ouchi) è un film drammatico del 2014 diretto da Yamada Yōji, è tratto dal romanzo di Nakajima Kyōko e rappresenta anche l’ultima opera del regista.

Racconta uno spaccato della società giapponese prima della seconda guerra mondiale attraverso gli occhi di una domestica che lavora presso una benestante famiglia di Tokyo. La storia inizia con Takeshi che ritrova un manoscritto appartenuto alla defunta zia Taki, e leggendone le pagine viene a conoscenza degli eventi che hanno riguardato la vita della parente, in particolare del periodo in cui lavorò come cameriera presso la famiglia Hirai, composta da Masaki, impiegato in una fabbrica di giocattoli, la moglie Tokiko e il figlio Ryoichi. Taki si trova fin da subito molto bene nel suo lavoro, venendo soprattutto apprezzata dai due coniugi per la dedizione che ella dimostra nelle cure del piccolo Ryoichi, al quale si lega particolarmente.

Questo equilibrio viene però sconvolto dall’arrivo di un nuovo dipendente nell’azienda di Masaki, Itakura Shōji che cattura subito l’interesse non solo di Tokiko ma anche della stessa Taki, e mentre la prima rende palese il proprio sentimento, la seconda non lo dichiarerà mai. Tutto ciò viene però bruscamente interrotto dallo scoppio della seconda guerra mondiale. L’impoverimento generale dovuto al conflitto costringe gli Hirai con grande dolore a fare a meno della domestica, dunque Taki ritorna nel suo paese e solo dopo la fine della guerra scoprirà che i due coniugi sono morti sotto i bombardamenti. Yamada usa una struttura a flashback, in cui tutti gli eventi raccontati sono filtrati dal ricordo, si viene quindi a creare un perfetto intreccio tra presente e passato.

Con l’espediente del manoscritto che viene ritrovato e letto dal nipote, Taki diventa la narratrice della storia e di conseguenza il suo punto di vista è privilegiato ma non l’unico, abbiamo infatti un’altra figura protagonista della storia, ovvero Tokiko. Queste due donne esprimono ideali di femminilità differenti, mentre la prima è timida, docile e restia a mostrare i propri sentimenti, la seconda è vivace, moderna e intraprendente, pronta a seguire il suo cuore senza pensare troppo alle conseguenze.

— Recensione di Delia Pompili.

Ōshima Nagisa – Parte 1 || Akushon! – I registi di JFS

Bentrovati! Questa è Akushon!, la rubrica di associazione Takamori sui registi giapponesi. Oggi vi parliamo di Ōshima Nagisa!

Ōshima Nagisa nasce il 31 marzo 1932 a Kyoto. Già durante gli studi liceali inizia a stendere abbozzi di romanzi e a occuparsi di teatro, infatti pur laureandosi all’Università di Kyoto in diritto e scienze politiche, la sua passione per il cinema lo spinge ad entrare nella casa di produzione Shōchiku. Dopo un primo periodo come stagista al fianco di cineasti già affermati, esordisce come regista nel 1959, dirigendo il suo primo lungometraggio, Ai to kibō no machi (Il quartiere dell’amore e della speranza), che provoca contrasti con i dirigenti della Shōchiku soprattutto a causa del finale considerato troppo tragico. Sempre per la Shōchiku, gira nel 1960 altri due film controversi, entrambi all’insegna della violenza e talvolta a sfondo sessuale: Seishun zankoku monogatari (Racconto crudele della giovinezza) e Taiyō no hakaba (Il cimitero del sole). Sempre nel 1960 gira anche un terzo film, Nihon no yoru to kiri (Notte e nebbia del Giappone), realizzando un’opera politica incentrata sulle polemiche legate alla ratifica del trattato di sicurezza nippo-americano, mostrando dunque un radicalismo politico che ovviamente non fu visto positivamente. Per le tematiche trattate e per lo scarso successo di pubblico la Shōchiku decide di ritirare il film dalle sale, arrivando alla rottura definitiva dei rapporti col regista.

