Radio Imagination || Associazione Takamori

Autore: Seikō Itō
Traduzione: Gianluca Coci
Editore: Neri Pozza
Edizione: 2015

Akutagawa Fuyusuke è rimasto impigliato per cause misteriose su una cryptomeria a testa in giù (in seguito si scoprirà esser stato travolto dallo tsunami che nel 2011 ha colpito l’intera regione di Tōhoku). In bilico tra la vita e la morte decide di creare nella sua mente un proprio programma radiofonico in grado di arrivare alle persone attraverso il potere dell’immaginazione. Lui si fa chiamare “Dj Ark” e il suo programma, appunto, “Radio Imagination”. Ben scandito da un’accurata selezione musicale, il nostro protagonista racconta a ruota libera i trentott’anni della sua vita: dal suo lavoro come manager di una piccola casa discografica al suo rapporto con la famiglia, in particolare con il figlio Sosuke e la moglie Misato.

Alcuni capitoli sono dedicati a un personaggio chiamato “S”: un giovane scrittore partito da Tokyo in direzione di Fukushima assieme a un gruppo di volontari per aiutare le vittime del disastro. S, l’unico della compagnia in grado di sentire la voce di Dj Ark, intreccerà sul finale le sue vicende con quelle di quest’ultimo.

“La tua trasmissione mi ha ridato speranza, sembra essere fatta per tutti noi che siamo sul punto di frantumarci. Sei una piccola voce che ci parla di persona, un sussurro venuto in nostro soccorso”

Il romanzo colpisce fin da subito per la sua singolare struttura, presa a piene mani dal mondo della radio: il lettore, infatti, è immerso nel lungo flusso di coscienza di Dj Ark, caratterizzato da continui flashback e repentini cambi di discorso. Non a caso Seiko Itō, oltre alla carriera da scrittore e professore, è un affermato MC e questo imprinting emerge nella sua scrittura incalzante e piacevolmente caotica, come un freestyle.

Altro aspetto molto curioso è la possibilità di mettersi in contatto direttamente con Dj Ark: attraverso una sorta di e-mail telepatiche gli ascoltatori commentano e condividono le loro esperienze. Fuyusuke è riuscito così non solo a dar sfogo alla sua amabile logorrea, bensì a proporre uno spazio di condivisione, che va oltre la semplice community, di cui anche noi lettori ci sentiamo parte.

“Non dipende tutto dai vivi. Se i morti non esistessero, la memoria e i ricordi dei vivi non avrebbero senso compiuto”.

Il tema attorno al quale ruota tutta la narrazione è la morte, più specificatamente il rapporto con i defunti: secondo Itō le persone morte in circostanze tragiche rimangono ancora in questo mondo sottoforma di spiriti, come se non riuscissero lasciare serenamente tutto alle spalle. All’interno della sua opera l’autore critica la società nipponica, intenta ad andare avanti sotto la bandiera di un falso ottimismo e incapace allo stesso tempo di fare i conti con le proprie vittime. È necessario, pertanto, che i vivi e i morti collaborino per costruire assieme un futuro migliore.

Nonostante l’atmosfera onirica e a tratti ironica, “Radio Imagination” riesce a raccontare una tragedia, che ha toccato profondamente il Giappone, in modo moderno e a prendere di petto il tema complicato della morte.

Recensione di Martino Ronchi

Fetch || Recensione

Artista: Melt-banana
Anno: 2013
Formazione: Yasuko Onuki (voce), Ichiro Agata (chitarra, effetti)


