5 Giugno 2022 | Film e Serie TV

Titolo originale: その男、凶暴につき
Regista: Kitano Takeshi
Uscita al cinema: 12 Agosto 1989
Durata: 103 Minuti
Attori principali: Kitano Takeshi, Kishibe Ittoku, Sei Hiraizumi
RECENSIONE:
Violent Cop è un film del 1989 che segna il debutto di Kitano Takeshi come regista e interprete di un ruolo drammatico.
Azuma, impersonato dallo stesso Kitano, è un poliziotto della Squadra Omicidi, indisciplinato con i suoi superiori e rude con le reclute, che affronta la dilagante corruzione in città con metodi sicuramente poco ortodossi, non esita infatti a ricorrere alla violenza per risolvere questioni sia nella vita lavorativa che fuori.
Impegnato anche con una moglie malata, l’unica persona per il quale Azuma mostra un profondo affetto quasi possessivo è la sorella minore Akari, affetta da disturbi mentali. Durante le indagini di alcuni omicidi legati a un gruppo di narcotrafficanti, Azuma scopre che uno dei suoi superiori, Iwaki, è coinvolto nello spaccio di droga. Questa terribile scoperta insieme ad una serie di tragici episodi, tra cui il rapimento della sorella Akari da parte di un gruppo di spacciatori, portano Azuma a non riuscire a tenere più a freno la propria rabbia, che si trasforma in una follia omicida.

L’uscita di Violent cop suscitò grande sorpresa nel pubblico, per la prima volta si vedeva Kitano abbandonare il suo canonico ruolo di cabarettista e comico televisivo per impersonare il brutale detective Azuma. Ciò che stupì maggiormente fu proprio come riuscì a combinare elementi così distanti da tutto ciò che aveva rappresentato nella sua carriera finora, in un film tremendamente cinico e non certo privo di dettagli cruenti. Al centro della pellicola vi è il tema della Yakuza, molto caro al cineasta, misto ad alcuni tratti tipici del poliziesco.
Lo stile è caratterizzato da molte immagini statiche che si alternano a improvvise esplosioni di violenza. In tutto ciò viene inserita la figura di Azuma, inizialmente taciturna e noncurante di qualsiasi etica lavorativa, ma che con il succedersi degli eventi diventerà il motore principale di atti brutali. Si presenta come posseduto da una rabbia interiore auto-distruttiva che si nutre sia dei suoi gravi problemi familiari che della totale anarchia in campo professionale dove è mal visto da colleghi e superiori.
Una delle cause principali di tali comportamenti è anche sicuramente l’ambiente stesso, nichilista, dove regnano corruzione e immoralità, nel quale perciò non è possibile difendere la legge senza continue violazioni della stessa.
— Recensione di Delia Pompili.
13 Ottobre 2021 | Proiezioni

Continuiamo i video dedicati alla nuova rassegna in collaborazione con Asia Institute presentandovi il primo film coreano, Peppermint Candy, un film drammatico del 1999 diretto da Lee Changdong.
Kim Yongho vaga fra i suoi ex compagni di classe durante una rimpatriata e, dopo aver creato scompiglio fra la comitiva, decide di abbandonare il gruppo per raggiungere i vicini binari del treno. Al grido ‘voglio tornare indietro’ si scontra con la locomotiva in corsa, dando così inizio a una serie di flashback che ci raccontano, a ritroso, la dura vita del protagonista.
Gli eventi della vita di Yongho che ci vengono presentati nei vari capitoli del film, rappresentano alcuni dei principali avvenimenti nella storia della Corea di fine ‘900. La dura stretta del governo militare degli anni ’80 è espressa dalla perdita di innocenza del protagonista che lo porterà a diventare un cinico poliziotto. Allo stesso modo, il licenziamento dal suo incarico rispecchia la crisi finanziaria asiatica della fine del ventesimo secolo. Anche le proteste studentesche dell’inizio degli anni ’80 che portarono al massacro di Gwangju, vengono ritratte in uno dei momenti più drammatici della pellicola che segnerà la vita del protagonista.
Fra i tanti premi vinti dalla pellicola ricordiamo quelli al Festival Internazionale del cinema di Bratislava e quelli ricevuti dall’Associazione Coreana di Critici cinematografici.
Anche se si dovrebbe essere coreani per comprenderla a pieno, la pellicola rimane comunque una cronaca potente, esplicita ed estremamente emotiva della recente storia coreana magistralmente presentata dal regista. Potete guardare il nostro video qui.
Vi aspettiamo quindi al cinema il 19 ottobre alle 21 al Cinema Rialto con Peppermint candy. I biglietti sono acquistabili cliccando qui.
Per rimanere aggiornati sulla vendita dei biglietti e sugli altri film della nuova rassegna, seguiteci sui nostri canali.
Vi ricordiamo, inoltre, che il database di tutti i sottotitoli dei nostri film sono a vostra disposizione qualora siate interessati a proiettarli all’interno delle vs manifestazioni. Oppure potete richiederci anche una nuova sottotitolazione! Basta scrivere a info@takamori.it!
1 Settembre 2021 | Film e Serie TV