Negli anni successivi, Ōshima fonda una sua casa indipendente la Sōzōsha, dove può rappresentare più liberamente le contraddizioni e le tensioni della società giapponese del dopoguerra. Realizzerà film sulla seconda guerra mondiale, documentari per la televisione, film sulla criminalità e addirittura un film in costume per la Toei e un adattamento cinematografico di un fumetto. Finalmente, nel 1971, realizza uno dei suoi più grandi film: Tōkyō sensō sengo hiwa (Storia segreta del dopoguerra dopo la guerra di Tokyo). Ancora una volta, Ōshima mette in scena sesso, morte e frustrazione e il suo successo arriva anche in Europa. Dopo anni difficili in cui si vede costretto a chiudere la Sōzōsha, arriva la proposta di dirigere e coprodurre con A. Daumann Ai no korīda (Ecco l’impero dei sensi), film del 1976 che lo porterà al successo internazionale. Incentrato su una storia d’amore ossessiva, fu piuttosto d’impatto, essendo ispirato a un fatto di cronaca e anche per la presenza di reali rapporti sessuali tra gli attori. Il successo lo spinge nel 1978 a dirigere un secondo film che segue a tratti lo stesso genere, Ai no borei (L’impero della passione), più casto del precedente e caratterizzato da un mix di erotismo e atmosfere lugubri e spettrali. La pellicola lo porta a vincere il premio alla miglior regia al Festival di Cannes. Seguiranno fasi alterne di inattività e produzioni, in particolare si ricorda di Senjo no merii kurisumasu Furyō, un dramma bellico a sfondo psicologico, girato con figure celebri quali David Bowie e Takeshi Kitano. Dopo un periodo di pausa per motivi di salute, il film che segna il suo ritorno al cinema è Taboo Gohatto, film storico incentrato sull’omosessualità, che viene presentato al Festival di Cannes del 1999 e che si rivelerà essere anche la sua ultima opera. Ōshima Nagisa muore il 15 gennaio del 2013 a Fujisawa. Questi ultimi quattro film li vedremo nel dettaglio nella seconda parte.

E con questo si conclude la prima parte del nostro approfondimento su Ōshima Nagisa. Potete trovare il nostro video a riguardo cliccando qui.
Se vi abbiamo incuriosito con la vita e la carriera di questo regista, ci vediamo Mercoledì prossimo con la seconda parte!

Amazarashi – Un tuffo nel J-alt rock, tra anime e pandemia

Amazarashi – Un tuffo nel J-alt rock, tra anime e pandemia

Storia della band:
Nati nel 2007 nella provincia di Aomori, estremo nord dell’isola principale dell’arcipelago, la band si forma col primo nome di STAR ISSUE, con il quale partecipa ad alcuni festival locali per gruppi emergenti. Poco dopo la loro nascita, STAR ISSUE ottiene il primo premio di una di queste rassegne musicali tenutasi lo stesso anno, il Glucon Vol. 17: Aomori ~JOKER STYLE SUMMIT~. Questo momento è decisivo per la band, che d’ora in poi verrà ribattezzata Amazarashi (あまざらし) e comincerà a lavorare con l’etichetta discografica Rainbow Entertainment. Con questa verrà infatti pubblicato il primo lavoro in studio, Hikari, Saikō (光、再考 – Light, Reconsidered) nel 2009. Questa opera appartiene al concept dei mini-album implementato dal duo nel corso della loro quindicennale carriera, difatti, altre pubblicazioni del medesimo formato appariranno anche negli anni successivi a cadenza regolare: 0. (2009), 0.6 (2010), Wan Rūmu Jojishi (ワンルーム叙事詩, Oner Room Epic del 2010), Anomī (アノミー, Anomie del 2011), Anta e (あんたへ, For You del 2013), Kyomubyō (虚無病, Nihility Disease del 2016) e Reiwa Ninen, Uten Kekkō (令和二年、雨天決行、Reiwa Year Two, Rain or Shine del 2020) solo per citarne alcuni.