Fetch è il settimo album che sancisce il ritorno alle scene dei Melt-banana: una delle band cardine della scena Japanoise a cavallo tra il millennio che, già dai primi anni, ha catturato l’attenzione degli appassionati occidentali. Il gruppo ricompare dopo sei anni dall’uscita di “Bambi’s Dilemma”, che costituisce una sorta di partentesi catchy della loro discografia. I motivi per questa lunga pausa sono principalmente due: alcuni tour all’estero, come quello negli Stati Uniti con i Tool, i Melvins e Lou Reed; ma soprattutto il disastro della centrale nucleare di Fukushima. Sebbene l’evento non abbia avuto delle ripercussioni evidenti sulla vita dei musicisti, la cantante Onuki ha affermato che quell’evento ha provocato un blocco creativo nella scrittura delle canzoni e di conseguenza ha ritardato la lavorazione in studio. Per quest’occasione il duo di Tokyo effettua un ritorno alle origini, agli stessi Melt-banana che negli anni ‘90 si sono fatti conoscere nel panorama underground internazionale.
Il disco, pubblicato dall’A-ZAP Records, è composto da dodici tracce che variano da una durata di un minuto e mezzo a quasi cinque minuti, sperimentando in questo modo sulla forma canzone.
Il primo brano, che è anche il più streamato sulle piattaforme, è “Candy gun”: si apre con un lungo intro della chitarra di Agata, che simula il rumore delle onde del mare, in puro stile noise e shoegaze, per poi essere infranto dal cavalcante groove di basso.
Altri brani degni di nota sono “My missing link”, la sesta traccia, che spicca per le atmosfere dark e inquiete (“Where to find that peaceful factor?”) e “Zero”, una ballata dance dalle venature post- punk con cui si conclude il disco.
Ci viene presentato un noise-core caotico e frenetico, che riprende il filo del discorso lasciato in sospeso con “Cell-scape” (2003); ma questa volta il sound complessivo è più pensato ed elaborato, con una produzione che si dimostra di alto livello rispetto ai precedenti dischi.
Agata sperimenta ulteriormente con l’effettistica della sua chitarra: in molte tracce sovrappone tre riff apparentemente inconciliabili costruendo un disorientante muro sonoro che avvolge la canzone, in linea con l’industrial-rock degli anni ‘80.
Batteria e basso, programmati al computer dallo stesso Agata, creano improvvisi cambi di dinamica: il flow si spezza e ricomincia ripetutamente dando un senso di allegra instabilità e, talvolta, di apnea. Se la batteria è una raffica di spari che alterna rullate a frenate brusche, il basso è forse lo strumento che più si preoccupa di riallacciarsi all’hardcore-punk classico dei Fugazi e dei Black Flag, e allo stoner-rock dei Fu Manchu.
La voce di Onuki contribuisce a dare un’anima selvaggia a tutto il disco con il suo timbro squillante e alieno.

Per quanto può essere assurda la musica che il duo propone, l’ascoltatore viene inevitabilmente catturato e coinvolto nel loro turbine nevrotico e gioioso.
In sostanza i Melt-Banana si rinnovano, si evolvono per rimanere sempre coerenti con sé stessi, riconfermando così il posto che gli spetta nella scena j-rock.

Recensione di Martino Ronchi

Your Lovely Smile || Far East Film Festival 25

Regia: Lim Kah Wai
Durata: 103 min
Anno di uscita: 2022
Attori principali: Watanabe Hirobumi, Shōgen, HirayamaHikaru
Genere: Dramma, Comedy

Come partecipante alla competizione è stato proiettato al Far East Film Festival 25 il film Anata no Hohoemi o Your lovely smile e alla presentazione hanno presenziato il regista Lim Kah Wai, l’attore principale Watanabe Hirobumi, il fratello Watanabe Yūji (che però non compare nel film) e l’attore giapponese Shogen.

Lim Kah Wai è un regista cinematografico malese che ha iniziato la sua carriera negli anni ’90. Le sue opere sono spesso caratterizzate da un’attenzione particolare alla forma e al ritmo, con una forte attenzione ai dettagli visivi. Lim ha anche affrontato temi sociali e politici nei suoi film, spesso mettendo in discussione la società malese contemporanea attraverso le sue opere.
Lim Kah Wai ha anche lavorato come produttore e sceneggiatore in alcuni dei suoi film, dimostrando di essere un artista poliedrico e versatile del cinema. La sua carriera è caratterizzata da una costante ricerca di nuove forme espressive e di un approccio innovativo alla narrazione visiva.
Nel film che oggi vi proponiamo, Anata no Hohoemi, vediamo nel ruolo principale Watanabe Hirobumi, a sua voltaun regista indipendente giapponese che ha realizzato numerosi cortometraggi e documentari. Ha iniziato la sua carriera nel mondo del cinema come assistente regista per diversi film, prima di passare alla realizzazione indipendente.

Watanabe Hirobumi, in questo film interpreta sé stesso, nel ruolo di un regista che, nonostante abbia vinto diversi premi a festival in Giappone, si ritrova ad affrontare ancora una volta la dura realtà del cinema indipendente, che sembra essersi peggiorata ancor di più dopo la pandemia. All’inizio della storia, si trova bloccato nella sua città natale e fa lavori saltuari per guadagnarsi da vivere e passare il tempo, incontrando occasionalmente persone del settore con problemi simili. Alla fine, si presenta l’opportunità di un nuovo film, ma Watanabe si trova ad avere a che fare con una star viziata e delirante (interpretato da Shōgen) che pretende di far recitare la propria ragazza nel ruolo principale e chiedere al regista di scrivere uno script in poco tempo. Le vere difficoltà, però, iniziano quando Watanabe si mette in viaggio per Okinawa e Hokkaido, cercando di convincere vari cinema indipendenti a proiettare i suoi film. Lungo il cammino, incontra una serie di personaggi che gestiscono cinema d’essai in tutto il Giappone.