Yōkame no semi, in inglese Rebirth, è un film drammatico del 2011 diretto da Narushima Izuru e ispirato al romanzo omonimo della scrittrice Kakuta Mitsuyo.
Spinta a rinunciare al proprio bambino a seguito della fine del rapporto extra-matrimoniale con Takehiro, Kiwako decide di rapire la bambina che l’uomo ha avuto con la propria moglie. Così, la donna inizia a crescere da sola la neonata, che ribattezza Kaoru, col desiderio di vivere la maternità che le era stata portata via.
Solo dopo 4 anni Erina viene ritrovata dalle autorità in una sperduta isola del sud del Paese e riportata ai genitori che però non riesce a riconoscere come tali. Con una madre ormai estraniata dal proprio ruolo e un padre sempre più distante, la giovane non è in grado di trovare pace e decide presto di lasciare casa per vivere da sola. È l’incontro con Chigusa, una giornalista freelance curiosa di conoscere il suo passato, che la porterà a rivivere il suo doloroso vissuto e a ritornare nei luoghi della sua infanzia.
Fra i numerosi premi ricordiamo quello per miglior film e regista alla 35esima edizione del Japanese Academy Prize e quello per migliore attrice ai Cinema Junpo Awards.
I continui salti temporali e la profondità dei personaggi permettono alla pellicola di approfondire la psicologia dei personaggi non catalogabili nelle dicotomiche etichette di ‘buono’ o ‘cattivo’. Comprendiamo il dolore di Kiwako nel rapire una bambina non sua e i profondi traumi che accompagneranno Erina per tutta la vita ma che le permetteranno anche di trovare un nuovo entusiasmo per il suo futuro di madre.
Potete guardare il nostro video cliccando qui!
Se volete rimanere continuare a conoscere con noi la cinematografia giapponese vi invitiamo a seguirvi sui nostri canali!
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29 Marzo 2020 | Film e Serie TV