Per quanto riguarda gli album classici, invece, la discografia del gruppo annovera cinque raccolte:

  • Sennen Kōfukuron (千年幸福論, A Millenarian Happiness Theorem del 2011)
  • Yūhi Shinkō Higashizumu (夕日信仰ヒガシズム, Sunset Faith: The Sun Goes Down del 2014
  • Sekai Shūsoku Ni Ichi Ichi Roku (世界収束二一一六, World Convergence 2116 del 2016)
  • Chihō Toshi no Memento Mori (地方都市のメメント・モリ, The Local City’s Memento Mori del 2017)
  • Boikotto (ボイコット, Boycott del 2020)

Il 13 aprile 2022 è prevista l’uscita del nuovo album dopo due anni senza pubblicazioni. Il titolo è Nana Gosen Lost Boys (七号線ロストボーイズ)e include 11 tracce, tutte nuove di zecca a parte la canzone Borderline, nota per far parte della colonna sonora dell’anime 86. Il cantante e frontman Akita ha rilasciato una breve dichiarazione all’annuncio del nuovo album, indicativa delle tematiche che animano la sua musica recente:
“Per potermi buttare in un futuro ignoto di cui non conosciamo nemmeno la direzione, avevo prima di tutto bisogno di sapere chi ero.
Perché è cominciato e perché stiamo vivendo qui, ora? Cosa ci ha condotti nel luogo in cui ci troviamo?
Per i bambini che si perdono nella loro quotidianità e per coloro che una volta erano dei bambini.”

Musicisti – il duo:
Gli elementi fissi del gruppo sono due, Akita Hiromu (秋田ひろむ) e Toyokawa Manami (豊川真奈美). Akita è il cantante, chitarrista e paroliere, originario di Yokohama e volto della band. Interessatosi durante l’infanzia alla musica grazie ai programmi TV e alla passione della sorella maggiore, dopo l’acquisto di una tastiera si unisce a una cover band. Toyokawa, invece, si occupa della tastiera e dei cori delle loro canzoni. Sono accompagnati da altri musicisti (basso, percussioni, chitarra) per il supporto nei tour.

Un rock sui generis:
Come affermato da Karen Gwee su 10YearsofBandwagon, il duo è molto seguito in terra natia e all’estero per il rock enigmatico ed esistenzialista, che irradia messaggi realistici e spesso positivi. La coppia di artisti non si esime dal trattare temi più ostili e socialmente impegnati, dalla morte alla solitudine nel mondo iper-tecnologico attuale, ma sempre con un’attitudine anti-nichilista e pro-attiva, nel tentativo di fomentare la speranza e inviare un messaggio umano e ristoratore. Lo stesso frontman Akita afferma che la loro musica viene composta alla ricerca di una felicità che colmi i vuoti che percepiscono nella loro routine. Si sentono in un certo senso “esistenzialisti”, come sono stati spesso definiti dalla critica, tuttavia non nel senso accademico del termine, quanto invece, aggiunge Akita, “esistenzialisti nel senso che crediamo che, poiché esistiamo, abbiamo il dovere di scegliere chi siamo.”

Il cantante non nega inoltre la forte influenza che ha esercitato in lui la poesia tradizionale nipponica e la sua recitazione, denominata shigin (詩吟), praticata anche da altri gruppi della loro zona di provenienza, Aomori. “Ci piace come richiami direttamente i sentimenti di ciascuno, e la sua compatibilità con la musica rock” continua il leader del duo, rifacendosi anche a figure di spicco della musica folk del Sol Levante, come Terayama Shūji.