Alla fine del film, diventa chiaro che si tratta di una dichiarazione d’amore verso i cinema indipendenti e i film che vi vengono mostrati. Ogni cinema che Hirobumi visita ha la propria storia intima e il proprio design unico, differente dal mainstream.

Il regista Lim Kah Wai ha realizzato un’opera unica che esplora lo stato del cinema nella post-pandemia, non tanto come critica agli usi odierni, quanto a ricordarci il valore del cinema tradizionale.
Your Lovely Smile è un film che farà sicuramente ridere coloro che conoscono la situazione dell’industria cinematografica indipendente giapponese, e un titolo che sicuramente attrarràcoloro che apprezzano lo stile registico di Watanabe.
Nella pellicola Watanabe interpreta sé stesso con entusiasmo, e le sue reazioni stoiche insieme alle interazioni con lo stravagante e arrogante attore interpretato da Shōgen sono uno dei principali mezzi di umorismo nel film.

Per concludere, questo è un film che chiunque può guardare e apprezzare semplicemente per la passione e l’amore per il cinema che traspare in ogni singolo fotogramma e che sicuramente farà riflettere sui cambiamenti che l’industria ha visto negli ultimi tempi.

Kazoku || Far East Film Festival 25

Regia: Yamada Yōji
Data d’uscita: 1970

Baishō Chieko continua a regalare momenti di grande eccitazione agli spettatori del Far East Film Festival 25.
Dopo aver ricevuto il Gelso D’Oro alla carriera durante l’introduzione di Plan 75 di Hayakawa Chie, introduce la visione ad uno dei più grandi capolavori della cinematografia giapponese di cui essa stessa fa parte, Kazoku.
Pellicola scelta personalmente dalla Baishō stessa insieme a Tora-San che la lega indissolubilmente al regista Yamada Yōji.

Kazoku (1970) racconta la storia di una famiglia che, a causa della perdita del lavoro nella miniera di carbone da parte del capofamiglia, dal Kyūshū decide di partire verso l’Hokkaidō, attraversando interamente il Giappone, per iniziare una nuova vita come allevatori in una latteria.
ll viaggio è costellato di difficoltà, tra interminabili viaggi in treno ed episodi drammatici dai quali la famiglia ne uscirà terribilmente provata ed esausta.
Le tragedie familiari fanno da cardine nel racconto e vengono utilizzate dal regista proprio come transizione tra un capitolo del racconto ad un altro ed è proprio una volta arrivati alla stazione di Tokyo che l’intera famiglia riflette sulle scelte prese e se il viaggio sia stato davvero così indispensabile.

Il modus operandi nel raccontare la trama è semplice quanto geniale; ogni episodio è scandito dalla stazione nella quale i protagonisti decidono di scendere per effettuare cambi o cercare riposo.
Kazoku non ha l’intenzione di essere un film che critica il Giappone della propria epoca eppure la critica la si ritrova intrinseca dentro il racconto stesso.
Vediamo un Giappone in una spasmodica ascesa economica che lascia indietro le comunità che non fanno parte dei centri di maggior sviluppo; la critica la si ritrova proprio nella realtà e nell’ambiente che viene vissuto dai protagonisti in viaggio.

La pellicola termina con l’arrivo della famiglia a destinazione, con l’annuncio di gravidanza da parte di Baisho e la nascita di un vitello che segna l’inizio di una nuova vita in Hokkaidō.
Kazoku fa sicuramente parte dell’Olimpo d’oro della cinematografia giapponese grazie alla grande capacità di raccontare drammi familiare da parte di Yamada Yōji.

800 Two Lap Runners || Far East Film Festival 25

Regia: Hiroki Ryūichi
Durata: 110 minuti
Attori principali: Matsuoka Shunsuke, Nomura Eugene, Arimura Tsugumi, Kawai Miwako, Shiraishi Reiko
Anno: 1994

Tratto da un romanzo di Kawashima Makoto su due studenti liceali rivali in atletica e in amore, 800 Two-Lap Runners fa parte del filone dei seishun eiga, ovvero i film di formazione che affrontano importanti tematiche adolescenziali, come la crescita e l’amore. In occasione della venticinquesima edizione del Far East Film Festival il regista, Hiroki Ryūichi, ha presentato personalmente il film come produzione cardine della sua carriera.