37セカンズ
37 Seconds
(Giappone, 2019)
Regia: HIKARI
Cast: Kayama Mei, Kanno Misuzu, Daitō Shunsuke, Watanabe Makiko
Genere: drammatico
Durata: 115 minuti
37 Seconds è un film di genere drammatico del 2019 diretto dalla regista HIKARI. È stato presentato alla 69ᵃ edizione del Festival Internazionale del Cinema di Berlino dove ha vinto il Premio CICAE (Confederazione Internazionale dei Cinema d’Essai) e il Premio del pubblico nella sezione Panorama. Nel 2020 è reso disponibile dalla piattaforma Netflix sottotitolato in italiano.
Il viaggio di Yuma
Yuma (Kayama Mei) è una mangaka che vive sulla sedia a rotelle a causa di una paralisi cerebrale infantile. La giovane è una scrittrice brillante, con ottime capacità grafiche e un grande immaginario visivo, ma lavora come ghostwriter. A prendersi il merito del suo lavoro è invece Sayaka, ragazza di bella presenza. Intrappolata dalla società e dagli obblighi familiari, sogna un giorno di riuscire a diventare un’autrice di successo e di condurre la sua vita secondo i propri termini. Dopo un colloquio con la redattrice di una rivista di manga erotici, che definisce le sue raffigurazioni di atti sessuali non abbastanza realistiche, viene esortata a tornare quando avrà fatto più esperienza. Ma Yuma è decisa a prendere in mano la sua vita, e tra battute d’arresto e una prima esperienza fallimentare con un gigolò, intraprende un insolito viaggio verso la libertà sessuale e la liberazione personale. Grazie all’aiuto dei suoi nuovi amici Toshiya (Daitō Shunsuke) e Mai (Watanabe Makiko), Yuma raggiunge l’emancipazione tanto desiderata, ma con essa tornerà a galla anche un traumatico segreto di famiglia.
Voci nascoste
I paesi di cultura buddhista sono stati più lenti rispetto all’Occidente a riconoscere i diritti delle persone diversamente abili. Secondo la concezione della reincarnazione, infatti, gli handicap son
o visti come una punizione dovuta a malefatte compiute nelle vite precedenti, e il Giappone non fa eccezione. 37 Seconds si pone proprio l’obiettivo, come dichiara la regista, di dare voce a chi tendenzialmente viene nascosto dalla società e non solo; a parlare anche della sfera sessuale e del desiderio di emancipazione presente in queste persone, come in chiunque altro.
Due mondi
Nella costruzione di questo particolare Bildungsroman, HIKARI spezza il film in due sequenze. Una prima parte caratterizzata da uno stile abbastanza aggressivo, puro pop nipponico, in linea con l’immaginario dei manga proprio della protagonista. Le immagini della città o dei palazzi sono spesso avvicinate a immaginari infantili: gli ambienti sono filtrati dall’occhio della protagonista, con sovrapposizioni di elementi fantascientifici, creando interessanti ibridi di staticità e movimento. Il cambiamento dei toni della seconda parte è evidente: il ritmo della narrazione rallenta e si carica di emozioni intense, non più mitigate dall’ironia delle prime sequenze. La parte del viaggio in Thailandia pone una netta contrapposizione tra i paesaggi metropolitani giapponesi, vivaci e incalzanti come la prima parte del film, e il paesaggio naturale thailandese, che ben si sposa con il tono più contemplativo e meditativo di queste sequenze.
— recensione di Vittoria Foschi
Guarda anche:
19 Gennaio 2020 | Film e Serie TV