Tra le altre peculiarità del gruppo, vi sono la predilezione per la resa grafica e visuale dei concerti e delle clip musicali e un certo legame con il mondo degli anime e dei videogiochi, per cui hanno curato diversi pezzi (p.es. Tokyo Ghoul, My Hero Academia, Dororo ed altri). In particolare, di grande impatto per il tema trattato, il primo anno di pandemia, e la location scelta per la performance, il cimitero Makomanai Takino con il grande Buddha di pietra nelle vicinanze di Sapporo, è stata la performance che ha accompagnato l’uscita del singolo Reiwa Ninen, Uten Kekkō, che potete sentire qui: https://www.youtube.com/watch?v=JPHPA9IZMbM

Buon ascolto e al prossimo appuntamento con le recensioni di Takamori!
— Recensione di Antongiorgio Tognoli

Fonti:
https://www.bandwagon.asia/articles/amazarashi-hiromu-akita-interview
https://electricbloomwebzine.com/2022/03/amazarashi-unveils-release-date-for-their-first-album-in-over-2-years.html
https://livejapanmusic.com/en/amazarashi-boycott-interview/
https://www.popcultureonline.net/interview-with-amazarashi/
https://www.ongakutoyou.com/blog/tag/amazarashi
https://jrocknews.com/2020/12/report-amazarashi-livestream.html
https://en.wikipedia.org/wiki/Amazarashi
https://www.amazarashi.com/

Il primo caffè della giornata – Toshikazu Kawaguchi

Autore: Kawaguchi Toshizaku

Titolo originale: 思い出が消えないうちに (lett. Prima che i ricordi scompaiano)

Editore: Garzanti

Collana: Narratori moderni

Traduzione: Claudia Marseguerra

Edizione: 2022

Pagine: 180

Dopo il successo di Finché il caffè è caldo e del successivo Basta un caffè per essere felici, Kawaguchi Toshikazu torna con una terza opera dedicata alla sua caratteristica caffetteria. Al centro delle vicende de Il primo caffè della giornata vi è infatti un locale tutto particolare, in cui si serve una bevanda altrettanto speciale in grado di rievocare le emozioni dal passato dimenticate o mai affrontate: si tratta del caffè delle seconde opportunità. Un tuffo nel passato quello permesso dall’aroma del caffè, che inizia nel momento in cui viene versato e dura finché esso non si raffredda, a patto però che vengano rispettare alcune regole. Per poter usufruire dei suoi effetti è infatti necessario che il caffè venga gustato con calma, seduti a uno specifico tavolino. Soprattutto, ai clienti viene ricordato che, qualunque sia il ricordo vissuto o l’esperienza rinnovata, non vi sarà alcuna possibilità di modificare il presente. A queste condizioni, chi decide di immolarsi nei propri ricordi e rievocare esperienze o emozioni spesso dolorose sono solo i più coraggiosi, coloro quali il passato è ancora in sospeso e il presente in stallo. Ed è proprio a loro che il romanzo è dedicato, suddiviso in quattro racconti tra loro legati e rispettivamente intitolati: “La figlia”, “Il comico, “La sorella minore” e “L’uomo che non sapeva dire «ti amo»”.

Senza mai perdere il proprio aroma speciale, e con uno stile delicato dai toni gentili che ben concilia temi quali il passato, la nostalgia, i rimorsi e le occasioni perse, Kawaguchi invita nuovamente il lettore a immergersi nel magico rituale di un caffè.

Il primo caffè della giornata è la raccolta di quattro racconti toccanti, caratterizzati da un forte timbro emotivo, in grado di coinvolgere ogni potenziale lettore catapultandolo nelle proprie personalissime memorie. Ognuno dei protagonisti ha una ragione diversa per voler affrontare il passato, ma nel tempo di un caffè, ciò che davvero verrà offerta loro è la possibilità di comprendere sé stessi, accettare i propri errori e imparare dalle proprie esperienze, perdonandosi e andando avanti senza rimpianti.

Soprattutto, il romanzo è l’ennesima dedica che, sapientemente scritta, lo scrittore fa alla vita, alle emozioni e avvenimenti che essa comporta, ai piccoli piaceri del tempo presente e alle possibilità di quelli futuri.

— Recensione di Claudia Ciccacci.