La pellicola è parte della filmografia del primo Hiroki, il quale si allontana dalle sue produzioni precedenti – prevalentemente di stampo erotico – per produrre il suo primo lungometraggio di genere diverso. Ma l’elemento erotico trova comunque spazio nella sua narrazione; in una delle scene iniziali, infatti, troviamo il primo dei due protagonisti, Nakazawa Ryūji, fare sesso con una sua compagna di scuola nel ripostiglio della palestra. Per questo motivo, Nakazawa viene subito convocato nell’ufficio del preside, il quale, notando la struttura fisica ben definita del giovane, gli propone di unirsi alla squadra di atletica per gareggiare negli 800 metri, come contropartita per evitare la sospensione dall’istituto. Subito dopo viene introdotto il secondo protagonista, Hirose Kenji, già affermato in questa disciplina sportiva grazie ai successi raccolti nelle competizioni interscolastiche. Questi è considerato il successore di Aihara che, morto suicida, è il detentore del record del suo istituto. Aihara, suo idolo e amante, è una delle figure più importanti nella vita di Hirose, segnandone in modo determinante la sua evoluzione.

Nakazawa e Hirose sono diametralmente opposti nell’approccio all’atletica e alla vita: il primo è ribelle e anticonformista, anche per via del suo background familiare, segnato in modo pregnante dalla affiliazione del padre alla yakuza; il secondo è, invece, uno studente diligente e dedicato al suo sport, che con determinazione mira a battere il record di Aihara. 

Durante uno dei suoi allenamenti, Hirose incontra Yamaguchi Kyōko, ex ragazza di Aihara, con la quale comincia una relazione senza, però, riuscire ad andarci a letto, per via dell’orientamento sessuale del primo, che continua a essere condizionato dal ricordo di Aihara. Parallelamente, Nakazawa si invaghisce di Ida Shōko, specialista dei 100 metri a ostacoli, con la quale stringe una bella amicizia, che però non sfocia in una relazione amorosa.

I quattro, insieme alla sorella minore di Hirose, Nao, stringono un forte legame amichevole in un campo estivo di atletica leggera, al quale partecipano studenti di vari licei; la corsa diventa la metafora della crescita dell’essere umano, come transizione dalla forza e libertà della giovinezza alla consapevolezza e maturità dell’età adulta, in un percorso in cui i protagonisti imparano a rapportarsi fra loro a conclusione di un periodo dove corsa, amori e amicizie sono proiettati verso la fine. I protagonisti scoprono se stessi e compiono, in questo processo di transizione, un percorso di maturazione che li porta a una maggiore consapevolezza e all’accettazione della criticità di questa fase della vita umana.

Le scene, ricche di intermezzi musicali che si succedono fra loro, si basano anche su inquadrature che, effettuate da una certa distanza, conferiscono alla pellicola un senso di spazialità in cui Hiroki mira a trasmettere sentimenti e dare significato alla musica piuttosto che alle battute degli attori. Nell’ambito dei seishun eiga del tempo questa scelta rappresenta un elemento di rottura rispetto al passato, in quanto la musica – nonostante sia un elemento quotidiano nelle nostre vite – assume una posizione di rilievo. Un altro punto di distacco dalla produzione precedente è rappresentato dall’approccio alla sfera sessuale, a cui tutti i protagonisti si avvicinano esplicitamente; si emancipano quindi dalla precedente norma, dove introdurre il tema del sesso nella vita degli studenti era considerato un tabù. 

L’inquadratura molto dinamica e fluttuante – la quale caratterizzerà la produzione successiva del regista – regala allo spettatore la sensazione di muoversi spesso insieme agli atleti; è degno di nota anche l’uso del long take, che consente alle inquadrature lunghe diversi minuti in più del normale di rappresentare in modo straordinariamente reale i sentimenti che albergano nel cuore dei giovani. 

Il ruolo della ripresa si rivela fondamentale anche nella scena finale, dove l’inquadratura pian piano esce dal campo sportivo. Il graduale allontanamento della camera rappresenta la fine della vita scolastica dei protagonisti, con l’ingresso in società, comunicando la volontà di Hiroki di rappresentare la corsa come metafora della vita.