長いお別れ
A Long Goodbye
(Giappone, 2019)
Regia: Nakano Ryōta
Cast: Aoi Yū, Takeuchi Yūko, Matsubara Chieko, Yamazaki Tsutomu
Genere: family, drammatico, medical
Durata: 127 minuti
A Long Goodbye (長いお別れ) esce nelle sale giapponesi il 31 maggio 2019 e viene diretto dal noto Nakano Ryōta, regista delle pellicole Capturing Dad e Her Love Boils Bathwater. Il film è tratto dall’omonimo romanzo di Nakajima Kyōko, il quale si aggiudica il prestigioso premio letterario Chūōkōron (中央公論文芸賞) e il premio Iryōshōsetsu (日本医療小説大賞), specializzato in medical fiction.
La trama
La storia raccontata è quella della famiglia Higashi: i coniugi Shōhei e Yōko vivono da soli a Shizuoka, mentre le figlie ormai adulte conducono le proprie vite. In occasione del settantesimo compleanno del capofamiglia, le due sorelle vengono invitate dalla madre a far visita ai genitori, e qui scoprono il reale motivo della chiamata. Infatti, da almeno sei mesi il padre comincia a mostrare i primi segni di demenza, che poi si rivelerà essere un vero e proprio principio di Alzheimer. Da qui la tacita richiesta della madre di starle accanto durante un momento così difficile, e le conseguenti scelte delle due figlie, che andranno a incidere sulla loro vita privata. Se la maggiore, Mari, fatica a essere presente a causa del marito e del figlio Takashi, con i quali vive in America, la giovane Fumi cerca di conciliare il sogno di lavorare nella ristorazione a Tokyo con questo nuovo aspetto della sua vita. La famiglia Higashi riscoprirà giorno dopo giorno un uomo nuovo: non più l’austero preside scolastico, non più il padre severo, non più il marito coraggioso. Al suo posto, troveranno un uomo che tenta di esprimersi diversamente e che, nei suoi frequenti silenzi, riuscirà a comunicare come non aveva mai fatto prima. Attraverso i suoi ricordi più dolci, la famiglia cercherà di costruirne di nuovi, rendendo questo “lungo addio“, l’occasione per riunirsi e fortificare i legami più importanti.
L’Alzheimer attraverso gli occhi di un maestro
Higashi Shōhei, noto preside e insegnante di scuola, comincia ad avvertire i primi segnali dell’Alzheimer all’età di settant’anni. Sebbene inizialmente si manifesti con difficoltà di orientamento e leggeri vuoti di memoria, l’uomo vedrà presto scomparire anche le identità delle persone a lui più care. Eppure, nonostante non riconosca quasi più i membri della sua famiglia, il suo amore per la cultura sembra accompagnarlo fino ai suoi ultimi istanti. Per tutta la durata del film lo vediamo leggere vari volumi – un libro fra tutti, Kokoro di Natsume Sōseki – e fare esercizi di scrittura di kanji molto complessi. Da questa sua caratteristica, il nipote Takashi comincerà a chiamarlo “kanji master”, provando una grandissima ammirazione nei confronti del nonno.
Shōhei ci fa quindi capire che la passione può talvolta superare la malattia, facendo sì che la demenza non impedisca di compiere azioni come leggere, scrivere, suonare uno strumento. Allo stesso modo, l’uomo non dimentica l’amore che prova verso la moglie e le figlie, e ne diventa “maestro”. Per la prima volta riesce ad aiutarle nel momento del bisogno e prova emozioni nuove, quali gratitudine, orgoglio e commozione.

Super-aging: l’invecchiamento nella società giapponese
Dal 2006 il Giappone è al primo posto fra le super-aging societies, ovvero gli stati in cui la popolazione “anziana” è molto alta rispetto a quella dei giovani. In particolare, in una decina di anni il Giappone ha portato la popolazione sopra i 65 anni a oltre un quarto di quella totale, con la previsione che entro il 2050 possa raggiungere un terzo – ricordiamo che l’Italia è in seconda posizione con più di un quinto. In una situazione del genere, l’invecchiamento della popolazione è diventato un argomento molto discusso in Giappone, rendendo molto più frequenti anche gli accenni alle varie forme di demenza che ne conseguono.
Tuttavia, se è vero che per il 2025 la demenza colpirà un anziano su cinque, il Ministero della Salute, del Lavoro e del Welfare sta mettendo in atto piani specializzati per la normalizzazione della malattia. L’obiettivo è infatti quello di creare delle comunità in cui le persone possano vivere insieme e non sentirsi escluse dalla società. Qui possono essere seguite anche nello sviluppo della demenza, cercando di utilizzare esercizi e attività che aiutino i pazienti al recupero della memoria. Dato per certo che attualmente non ci sia una vera e propria cura per questa malattia, è rilevante l’impatto che un trattamento del genere possa avere su un anziano con demenza. L’amore familiare, il continuo allenamento della memoria e un ambiente del tutto inclusivo, possono ridare dignità a chi pensava di averla perduta per sempre.

Nonostante il romanzo trattasse di un padre con l’Alzheimer, mi ha fatto ridere e dato conforto.
Il film che volevo realizzare doveva essere esattamente così.
Nakano Ryōta
A Long Goodbye è un film dolce e malinconico, e ci mette di fronte alla paura di perdere una persona cara. Attraverso le piccole azioni quotidiane della famiglia Higashi, partiremo per un viaggio alla riscoperta dei ricordi più profondi, delle parole mai dette e delle emozioni più intime. Aggrappatevi alla giostra!
ー recensione di Laura Arca
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